
Parigi mira a Piazza Affari per tamponare i suoi buchi finanziari. Contromisure? Occhio agli infiltrati e gioco di sponda con Berlino.Parigi sta prendendo il controllo dell'Italia perché Roma non la sta difendendo. In parte per assenza di capacità. In parte per collaborazionismo da parte di soggetti reclutati dall'ufficio di influenza francese, tanti nell'attuale governo e suoi dintorni. Il lato collaborazionista del problema potrà essere risolto o minimizzato da un nuovo governo di centrodestra con forte progetto nazionale, euroatlantico e di una Unione europea più bilanciata al suo interno, se riuscirà ad accelerare e vincere le elezioni. Ma il lato della capacità appare di più difficile soluzione. L'Italia non ha uno Stato verticale, cioè un presidente della Repubblica eletto direttamente. Conseguentemente non ha un ufficio strategico con la forza politica per coordinare le risorse sia pubbliche sia private a tutela dell'interesse nazionale. Parigi, invece, lo ha e vuole il dominio dell'economia e della politica italiane sia per bilanciare il potere della Germania sia per ridurne l'atlantismo a favore di una sovranità europea francocentrica e post Nato come terza forza globale. Potremo difenderci? Quando l'allora ministro della Difesa Antonio Martino, nel 2001, mi ingaggiò in qualità di suggeritore di strategie per contrastare una penetrazione francese con metodi di guerra economica nell'industria militare italiana e dintorni, fu possibile resistere perché l'America ed il Regno Unito, in particolare nel 2003, avevano bisogno dell'Italia per la missione in Iraq, a cui si opponevano Francia e Germania, e diedero una mano che - insieme ad un buon coordinamento dell'azione italiana - permise di mostrare forza ai francesi. Si arrivò a compromessi ragionevoli per evitare conflitti improduttivi. Inoltre, alla Francia mancava potenza sufficiente per sfondare. Ora la protezione statunitense dell'Italia è meno incisiva e la Francia ha capacità strategiche potenziate dal fatto che l'elezione di Emmanuel Macron è stata spinta da una banca d'investimento e che conseguentemente questi è in grado di muovere in modo coordinato risorse sia pubbliche sia private, concentrandole per fini strategici.Per esempio, l'operazione recente nel settore auto mostra una rimarchevole lucidità strategica e finanziaria: integrare Renault con i giapponesi e i cinesi per costruire sia un campione mondiale sia il leader nell'elettrico e allo stesso tempo far acquisire a Peugeot Fiat-Chrysler per darle accesso al mercato statunitense e rinforzarla in Europa. Se riuscirà, alla fine la Francia sarà il centro mondiale del settore e i lavoratori in questo aumenteranno, tutelando la ricchezza residente transalpina. Chapeau. Una geopolitica industriale del genere l'Italia se la sogna, così come è un'illusione la rassicurazione che il ramo Fiat possa tenere in Italia produzioni rilevanti. Cattivi i francesi? Non possiamo accusare quel governo di fare il proprio interesse nazionale. La colpa è dell'Italia che invece di contrastare la deindustrializzazione la favorisce da decenni con malgoverno diffuso e incompetenza strategica. Conviene arrendersi, allora?No. Ci sono due inaccettabili rischi esistenziali per l'Italia: la perdita di ricchezza residente succhiata da entità francesi, come tanti esempi mostrano, e la ricollocazione geopolitica dell'Italia in divergenza con gli Stati Uniti. Abbiamo qualche chance di resistere? Ci sono se l'Italia mantiene l'asse anglo-americano per l'industria militare e tecnologica. Al momento Parigi segue una strategia di esclusione dell'Italia dai programmi europei militari e spaziali per indebolirla allo scopo di poi costringere il governo ad accettare fusioni con aziende francesi. Bisogna vigilare sul ministro dell'Economia Roberto Gualtieri, considerando che l'ipotesi di un cambio di maggioranza sta accelerando questo piano. Borsa italiana, il principale oggetto di conquista francese insieme a Generali e Unicredit, deve restare tale. Nel caso è necessaria una mobilitazione del capitale privato. Poi bisognerebbe ridurre la pressione francese contando sul fatto che prima o poi la Germania certamente contrasterà l'ambizione di Parigi - ci sono già segnali - e l'Italia sarà più rilevante nel gioco, per altro motivo della fretta francese di condizionarla. Un modo realistico è concedere alla Francia qualcosa senza perderci troppo. Una convergenza di presidio militare del Mediterraneo e dintorni potrebbe essere esplorata perché l'ebollizione dell'area genera nuovi problemi e interessi comuni che superano le frizioni passate ed attuali.In conclusione, raccomando un mix di contrasto e cooperazione perché siamo troppo deboli per tentare solo il primo nonché una vigilanza rafforzata del centrodestra e dei media indipendenti sui molti che in questo governo lavorano per l'ennesimo eccesso di ambizione aggressiva della Francia. In codice: poiché Macron persegue un progetto geo-finanziario di salvataggio del disastrato sistema bancario francese - vero motivo della sua elezione «iperfinanziata» - attraverso predazioni esterne, è mai possibile che la finanza italiana, preda, non reagisca?
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
iStock
A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





