2021-07-02
Dopo il vaffa di Grillo il piatto piange: l’avvocato del padel è a caccia di soldi
Rocco Casalino e Giuseppe Conte (Ansa)
Giuseppe Conte ha in mente un soggetto politico «light», nato sottraendo uomini e contributi al M5s. Solo per partire servono 800.000 euro. E le spese minime salirebbero a quota 5 milioni per la prossima campagna elettoraleSi fa presto a dire «mi faccio un partito», specie quando i deputati che ti vuoi portare via sono grillini, abituati alle microdonazioni raccolte sul territorio o tramite la Rete. E quando a livello locale non c'è nulla di organizzato e non si conoscono neppure le persone. Insomma, a meno di legarsi mani e piedi a qualche grosso finanziatore, o di mettersi a fare conferenze per lo sceicco di turno pagate in petrodollari alla Renzi maniera, per l'ex premier Giuseppe Conte non sarà una passeggiata mettere su un partito. Il suo fedele consigliere, Rocco Casalino, gli ha prospettato una forza politica «leggera», basata sull'autofinanziamento del ceto politico da «acquisire» e sulla costituzione di due gruppi autonomi alla Camera e in Senato, trainata mediaticamente dall'attivismo di Conte e di Casalino stesso. Ma al momento mancano un progetto politico chiaro e le risorse per finanziare una struttura anche snella e una campagna elettorale, tenendo presente che un partito che punti al 15%, in base ai costi dichiarati del 2018, non se la può cavare con meno di 800.000 euro. Ma 90 seggi possono costare anche 5 milioni. Perché per entrare nel prossimo Parlamento di soli 600 membri, sarà difficile che un singolo candidato se la cavi con meno di 50.000 euro. Secondo quanto raccontano i fedelissimi di Beppe Grillo, la proposta contenuta nella bozza di statuto bocciata che più ha lasciato sbigottito l'Elevato è quella di un Conte che si sarebbe messo a scegliere uno per uno i delegati territoriali, su base regionale. A parte il fatto che anche l'esperienza di partiti strutturati come il Pd o la vecchia Forza Italia insegna che per un leader nazionale quella dei coordinatori regionali è una rogna infinita, nel caso di Giuseppi la trovata è sembrata surreale. «A momenti, non sa neppure chi sono i nostri sindaci», pare che abbia detto Grillo. La questione però non è sganciata dal tema del nuovo partito contiano. Dal punto di vista politico, non avere truppe sul territorio significa che il nuovo raggruppamento nascerebbe come un'operazione di Palazzo, senza avere un vero radicamento nel Paese, ma solo copertura mediatica. Un po' come Conte vestito da giocatore di padel. Più che un progetto politico, un progetto per l'ego di pochi. Dal punto di vista pratico, proprio per la formazione dei deputati che lascerebbero il Movimento, il mancato radicamento territoriale inciderebbe negativamente sul finanziamento.L'assenza di un progetto politico chiaro e riconoscibile, testimoniato anche da una scelta di rottura come sarebbe quella di uscire dalla maggioranza di governo e far cadere Mario Draghi, o quantomeno di fargli un'onesta e trasparente opposizione, renderebbe poi difficile trovare finanziatori di livello. Al contrario, la strada che Conte e Casalino stanno imboccando è quella di entrare in politica a spese degli altri. In sostanza, costituire due gruppi parlamentari autonomi spaccando il M5s, incamerare così parte del finanziamento pubblico e dell'autofinanziamento dei deputati, e blindare la legislatura fino al 2023, nella speranza di trovare i soldi «veri» di qui alla scadenza naturale della legislatura. I numeri nella cartellina dell'ex premier sono già più che una mera ipotesi di scuola. Per Palazzo Madama servono dieci senatori e per Montecitorio 20 deputati. Ma al Senato non c'è un simbolo da usare e quindi o si ottiene una deroga o si va nel Misto. Secondo il Fatto Quotidiano, molto informato sul progetto Conte-Casalino, con il sedicente avvocato del popolo sarebbero pronti a passare l'80% dei senatori e il 50% dei deputati M5s. Solo dai nuovi seguaci di Palazzo Madama, Conte metterebbe le mani su circa 5 milioni di euro l'anno. Soldi che basterebbero per mantenere una sede nazionale, un po' di personale e i servizi generali del partito. Nel 2019 il Pd (93 deputati e 38 senatori) ha avuto un bilancio da 11,2 milioni, con 3,7 milioni spesi per servizi e 2,5 per stipendi. Ma a un certo punto si dovrà andare a votare e Conte e Casalino dovranno prendersi i voti da zero. Soldi, ne serviranno ancora di più. I calcoli che seguono nascono dai sondaggi che hanno in mano i due, che danno la nuova formazione al 15%. Ma va detto che Antonio Noto, per Il Giorno, ieri ha scodellato una rilevazione che dà i contiani al 16-18%, Grillo al 12% e il Pd al 15%. Insomma, Conte ruberebbe molti voti al Movimento e ai dem. Onori e oneri, però. Perché se vuole confermare i sondaggi, ovvero far eleggere 90 deputati sui 600 del prossimo Parlamento, a occhio bisogna essere pronti a sobbarcarsi una quota proporzionale delle spese complessive di una campagna elettorale che la scorsa volta sono state pari a 3,8 milioni. Quella somma, però, è solo quella ufficiale e dichiarata. In realtà, ci sono i valori di «mercato», in base ai quali, nel 2018, un seggio è costato mediamente tra 40.000 e 60.000 euro. E di questi, almeno 30.000 euro sono stati messi in autofinanziamento dal candidato di turno. Alle prossime elezioni, con 600 seggi al posto di 900, è quindi difficile che un partito che aspira al 15% possa cavarsela con meno di 5 milioni di euro. Sarà per questo che Conte va dicendo in giro di avere grossi finanziatori pronti ad aiutarlo. Tutto sta a trovare il primo.
Bologna, i resti dell'Audi rubata sulla quale due ragazzi albanesi stavano fuggendo dalla Polizia (Ansa)
La Global Sumud Flotilla. Nel riquadro, la giornalista Francesca Del Vecchio (Ansa)
Vladimir Putin e Donald Trump (Ansa)