2019-07-13
Dissolto il tentato golpe straniero
restano i venditori di balle nostrane
Quando ieri parlavo di bufala non immaginavo che i giudici l'avrebbero certificata: gli insulti al Colle c'erano, gli hacker di Vladimir Putin no. Solo Matteo Renzi ci crede ancora, perché ormai vive solo per lo storyballing.Giuro, non ho il potere di anticipare il futuro e nemmeno godo di una gola profonda all'interno della Procura di Roma. Dunque, quando ieri per commentare il Russiagate, ovvero la presunta storia dei milioni che sarebbero affluiti da Mosca nelle casse della Lega, ho citato la bufala dei troll di Putin contro Sergio Mattarella, ancora non sapevo della decisione dei pm sull'inchiesta aperta nell'estate di un anno fa. Ma ieri, poco prima di mezzogiorno, quindi dopo l'uscita del mio articolo, ecco piovere in redazione un lancio dell'agenzia Agi dal titolo eloquente: «Attacchi web a Mattarella: inquirenti, troll russi invenzione della stampa».In pratica, nel testo è spiegato che non c'è stata alcuna regia di troll russi negli attacchi via social, con falsi account Twitter, indirizzati nel maggio dello scorso anno al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, all'indomani del veto sulla nomina di Paolo Savona a ministro dell'Economia. L'invenzione venne alimentata da alcuni siti, in particolare a rilanciarla online fu Alberto Nardelli, il giornalista italiano con base a Londra che in questi giorni è protagonista dell'affaire russo, avendo egli pubblicato su Buzzfeed la registrazione in cui si sente l'ex giornalista della Padania, Gianluca Savoini, parlare con alcuni misteriosi emissari di Mosca. All'epoca, quando scoppiò la storia dei troll al servizio di Putin, Nardelli scrisse: «Che ci siano account russi, che hanno postato in italiano è un dato di fatto (alcuni presenti in questo archivio fivethirtyeight.com/features/why-w…). Quello che non si sa è quanto sia diffusa la cosa. Poi, impatto di tutto ciò in Italia (e altrove) è dibattito diverso (ed importante)». Seguiva un grafico, con tanto di picchi, a dimostrazione dell'attività degli hacker russi contro il presidente della Repubblica. Quattro giorni dopo il tweet di Nardelli, Matteo Renzi fece una diretta Facebook per anticipare sviluppi, aggiungendo non solo che presto il governo sarebbe caduto e che dopo l'estate sarebbe di nuovo toccato al suo partito, e dunque a lui, tornare a Palazzo Chigi, ma si disse pronto a denunciare davanti ai magistrati della Procura di Roma alcuni fatti che riguardavano l'attacco al capo dello Stato. In effetti i pm aprirono un'inchiesta, ipotizzando i reati di «attentato alla libertà del presidente della Repubblica e di offesa all'onore e al prestigio del capo dello Stato». La notizia, nel frattempo, era rimbalzata anche sulle prime pagine di diversi giornali, tra i quali Corriere, Repubblica, Stampa e Messaggero, che decisero di dare alla faccenda la nobiltà dell'apertura. Si mosse anche il Copasir, ovvero il comitato che vigila sui servizi segreti, e pure l'antiterrorismo, nel timore di una minaccia alla sicurezza nazionale. Insomma, la faccenda venne presa terribilmente sul serio, perché si ipotizzava il tentativo di una potenza straniera - la Russia - di condizionare la vita democratica del Paese, come lo stesso Renzi disse durante la diretta Facebook.Risultato, a distanza di un anno, mentre infuria il Russiagate, si scopre che la storia dei troll russi contro Mattarella era tutta una bufala. Anzi: un'invenzione della stampa. Gli insulti al capo dello Stato ci furono, ma dei troll manovrati da Mosca neanche l'ombra. Il gran complotto che rischiava di scuotere nelle fondamenta la nostra Repubblica era una gran balla, per di più certificata da chi ogni volta annuncia di voler lanciare campagne contro le fake news. Eh sì. Perché Renzi si è autonominato paladino dell'informazione politicamente corretta. Al punto che ieri a Milano, al teatro Elfo Puccini, ha riunito i Comitati di azione civile, che poi altro non sono che l'embrione del partito che sogna di poter fondare. Argomento di discussione, appunto le balle che circolano in politica. «Quanto stanno incidendo le fake news sulle scelte degli elettori e quindi sui sistemi democratici?», chiede l'ex presidente del Consiglio nella speranza di cavalcare un'onda che lo riporti sulla scena. «Quali rimedi si possono adottare per non cadere nei tranelli delle democrazie illiberali?». La risposta sta tutta nel lancio di agenzia di ieri, che dà conto delle convinzioni della Procura sull'attacco russo contro Mattarella. A proposito di ciò che Renzi sostenne l'8 agosto di un anno fa («le fake news sono oggetto di indagini internazionali e molti sospettano che ci siano potenze intervenute su eventi politici»), oggi si sa che la storia dei troll di Putin era una bufala. Diciamo che l'ex segretario ha titolo per parlare di fake news, essendo l'esempio vivente di come lo storytelling spesso si riveli solo uno storyballing.
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