
Dichiararsi a favore di Lgbtq e mondo non binario oggi «fa figo», ma le istituzioni devono pesare le proposte cui danno sostegno. Nei manifesti dei caroselli arcobaleno c’è una paccottiglia ideologica che è dannosa per tutti: donne, bambini, gay e transgender.Per un’istituzione pubblica, dare il patrocinio a manifestazioni come i pride è una follia. Perché nei manifesti delle sfilate c’è una paccottiglia ideologica pericolosa per mamme, bambini, gay e gli stessi trans. L’aspetto più fastidioso di tutta la faccenda è il modo in cui viene utilizzata per alimentare i tristi scontri di bassa politica, trascurando così i temi reali - e importantissimi - che dovrebbero stare al centro del dibattito. Come ha detto ieri Monica Ricci Sargentini, firma del Corriere della Sera e «femminista radicale» (la definizione è sua), quella che si sta combattendo contro l’utero in affitto e alcune delle più deliranti derive dalle ideologia gender è «una battaglia trasversale». Ha perfettamente ragione: qui non si tratta di piccole beghe tra destra e sinistra. Qui è in gioco il futuro dell’umanità e affermarlo non è una esagerazione.Lo ribadiamo: basterebbe che i politici e i commentatori si prendessero la briga di leggere i documenti politici licenziati dagli organizzatori dei pride per rendersi conto di quale sia la posta in gioco. Invece, purtroppo, il discorso pubblico rimane confinato nella sterile diatriba tra partiti. È accaduto in Lazio, sta accadendo in Lombardia.Anche quest’ultima Regione, infatti, - con voto a maggioranza in assemblea - ha deciso di non concedere il patrocinio al gay pride. «Condividiamo la necessità di tenere alta l’attenzione affinché venga difeso il diritto all’inclusione e sia garantita solidarietà nei confronti di chiunque, a prescindere dall’orientamento sessuale», ha detto il consigliere regionale Giacomo Cosentino del gruppo Lombardia Ideale. «Ma non possiamo condividere manifestazioni come il pride, un evento divisivo e spesso provocatorio». Ovviamente, a tempo di record, sono partite da sinistra le accuse di omofobia e oscurantismo.Viene, dunque, da chiedersi, per l’ennesima volta, se Pd e compagnia abbiano una pur vaga idea di quali siano le rivendicazioni del pride milanese e se, eventualmente, le condividano.Nel documento politico della manifestazione si legge, ad esempio, che la gestazione per altri è «una pratica ampiamente diffusa in larga percentuale tra le coppie eterosessuali e regolamentata, legittimata e riconosciuta in numerosi Paesi nel mondo da più di 20 anni - a differenza delle tante false notizie diffuse da certi partiti conservatori e dai media». Beh, se la mettiamo così, a diffondere le cosiddette false notizie sarebbero i tribunali italiani di ogni ordine e grado. Tribunali ai quali gli attivisti non esitano a rivolgersi e di cui si premurano di fare rispettare le sentenze quando fanno comodo a loro.Nello stesso documento leggiamo: «Ad aprile di quest’anno, la commissione Giustizia della Camera ha adottato il testo base della legge che propone di perseguire la Gpa come reato universale, cioè punito anche se commesso all’estero. Un atto ideologico e sproporzionato». Di nuovo: questo «atto ideologico» è sostenuto da femministe (quasi tutte di sinistra, molte lesbiche) di mezzo mondo. Ma agli attivisti non interessa: solo la loro opinione deve contare. Essi prendendo che lo Stato legittimi «l’autodeterminazione, la capacità e la scelta di procreare del genitore, riconoscendone semplicemente l’intento di dare amore, protezione e cura, gli elementi necessari al naturale svolgimento della vita familiare. È l’amore che crea una famiglia». Certo: anche l’amore fa la famiglia. Definire amore l’acquisto di un bambino, tuttavia, è un po’ ardito.Non è finita. Gli attivisti pretendono il «riconoscimento del principio di autodeterminazione» di genere, che ritengono essere «fondamentale per i diritti delle persone transgenere, non binarie e di genere non conforme». Dunque vogliono «una revisione della legge 164 del 1982 sulla rettificazione dell’attribuzione di sesso e la sostituzione del percorso Onig». Di che si tratta? Vediamo. «Il percorso Onig», spiega il documento, «applicato per prassi ma in realtà non previsto dalla legge 164, prevede un lungo processo psicologico, l’accesso alla terapia ormonale sostitutiva e il “test di vita reale”, che è limitante e vìola il principio di autodeterminazione. Invece, il percorso di transizione dovrebbe essere inclusivo di tutte le soggettività transgenere, incluse le persone non binarie. Il percorso giudiziario per la rettifica dei documenti anagrafici dovrebbe essere semplificato e trasformato in una procedura anagrafica comunale come in tanti altri Stati esteri ed europei». Tradotto: