2025-05-15
Trump in Medioriente manda messaggi a Bibi
Donald Trump a Doha, ricevuto dall’emiro Tamim bin Hamad Al Thani (Ansa)
Donald Trump incontra a Riad il leader siriano Ahmed al-Sharaa e pensa ad abrogare le sanzioni a Damasco, contro il parere di Benjamin Netanyahu. Poi va in Qatar per fare affari con Tamim bin Hamad Al Thani, uomo chiave per il conflitto fra Israele e Hamas. Cremlino spettatore interessato.È una strategia ad alto rischio quella che Donald Trump sta portando avanti in Medioriente. Le incognite sono tante. E anche i pericoli non mancano. Ma non si può negare che abbia una sua logica: una logica che - chissà - potrebbe forse, alla fine, anche funzionare. Ieri mattina, l’inquilino della Casa Bianca ha avuto un faccia a faccia a Riad con l’omologo siriano, Ahmed al-Sharaa (Al Jolani): erano 25 anni che i presidenti di Stati Uniti e Siria non tenevano un incontro. Secondo Al Jazeera, al meeting, che il leader americano ha definito «fantastico», hanno preso parte anche il principe ereditario saudita, Mohammad bin Salman e, da remoto, il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan. Un aspetto ancor più significativo risiede nel fatto che l’incontro ha avuto luogo dopo che, martedì, Trump aveva annunciato l’intenzione di abrogare le sanzioni a Damasco: una revoca di cui oggi discuteranno in concreto americani e siriani in Turchia e che, ieri, il ministro degli Esteri saudita, Faisal bin Farhan Al Saud, ha accolto con favore, definendola «coraggiosa».Sempre nella mattinata di ieri, Trump, a Riad, ha preso la parola al summit del Consiglio di cooperazione del Golfo. Nell’occasione, ha sì ringraziato i leader arabi per il loro «ruolo costruttivo» nel tentativo di porre fine alla crisi di Gaza, ma ha anche criticato la leadership della Striscia, accusandola di effettuare attacchi contro «persone innocenti». Al termine del vertice, l’inquilino della Casa Bianca ha lasciato la capitale saudita per recarsi a Doha, dove, nel pomeriggio, ha avuto un caloroso incontro con l’emiro del Qatar, Tamim bin Hamad Al Thani: era dal 2003 che un presidente americano non si recava in visita nel Paese.«Presidente Trump, la conosco da molti anni. So che è un uomo di pace», ha detto Al Thani a Trump, che ha replicato: «Voglio ringraziarla per tutto e in particolare per la nostra amicizia». Oltre a discutere di Ucraina e Iran, i due leader hanno sottoscritto un’intesa finalizzata, secondo la Casa Bianca, a «generare uno scambio economico del valore di almeno 1,2 trilioni di dollari». Nel dettaglio, sono stati firmati vari accordi, tra cui uno volto a rafforzare la cooperazione in materia di difesa e un altro sulla cui base Qatar Airways comprerà 160 aerei da Boeing per un valore di 200 miliardi di dollari. Ora, è chiaro che le mosse del presidente americano puntano a un obiettivo ambizioso: arrivare a quella che lui stesso, l’altro ieri, ha definito una «nuova età dell’oro del Medio Oriente». Nel discorso di martedì a Riad, Trump ha elogiato la nuova leadership regionale, sostenendo di voler impostare i suoi rapporti con l’area sulla base della Realpolitik e del reciproco interesse commerciale: è in tal senso che ha criticato i neoconservatori e le loro idee di nation building. È allora giusto domandarsi se la strategia di Trump può avere successo, specialmente alla luce degli scogli che dovrà affrontare.Emerge innanzitutto il tema del rapporto con Israele, visto che, il mese scorso, Benjamin Netanyahu aveva chiesto all’inquilino della Casa Bianca di non revocare le sanzioni a Damasco. Non solo. Il premier israeliano guarda anche con preoccupazione alle trattative che l’amministrazione Trump sta conducendo da alcune settimane con l’Iran sul nucleare. Dall’altra parte, martedì il presidente americano ha auspicato che l’Arabia Saudita entri negli Accordi di Abramo, per poi condannare l’eccidio del 7 ottobre 2023. Inoltre, ieri, Trump ha detto che i suoi rapporti saldi con i Paesi del Golfo «sono un bene per Israele». Anche la mano tesa del presidente americano all’Iran non è incondizionata. Martedì, Trump ha infatti minacciato gli ayatollah di azzerare il loro export di petrolio, nel caso dovessero rifiutare un accordo.Un secondo nodo a cui Trump deve prestare attenzione è quello della Fratellanza musulmana, che, oltre a essere storicamente spalleggiata da Turchia e Qatar, vanta collegamenti con al-Sharaa, il quale ha a sua volta un passato jihadista. Ebbene, non solo Israele, ma anche il Partito repubblicano americano non vede di buon occhio un gruppo oggettivamente controverso, come quello dei Fratelli musulmani. È tuttavia altresì vero che Riad, non certo una loro alleata, si è recentemente riavvicinata alla Turchia, mediando anche l’incontro tra Trump e il nuovo leader siriano. Ora, non dobbiamo trascurare che l’ascesa al potere di al-Sharaa, oltre a essere stata appoggiata da Ankara, ha inferto un duro colpo all’influenza russa in Siria. Avvicinandosi a Erdogan e revocando le sanzioni al nuovo regime di Damasco, il presidente americano punta a mettere sotto pressione il Cremlino: quel Cremlino di cui Trump non ha apprezzato finora la condotta nel processo diplomatico sulla crisi ucraina. Non a caso, proprio ieri, l’inquilino della Casa Bianca si è rifiutato di escludere l’imposizione di «sanzioni secondarie» a Mosca.Insomma, è chiaro che, per Trump, la questione mediorientale è un complicato gioco a incastro, in cui ciascun attore, per ottenere qualcosa, deve rinunciare a qualcos’altro. È in questa logica, non poco rischiosa, che il presidente americano sta cercando di controbilanciare i vari interessi in campo, appoggiandosi principalmente a bin Salman. Un quadro complessivo, in cui, come abbiamo visto, si inseriscono anche le ramificazioni mediorientali della crisi ucraina. E intanto, sullo sfondo, si staglia la competizione di Washington con Pechino. Riuscirà Trump a vincere la sua scommessa?
Alessandra Maiorino durante l' intervento in Aula del 22 ottobre (Ansa)
Donald Trump e Vladimir Putin (Getty Images)