2021-03-03
Difendere le frontiere diventa un crimine
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In Parlamento il disegno di legge per impedire (e punire) il blocco navale. Niente più blocco navale. Non si potrà nemmeno parlarne e pensarci, figuriamoci metterlo in pratica. Già adesso, quando qualcuno osa avanzare la proposta, viene trattato come un pericoloso razzista, fascista e guerrafondaio. Ma, andando avanti di questo passo, accadrà ben di peggio: i governanti di una nazione che decidessero di attuare il blocco verrebbero portati di fronte a un tribunale internazionale e trattati da criminali. Vediamo di spiegare. Martedì la commissione Esteri della Camera dei deputati era impegnata a esaminare il disegno di legge A. C. 2332. Di che si tratta? Di un testo di legge che contiene gli emendamenti allo Statuto istitutivo della Corte penale internazionale. Tale organismo è stato creato all'inizio degli anni Duemila dopo un lungo dibattito interno alle Nazioni Unite. Dopo la guerra nella ex Jugoslavia e dopo i massacri del Ruanda, erano in tanti, nella comunità internazionale, a premere affinché fosse creato un tribunale speciale per processare i colpevoli di crimini contro l'umanità, crimini di guerra e genocidi. Così si diede il via al processo che portò appunto all'istituzione della Corte penale internazionale, che si insediò all'Aia, nei Paesi Bassi, nel 2002. Due anni prima, nel luglio del 1998, a Roma fu stipulato lo Statuto della Corte, cioè l'atto che ne definisce la giurisdizione e ne dettaglia il funzionamento. Nel corso degli anni, lo Statuto ha subito alcune modifiche, di cui si è discusso in alcune conferenze a cui hanno partecipato i 123 Stati che hanno approvato il progetto della Corte (non gradito, tra gli altri, a Russia, Cina e Usa). L'ultima si è tenuta nel 2010 a Kampala e gli emendamenti formulati in quell'occasione stanno passando ora al vaglio del Parlamento italiano. Ebbene, tra quegli emendamenti ce ne sono alcuni che rischiano di metterci in seria difficoltà. In particolare, si tratta della nuova formulazione dell'articolo 8-bis, quello che definisce il «crimine di aggressione». È un tema di cui si discute da anni a livello internazionale, ma che nello Statuto della Corte penale viene dettagliato in maniera piuttosto precisa. Ed eccoci al punto. Nel testo di legge votato martedì alla Camera si legge che «il nuovo articolo 8-bis definisce al comma 1 il crimine di aggressione quale pianificazione, preparazione o esecuzione di un atto di aggressione di uno Stato ad un altro, che per le sue proporzioni e gravità costituisce una manifesta violazione della Carta delle Nazioni Unite: nella definizione del crimine di aggressione rientra il fatto che esso sia perpetrato da persone al vertice dello Stato che aggredisce, in grado di controllare o dirigere l'azione politica o militare di detto Stato». Poco oltre, al comma 2, vengono ulteriormente specificate le azioni che rientrano nel crimine di aggressione. Tra queste c'è «il blocco navale dei porti o delle coste di uno Stato da parte delle forze armate di un altro Stato». La questione è tecnica, ma estremamente rilevante. Lo Statuto della Corte penale internazionale fa diventare il blocco navale non più un «atto di aggressione», ma un vero e proprio crimine. Non solo: diventa un crimine anche solo la «pianificazione e preparazione» di un blocco. Che cosa cambia concretamente? Praticamente tutto. Se oggi l'Italia decidesse di attuare un blocco navale nei confronti, mettiamo, della Libia, questo atto aprirebbe una controversia internazionale. L'Onu sicuramente esaminerebbe la pratica: potrebbe decidere di sanzionarci, certo. Oppure potrebbe decidere che abbiamo reagito a un atto ostile e dunque non siamo colpevoli. Se però il blocco navale viene considerato un crimine, beh, il quadro è molto diverso. Non ci sono più controversie internazionali, ma i responsabili del blocco finiscono direttamente davanti alla Corte penale internazionale. In sostanza, un tribunale composto da 18 giudici viene chiamato a giudicare il presidente del Consiglio, il ministro degli Esteri e probabilmente anche il ministro dell'Interno dello Stato che decide di usare le navi per proteggersi. Peggio: le stesse persone possono finire a processo per molto meno, cioè per aver soltanto discusso di un eventuale blocco navale. «La proposta di legge rappresenta un pericolosissimo salto di qualità», dice Andrea Delmastro di Fratelli d'Italia, l'unico partito ad aver votato contro l'approvazione in commissione esteri (la Lega si è astenuta). «Il blocco navale diventa sempre e comunque crimine di aggressione internazionale ed i governanti che volessero difendere le frontiere dall'utilizzo strumentale dei migranti che potrebbe fare lo stesso Erdogan in Libia sarebbero personalmente processati come criminali internazionali. Per noi chi difende le frontiere e i confini è sempre e comunque un patriota, non un criminale internazionale». Il rischio concreto, purtroppo, è proprio questo. Se la proposta di legge per la sottoscrizione dello Statuto della Commissione penale internazionale completerà senza ostacoli il percorso parlamentare, l'Italia avrà volontariamente sottoscritto un regolamento che tratta come un criminale chi vuole proteggere le frontiere. Mentre chi attraversa irregolarmente i confini oggi è trattato con ogni riguardo, chi intende difenderli è sotto attacco costante. A questo punto, tanto vale rendere illegale il patriottismo, e che non se ne parli più.
Il presidente di Assoprevidenza Sergio Corbello (Imagoeconomica)
Il presidente di Assoprevidenza Sergio Corbello: «Dopo il 2022 il settore si è rilanciato con più iscritti e rendimenti elevati, ma pesano precariato, scarsa educazione finanziaria e milioni di posizioni ferme o con montanti troppo bassi».