2023-09-24
Cresce l’allarme sul Dna nei vaccini: «I residui si concentrano nelle ovaie»
Phillip Buckhaults ribadisce i pericoli dei preparati Pfizer contaminati: «Si rischia vengano colpiti geni soppressori del cancro. Necessari controlli a campione». L’epidemiologo Harvey Risch (Yale) conferma: «Più tumori nei giovani».Non c’è tempo da perdere. Bisogna fare controlli a campione sulla popolazione che si è vaccinata con preparati anti Covid a base di mRna, perché «se la modificazione del genoma sta avvenendo, è solo questione di tempo prima che uno di questi frammenti colpisca un gene soppressore del tumore e dia inizio alla cancerogenesi in una singola cellula staminale». Sono sempre più preoccupanti le rivelazioni dell’esperto statunitense di genomica del cancro, Phillip Buckhaults. Dopo l’audizione davanti alla commissione per gli affari medici del Senato della Carolina del Sud, dove ha dichiarato che frammenti di Dna estraneo potrebbero inserirsi nel genoma di una persona, diventando un «elemento permanente della cellula», l’altro giorno l’esperto ha rilasciato una lunga intervista alla giornalista investigativa Maryanne Demasi. Precisazioni e chiarimenti rafforzano l’ipotesi che un «vaccino contaminato», da Dna estraneo all’individuo cui va somministrato, e frutto di «scorciatoie» utilizzate da Pfizer per produrre in fretta quantitativi enormi, possa avere conseguenze inimmaginabili. Di recente anche Harvey Risch, professore emerito di epidemiologia alla Yale School of public health, ha dichiarato di notare un incremento dei tumori nelle persone vaccinate. Cancro al colon in venticinquenni senza familiarità, e «altri tumori a lunga latenza riscontrati nei giovanissimi», così pure cancro al seno che si ripresenta nelle donne in tempi troppo rapidi, ha dichiarato a The Epoch Times. Ma veniamo alle precisazioni di Buckhaults, tridosato e grande sostenitore della piattaforma Rna. Spiega di aver voluto indagare non per preconcetti, ma «per sfatare la paura che l’SV40 fosse presente nel vaccino Covid. Avrebbe spaventato inutilmente le persone, spingendole a non vaccinarsi». Infatti, dice, c’è solo un pezzetto del virus delle scimmie. Invece, ha trovato enormi quantità di Dna «suddiviso in frammenti da una fino a 200 basi», la base è il singolo elemento di cui è formato il Dna, e «si può ricostruire l’intera sequenza». A inizio anno aveva definito «cospirazioni», le conclusioni cui era giunto l’esperto di genomica Kevin McKernan, che per primo aveva scoperto la contaminazione del Dna nelle fiale dei bivalenti Pfizer e Moderna. «McKernan aveva ragione», ora dice. La Fda consente di lasciare circa 10 nanogrammi di Dna residuo nel vaccino. «Il rischio di modificazione del genoma non è in funzione della massa, ma di quante molecole indipendenti hai», interviene il professore. «Quindi è decisamente peggio avere un sacco di questi frammenti, in termini di rischio che si verifichi una mutagenesi inserzionale», indotta dall’integrazione di sequenze virali o retrovirali in un locus genomico, all’interno di un cromosoma. Inoltre, il quantitativo concesso dalla Fda avrebbe senso con i vaccini tradizionali, dove il Dna è nudo e «viene masticato prima ancora di poter entrare nelle cellule»; non con quelli a mRna che utilizzano nanoparticelle lipidiche per facilitare il trasporto del materiale genetico. Buckhaults non sa con quale frequenza questa integrazione di Dna estraneo avvenga nelle cellule della popolazione vaccinata. Va verificato. Test si possono fare «mesi o anni dopo la vaccinazione». Quali alterazioni possono avvenire? Se qualcuno venisse trasfettato con un lungo pezzo di Dna, che conteneva istruzioni codificate per tutta la proteina Spike, e che «si è integrato nel genoma di qualche tipo di cellula a lunga vita nel miocardio», potrebbe codificare per l’intera Spike. In questo caso, «la cellula produrrà Spike continuamente», avverte l’esperto. Poi, il sistema immunitario inizia ad attaccare quelle cellule «ed è questo che provoca questi attacchi di cuore». Dal tipo di reazione immunitaria, si può capire molto. «Se è contro il picco generato dall’mRna, svanirà con il tempo e, si spera, prima che un numero critico di quelle cellule bersaglio venga ucciso dal sistema immunitario», scandisce Buckhaults. «Se è contro un antigene creato dal Dna che si integra nel genoma della cellula trasfettata, durerà per tutta la vita di quella cellula e verrà trasmesso a tutta la progenie di quella cellula».Rischi possono arrivare anche dai piccoli frammenti di Dna che «interrompono o modificano geni». Ed è plausibile che queste mutazioni genetiche vengano trasmesse alla generazione successiva. «Il materiale migra verso le ovaie, quindi questo sarebbe un buon posto dove guardare», segnala il professore.Demasi ha chiesto alla Fda se è stata avviata un’indagine sulla questione della contaminazione da Dna dei vaccini, ma l’agenzia regolatoria ha evitato la domanda ribadendo che «la valutazione rischio beneficio e la continua sorveglianza della sicurezza dimostrano che i benefici del loro utilizzo superano i rischi».
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