basta definirsi donne per essere considerate tali. Basta esami, percorsi psicologici e insistenze sua biologia. Per gli stessi motivi, il pride chiede pure che venga obbligatoriamente istituita la carriera alias in tutte le scuole, così che anche i minorenni possano decidere da soli a quale genere appartenere. A ben vedere, qui siamo oltre il transgender: siamo all’imposizione del non binarismo, alla polverizzazione di tutti i generi.Dulcis in fundo, il pride milanese si occupa pure della cosiddetta «filiazione transgenere». Leggiamo: «Le persone transgenere hanno difficoltà ad accedere agli screening legati alla propria salute sessuale e alla possibilità di procreazione come la crioconservazione. Per gli uomini transgenere e le persone non binarie che abbiano i documenti rettificati nel genere maschile, diventa impossibile accedere anche all’interruzione volontaria di gravidanza, il che le porta a rivolgersi ai professionisti privati, mentre le persone transgenere che decidono di portare avanti la gravidanza si trovano senza risposte riguardo a dove partorire, al ruolo genitoriale anagrafico e se il partner sarà riconosciuto come genitore effettivo». A parte il fatto che, considerato l’esiguo numero, questi casi potrebbero essere trattati uno per uno nel tentativo di trovare una soluzione decente, sarebbe interessante sapere se il Pd che governa Milano aderisca a tali richieste.Ciò di cui a sinistra non si rendono conto è che questa paccottiglia ideologica non è semplicemente sgradita alla destra: è dannosa per le donne, i bambini, gli omosessuali e i transgender. Crea un calderone in cui i problemi reali vengono trascurati e cancellati, in una confusione che equipara - per esempio - chi vuole davvero cambiare sesso a chi intende definirsi donna senza modificare un millimetro del suo corpo maschile.Ecco perché serve una opposizione netta e trasversale. Kathleen Stock, nota femminista britannica (di sinistra), lo ha ribadito proprio in questi giorni su Unherd.com: occorre superare le distinzioni ottuse. «Tra molti progressisti», ha scritto, «c’è deferenza per il linguaggio tecnico e amore per le conclusioni bizzarre e controintuitive; una predilezione per il tipo di punto che ti fa sembrare intelligente perché lo hai afferrato, o almeno fingi di averlo fatto. Molti si sono inizialmente convinti che la biologia umana fosse chimerica, ma le identità di genere erano reali, semplicemente perché gli accademici glielo dicevano. [...] La maggior parte delle persone comuni non è stata educata a questo livello di stupidità».Già: dichiararsi a favore del queer e del non binarismo, al giorno d’oggi, «fa figo». Il punto è che non si sta parlando di come fare bella figura alle cene eleganti. Sul piatto c’è la vita delle persone, c’è il loro corpo, la loro sofferenza, il loro benessere. Chi finge di non vederlo non è soltanto ideologizzato o poco informato: è colpevole.
Christine Lagarde (Ansa)
Nel consueto bollettino, gli economisti della Bce (a guida francese) parlano di una Ue a due velocità trainata dalla crescita del Pil di Macron & C. Non citano la crisi politica più grave degli ultimi 70 anni, deficit fuori controllo, tagli al rating e spread zero con l’Italia.
Qualche settimana fa (inizio ottobre), era balzato agli onori delle cronache un report degli analisti di Berenberg che per la prima volta parlavano di un vero e proprio scambio di ruoli all’interno dell’Ue: «La Francia sembra la nuova Italia». Dietro a quel giudizio tranchant ci passa un’epoca di almeno tre lustri che parte da un altro mese di ottobre, quello del 2011, e dalla risatina tra gli allora leader di Parigi e Berlino, Sarkozy e Merkel. Il sorrisetto beffardo nascondeva un giudizio di inaffidabilità politica ed economica rispetto alla traballante situazione del governo Berlusconi e ai conti pubblici che a detta dei sostenitori dell’austerity dell’epoca, nel Belpaese non rispettavano gli impegni presi.
Jeffrey Epstein (Getty Images)
Pubblicati i primi file. Il trafficante morto misteriosamente in carcere disse: «Sono l’unico in grado di abbattere Trump».
La torbida vicenda che ruota attorno alla controversa figura di Jeffrey Epstein è tornata di prepotenza al centro del dibattito politico americano: nuovi documenti, nuovi retroscena e nuove accuse. Tutte da verificare, ovviamente. Anche perché dal 2019, anno della morte in carcere del miliardario pedofilo, ci sono ancora troppi coni d’ombra in questa orribile storia fatta di abusi, ricatti, prostituzione minorile, silenzi, depistaggi e misteri. A partire proprio dalle oscure circostanze in cui è morto Epstein: per suicidio, secondo la ricostruzione ufficiale, ma con i secondini addormentati e l’assenza delle riprese delle telecamere di sicurezza.
