2023-09-03
«Con i miei abiti do sicurezza alle star sul tappeto rosso»
Ermanno Scervino (Getty Images)
Lo stilista Ermanno Scervino: «Una gioia vedere quei capi sul red carpet di Venezia Vestire donne forti è una sfida, ma si scopre pure la loro fragilità».Ava Gardner, smesso un vestito delle Sorelle Fontana, sarebbe entrata in uno di Ermanno Scervino. L’avrebbero colpita la sensualità del pizzo, il fascino e la femminilità della silhouette, l’eleganza e la raffinatezza di capi che non si fanno dimenticare come l’avvenenza statuaria della diva di Hollywood. D’altronde, il famoso stilista fiorentino, avvezzo alle star, ha dedicato alla Gardner l’ultima collezione, quella invernale. E prima di lei ha reso omaggio a Sophia Loren e Marlene Dietrich. Da Nicole Kidman a Matilde Gioli, a Rocio Morales, Claudia Gerini, fino alle top Alessandra Ambrosio, Elisa Sednaui, Hailey Bieber e altre, le ha vestite tutte. Ora è la volta di Venezia, a conferma di quanto Scervino sia un couturier da red carpet, ruolo che gli spetta di diritto «È un bel momento ogni volta che si parla di festival, questa volta giunto alla 80esima edizione». Bianca Balti (abito lungo azzurro, drappeggiato, con bustier e profondo spacco) Sveva Alviti (in rosa con maxi fiore) hanno indossato i suoi capi sull’ambitissima passerella della serata inaugurale. Cosa significa vestire una star? «È sempre una prova. Vestire persone con un carattere forte, l’idea di scoprire la loro fragilità. Nessuna è pronta a un red carpet dove un minimo di errore diventa macro. Devono essere perfette sotto quei riflettori». Ogni abito è destinato a quella precisa attrice? «Certo, il vestito va studiato, adeguato per chi lo dovrà indossare. Significa valorizzare il lato forte, lavorare sulla bellezza, sulla personalità».Quale attrice l’ha colpita maggiormente? «Cher, con la quale ho fatto un film. Durante le riprese di Un tè con Mussolini diretto da Franco Zeffirelli, l’abbiamo avuta ospite per un mese intero insieme al regista. Notte per notte preparavamo le scene e gli abiti, tutti avevano compiti ben precisi. È rimasta una mia amica, una vera star». Altre? «Jennifer Lopez che ho vestito per uno show. Non so se posso raccontarlo ma una settimana fa, mentre era a Capri è entrata nel mio negozio e ha acquistato tutto ciò che le stava bene, quasi vuotando la boutique». Tutti ricordi piacevoli con le dive? Nessun ricordo negativo? «Meglio non dire. Ma quando sei sotto pressione sei irascibile, nervoso. È l’emozione di una star e la capisco. Lavoro per fare le donne belle. Ciò non c’entra con l’età. Quando una donna si sente bella e non vittima dell’abito è più contenta. Cerco di fare le donne moderne, importanti, sempre meglio nel ruolo che rappresentano qualsiasi mestiere facciano».Bisogna ammettere che ci sono stilisti che mortificano la fisicità e la bellezza di una donna. Secondo lei perché scelgono di imboccare certe strade? «Credo che non conoscano bene il loro lavoro. Già in partenza si deve sapere che non si crea per dipingere un quadro che finirà su una parete ma per un essere vivente. Vittimizzare una donna con un abito è il più grosso errore che si possa fare. L’eccesso di eccentricità dovuta all’insicurezza dello stilista potrebbe essere il motivo di certe scelte». Oggi c’è molta libertà nel vestire. «Senza dubbio, ed è giusto. Non è obbligatorio mettersi una grisaglia per un consiglio di amministrazione, si può esprimere la propria femminilità anche in certi momenti, anzi. La bellezza di una donna donna capitana mi piace molto». La passione per il cinema viene da lontano. «Ero ragazzino. Ho fatto questo lavoro perché ho sempre sognato. Il sogno fa parte della vita così come del cinema. Ci sono dei film che sono immortali, che guardi di continuo e nonostante sia la decima volta che li vedi, sanno darti emozioni sempre nuove. Ho una vera cineteca a casa e un piccolo cinema». Qual è secondo lei il periodo migliore del cinema per quanto riguarda gli abiti? «Il momento dei grandi autori, quando le donne plagiavano, quando i grandi registi creavano delle vere e proprie dee. Il dopoguerra di Luchino Visconti è andato nel mondo. Limitarsi a guardare il telefono o i social mi suscita malinconia perché non puoi concludere tutto in un abito senza sapere cosa c’è stato prima di quell’abito, cosa lo ha fatto nascere. Abiti che hanno fatto cultura come quelli nel Gattopardo. La scena di Claudia Cardinale e Alain Delon, quella passione, quella italianità sono indimenticabili. Senza dimenticare quelli di Hitchcock, un gusto incredibile, lui un vero esteta. O gli abiti di Audrey Hepburn in Colazione da Tiffany». Non solo attrici, ma anche tante top model. «È così. Per la campagna pubblicitaria del prossimo autunno inverno ho scelto la poliedrica femminilità e l’immagine variegata di forza e delicatezza, affermazione e abbandono della modella e attrice Natalia Vodianova, che osserva l’obiettivo con profonda dolcezza mentre il suo corpo esprime risolutezza ed energia. Ancora una volta celebro la forza e la dolcezza di una donna».
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