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Di Pietro dovrà risarcire Occhetto per lo «scippo» dei rimborsi elettorali

L'ex pm simbolo di Mani Pulite condannato a restituire 2,6 milioni di euro intascati indebitamente durante la sua attività politica. Lo ha deciso il Tribunale di Roma che, ieri, ha emesso un decreto ingiuntivo nei confronti di Antonio Di Pietro: l'ex magistrato dovrà rispondere personalmente dei rimborsi elettorali che spettavano al Movimento dei Riformisti per le Europee del 2004 e che, invece, finirono nelle casse dell'Associazione Italia dei Valori, composta da Di Pietro, sua moglie e dalla tesoriera Silvana Mura.

La vicenda risale, appunto, al 2004: Antonio di Pietro, alla guida dell'Italia dei Valori, allora nel pieno vigore politico, si allea con il Movimento dei Riformisti di Achille Occhetto per correre alle elezioni europee. Il composito movimento si aggiudica due seggi, che vengono occupati da Di Pietro e da Giulietto Chiesa (candidato in quota Occhetto, che aveva rinunciato all'incarico). Proprio in nome del risultato al gruppo viene assegnato un rimborso elettorale da più di 5,3 milioni di euro. Che, in teoria, i due soggetti si sarebbero dovuti spartire in quote eque. Ben presto però, per divergenze politiche, le strade dei “soci" si dividono: da una parte i dipietristi, dall'altra gli occhettiani, che trasformano la loro identità fondando un nuovo gruppo dal nome Il Cantiere per il bene comune.

Quando, qualche mese dopo, il denaro previsto dal rimborso viene materialmente versato dagli uffici della Camera, finisce nelle casse del soggetto originario, ossia l'Italia dei Valori. E lì rimane, fino ad oggi, senza che mai i Riformisti ne abbiano mai potuto vedere un solo euro.

La battaglia giudiziaria, partita da un ricorso di Giulietto Chiesa, si trascina da più di dieci anni.

Da un lato Di Pietro, che sostenendo di aver provveduto, come Idv, a tutte le spese per la campagna elettorale e di aver dunque diritto a trattenere tutto il rimborso, accusava il nuovo gruppo politico (Il Cantiere, appunto) di non essere in continuità con il precedente, in termini giuridici, e dunque di non poter essere destinatario di un rimborso elettorale. Dall'altro Occhetto e Chiesa, che, rimarcando il loro diritto ad ottenere la quota parte dei rimborsi, indicavano nell'Associazione dell'ex magistrato, a cui il denaro era stato versato, la vera anomalia. E il Tribunale di Roma, dopo vicende alterne e una sentenza della Cassazione, ha dato loro ragione: i 5,3 milioni di euro, infatti, vennero corrisposti all'Associazione Italia dei Valori (di cui oltre a Di Pietro facevano parte la consorte Susanna Mazzoleni, e la tesoriera Silvana Mura) che, però, secondo i giudici non ne avrebbe avuto diritto, in quanto soggetto giuridico diverso da un partito. Il danno per il movimento di Chiesa non fu solo economico: «Sono stato privato del contributo che la legge mi garantiva per proseguire la mia attività politica, che è stata gravemente lesionata», ha dichiarato, ieri, in un'intervista l'eurodeputato.

E la vicenda non è destinata a chiudersi qui. Il gruppo di Chiesa e l'avvocato Francesco Paola hanno annunciato la volontà di fare ricorso contro gli Uffici della Camera per la «scandalosa noncuranza con cui hanno gestito i rimborsi elettorali, senza fare nessun controllo e pregiudicando inevitabilmente i naturali equilibri politici», sostiene il legale. «Se quei soldi fossero arrivati nelle mani giuste, oggi il gruppo di Giulietto Chiesa sarebbe sicuramente in Parlamento».

Formentini e Giordano lanciano al Parlamento il gruppo per il corridoio IMEC
Oltre quaranta parlamentari, tra cui i deputati di Forza Italia Paolo Formentini e Antonio Giordano, sostengono l’iniziativa per rafforzare la diplomazia parlamentare sul corridoio India-Middle East-Europe. Trieste indicata come hub europeo, focus su commercio e cooperazione internazionale.
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«Lady Macbeth» di Shostakovic: a Milano c’è un genio russo. E Mattarella diserta ancora
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Il sovrintendente Fortunato Ortombina: «L’opera più grande, l’arte non si cancella per gli errori di Vladimir Putin». Riccardo Chailly: «Atto dovuto, era un gigante». Terzo forfait di fila del capo di Stato.

Meno undici a una Prima della Scala quanto mai lontana dalle luci intermittenti del Natale laico, dalla fiera degli Oh Bej! Oh Bej! di Sant’Ambroeus e dalla febbre da brindisi aziendale che da qualche giorno contagia Milano. Sta per entrare in scena infatti Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk - capolavoro di Dmitri Shostakovic - rossa come il sangue e nera come l’abisso che si spalanca quando muore ogni speranza, con una spruzzatina di humor grottesco. Il sovrintendente e direttore artistico, Fortunato Ortombina, ne è certo: «Non è l’opera più rilevante del Novecento: è la più importante di sempre».

Il piddino Furfaro fa il vice Salis: «Passo il tempo a bloccare sfratti»
Marco Furfaro (Imagoeconomica)
L’onorevole, incalzato dalla «Verità» dopo un post in cui si vantava di opporsi ai provvedimenti di sgombero: «Cerco di far dialogare i proprietari con chi ha perso il lavoro o ha spese impreviste. Aiuto molti anziani».

L’onorevole blocca sfratti risponde al nome di Marco Furfaro, giovane parlamentare del Pd, volto nuovo del partito e frequentatore abituale dei talk show televisivi. Una sua risposta su X a un utente che lo incalzava sulla legge elettorale ci ha incuriosito: «Penso», scrive Furfaro, «che questo Paese abbia tanti di quei problemi che metterci a discutere per un anno intero di legge elettorale sia da privilegiati. Io passo il mio tempo a bloccare sfratti, aiutare le persone che non riescono ad accedere alle cure, precari che non hanno più il lavoro».

L’inchiesta su Striano inguaia «Repubblica»: così cercava le fonti dei giornali «nemici»
Antonio Laudati (Ansa). Nel riquadro, Pasquale Striano
Giuliano Foschini in chat si lagna col capo delle Fiamme gialle per i buchi presi. E ipotizza che ci sia lo zampino dell’odiato pm Antonio Laudati.

«Il metodo Repubblica», quello del quotidiano fondato da Eugenio Scalfari, lo ha già brillantemente sunteggiato nel 2018 un ex redattore dello stesso giornale, il direttore del Fatto Quotidiano Marco Travaglio: «Per loro le notizie non sono tutte uguali né si misurano dalla loro importanza. Ma dal loro colore, cioè dalla convenienza o sconvenienza per la Causa», che consiste nel sostenere «il partito o la corrente o il leader che in quel momento essi, o meglio i loro editori, hanno investito della sacra missione di governarci».

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