Nel riquadro, Giancarlo Tulliani in una foto d'archivio
Requisiti una villa, conti correnti accesi in Italia e all’estero e due automobili, di cui una di lusso. I proventi di attività illecite sono stati impiegati nuovamente per acquisizioni di beni immobili e mobili.
Lo Scico della Guardia di finanza ha eseguito ieri un decreto di sequestro per circa 2,2 milioni di euro emesso dal Tribunale di Roma su proposta dei pm della Direzione distrettuale Antimafia, nei confronti di Giancarlo Tulliani, attualmente latitante a Dubai e fratello di Elisabetta Tulliani, compagna dell’ex leader di Alleanza nazionale Gianfranco Fini. La sezione Misure di prevenzione del Tribunale della Capitale ha disposto nei confronti di Tulliani il sequestro di una villa a Roma, di conti correnti accesi in Italia e all’estero e due autovetture di cui una di lusso, per un valore complessivo, come detto, di circa 2,2 milioni di euro. «Il profitto illecito dell’associazione, oggetto di riciclaggio, veniva impiegato, oltre che in attività economiche e finanziarie, anche nell’acquisizione di immobili da parte della famiglia Tulliani, in particolare Giancarlo», spiega una nota. «Quest’ultimo, dopo aver ricevuto, direttamente o per il tramite delle loro società offshore, ingenti trasferimenti di denaro di provenienza illecita, privi di qualsiasi causale o giustificati con documenti contrattuali fittizi, ha trasferito le somme all’estero, utilizzando i propri rapporti bancari.
2025-11-14
Casalasco apre l’Innovation Center: così nasce il nuovo hub del Made in Italy agroalimentare
A Fontanellato il gruppo Casalasco inaugura l’Innovation Center, polo dedicato a ricerca e sostenibilità nella filiera del pomodoro. Presenti il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, l’amministratore delegato di FSI Maurizio Tamagnini e il presidente della Tech Europe Foundation Ferruccio Resta. L’hub sarà alimentato da un futuro parco agri-voltaico sviluppato con l’Università Cattolica.
Casalasco, gruppo leader nella filiera integrata del pomodoro, ha inaugurato oggi a Fontanellato il nuovo Innovation Center, un polo dedicato alla ricerca e allo sviluppo nel settore agroalimentare. L’obiettivo dichiarato è rafforzare la competitività del Made in Italy e promuovere un modello di crescita basato su innovazione, sostenibilità e radicamento nel territorio.
All'evento hanno partecipato il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, l’amministratore delegato di FSI Maurizio Tamagnini, il presidente della Tech Europe Foundation Ferruccio Resta e il management del gruppo. Una presenza istituzionale che sottolinea il valore strategico del progetto.
Urso ha definito il nuovo centro «un passaggio fondamentale» e un esempio di collaborazione tra imprese, ricerca e istituzioni. Per Marco Sartori, presidente di Casalasco Spa e del Consorzio Casalasco del Pomodoro, l’hub «non è un punto d’arrivo ma un nuovo inizio», pensato per ospitare idee, sperimentazioni e collaborazioni capaci di rafforzare la filiera.
L’amministratore delegato Costantino Vaia parla di «motore strategico» per il gruppo: uno spazio dove tradizione e ricerca interagiscono per sviluppare nuovi prodotti, migliorare i processi e ridurre l’impatto ambientale. Tamagnini, alla guida di FSI – investitore del gruppo – ricorda che il progetto si inserisce in un percorso di raddoppio dimensionale e punta su prodotti italiani «di qualità valorizzabili all’estero» e su una filiera sostenibile del pomodoro e del basilico.
Progettato dallo studio Gazza Massera Architetti, il nuovo edificio richiama le cascine padane e combina materiali tradizionali e tecnologie moderne. I mille metri quadrati interni ospitano un laboratorio con cucina sperimentale, sala degustazione, auditorium e spazi di lavoro concepiti per favorire collaborazione e benessere. L’architetto Daniela Gazza lo definisce «un’architettura generativa» in linea con i criteri di riuso e Near Zero Energy Building.
Tra gli elementi distintivi anche l’Archivio Sensoriale, uno spazio immersivo dedicato alla storia e ai valori dell’azienda, curato da Studio Vesperini Della Noce Designers e da Moma Comunicazione. L’arte entra nel progetto con il grande murale di Marianna Tomaselli, che racconta visivamente l’identità del gruppo ed è accompagnato da un’esperienza multimediale.
All’esterno, il centro è inserito in un parco ispirato all’hortus conclusus, con orti di piante autoctone, una serra e aree pensate per la socialità e il benessere, a simboleggiare la strategia di sostenibilità del gruppo.
Casalasco guarda già ai prossimi sviluppi: accanto all’edificio sorgerà un parco agri-voltaico realizzato con l’Università Cattolica di Piacenza, che unirà coltivazioni e produzione di energia rinnovabile. L’impianto alimenterà lo stesso Innovation Center, chiudendo un ciclo virtuoso tra agricoltura e innovazione tecnologica.
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