2022-04-28
Dieci società pronte a pagare in rubli. Per ora Eni rimane alla finestra
Claudio Descalzi (Imagoeconomica)
Aperti i conti in Gazprombank. Il Cane a sei zampe dovrà saldare entro fine maggio.Da ieri pomeriggio è scattata la caccia alle dieci compagnie europee che hanno aperto i conti presso la Gazprombank per pagare in rubli il gas proveniente dalla Russia. Secondo Bloomberg, almeno quattro di queste avrebbero già pagato. A dirlo è una fonte vicina alla stessa Gazprom, ma al momento nessuna azienda ha deciso di uscire allo scoperto. In pratica i russi avrebbero offerto agli acquirenti un meccanismo di pagamento di compromesso, già previsto in un decreto di fine marzo, che avrebbe evitato la violazione delle sanzioni Ue. Polonia e Bulgaria, che avevano una scadenza entro il 26 aprile, hanno rifiutato di pagare in rubli. Per questo motivo le loro forniture sono state interrotte. Non arrivano commenti ufficiali da Eni, anche se l’azienda guidata dall’ad Claudio Descalzi starebbe valutando di avviare in via precauzionale le pratiche per aprire i due conti richiesti da Gazprombank. Anche se non è detto che effettuerà mai i pagamenti in questo modo. Come le altre compagnie: aprire i conti non significa pagare in rubli. Eni ha ancora tempo fino alla fine di maggio per saldare il dovuto. Sta alla finestra in attesa di capire quale sarà il quadro sulle sanzioni e sulle decisioni in ambito internazionale. Il gas russo serve all’Italia. Per arrivare a un’autonomia energetica il nostro Paese ha bisogno di almeno due anni. Non ci possono essere contraccolpi sul piano economico. Tutto ruota intorno al meccanismo di pagamento. Vìola o non vìola le sanzioni? Questo è il punto. Secondo quanto previsto dal meccanismo russo non ci sarebbero euro coinvolti in transazioni con gli enti sanzionati (Gazprombank li prenderebbe in prestito dalla Banca di Russia in rubli) e quindi non sarebbe necessario alcun regolamento in euro, rispettando così le sanzioni. Ma ieri il presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen è stata di nuovo categorica. «Le aziende con questi contratti non dovrebbero aderire alle richieste russe», ha detto, «Questa sarebbe una violazione delle sanzioni, quindi un rischio elevato per le aziende». Ma la questione dovrà essere risolta in fretta dall’Unione europea. Anche perché le divisioni tra i vari Paesi rischiano di esplodere nelle prossime settimane, quando ci saranno nuove scadenze. I governi e le aziende di tutta Europa dovranno decidere se rispettare le nuove regole o affrontare la prospettiva del razionamento del gas.L’indiziato numero uno, tra quelli che avrebbero deciso di pagare, è l’Ungheria, che si era già espressa a favore del pagamento in rubli. Donald Tusk, ex presidente polacco del Consiglio europeo, ieri ha rincarato la dose: «Ho sentito che non solo l’Ungheria, ma anche Germania e Austria sono pronte a pagare in rubli». Sarebbe stata, secondo indiscrezioni, in particolare la compagnia austriaca Omv (Österreichische mineralölverwaltung aktiengesellschaft) a trovare l’accordo con Gazprom. La notizia è stata subito smentita. «Vienna non pagherà rubli per il gas russo», ha dichiarato il cancelliere austriaco Karl Nehammer. Alla fine la stessa Omv è dovuta intervenire per smentire. Va sottolineato che l’80% del gas austriaco arriva proprio dalla Russia. Gli occhi sono adesso puntati in particolare sulla Germania, dal momento che Berlino è più che mai dipendente da Mosca: si calcola che oltre il 50% del gas utilizzato sul suolo tedesco nel 2021 sarebbe arrivato proprio dalla Russia. Caso vuole che sempre nella giornata di ieri, mentre sulle agenzie di stampa divampava il dibattito sul pagamento in rubli, il ministro dell’Economia tedesco abbia annunciato che «la dipendenza della Germania dal gas russo è calata a una quota del 35%. Gli approvvigionamenti per l'estate sono garantiti». Si aspettano ora le mosse delle compagnie tedesche Eon e Enbw, che avevano già annunciato di non voler più acquistare da Mosca.
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