2025-03-08
Con il caso Diciotti i giudici confermano di voler comandare loro
Affermando che «il rifiuto dell’autorizzazione allo sbarco dei migranti non è un atto politico», la Cassazione certifica di ritenersi superiore agli altri poteri dello Stato. E intanto apre un precedente: adesso qualsiasi clandestino chiederà risarcimenti all’Italia.«Come disse Atahualpa o qualche altro dio, descansate niño che continuo io». Secondo la giustizia italiana, il rapporto con il potere legislativo ed esecutivo sta tutto nella strofa di Paolo Conte. Il «niño», il bambino da educare, è il governo di turno. E le divinità indossano la toga come un mantello imperiale ai tempi di Commodo. Entità superiori, pollice dritto o pollice verso. Nel solco della consolidata tradizione italiana rientra la sentenza della Cassazione a sezioni riunite che impone allo Stato di risarcire i migranti clandestini trattenuti sette anni fa sulla nave Diciotti della Guardia costiera prima dello sbarco a Catania. Il messaggio è preoccupante: chi è stato bloccato mentre tentava di entrare in Italia illegalmente ha diritto a un indennizzo. Una decisione tellurica che conferma la tendenza dei giudici a voler governare il Paese. Due colpi di piccone alle prerogative istituzionali di un esecutivo, qualsivoglia esecutivo. Il primo sta nel negare «che il rifiuto dell’autorizzazione allo sbarco dei migranti possa considerarsi quale atto politico sottratto al controllo giurisdizionale». Traduzione: non esiste discrezionalità se non quella della Suprema corte. Il secondo colpo di piccone arriva con la definizione di «illegittima restrizione della libertà personale non giustificata da un provvedimento valido, in violazione dell’articolo 13 della Costituzione». Poiché sul caso la Procura di Catania aveva chiesto l’archiviazione e il Parlamento aveva stabilito che l’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini non dovesse essere processato, ecco che sette anni dopo la vicenda uscita dalla porta rientra dalla finestra del massimo tribunale, dopo quello divino. La Corte d’Appello di Roma aveva negato il risarcimento poiché aveva stabilito che gli effetti negativi della permanenza sulla nave italiana (nel rispetto assoluto dei diritti e senza alcuna vessazione) non erano evidenti né quantificabili. Al contrario la Cassazione ha deciso che per battere cassa è sufficiente la prova delle «conseguenze pregiudizievoli». Il disagio del migrante clandestino può derivare dall’esperienza consolidata: in teoria una restrizione della libertà personale di dieci giorni è normalmente in grado di causare un danno psicologico e relazionale a chi la subisce. La stessa Corte giustifica la semplificazione per non costringere il danneggiato ad «articolare estenuanti capitoli di prova relativi al significativo mutamento di stati d’animo interiori da cui possa inferirsi la dimostrazione del pregiudizio patito». Morale: ai migranti non servono le prove o i certificati, hanno ragione a prescindere, basta la narrazione. E i contribuenti italiani facciano il favore di mettere mano al portafoglio sulla semplice «presunzione del danno», un concetto giurisprudenziale che va e viene come le perturbazioni sull’arco alpino. Le cause civili contro l’Italia sono 41, le richieste alla presidenza del Consiglio e al ministero dell’Interno vanno da 42.000 a 71.000 euro a persona. Un affare niente male che potrebbe ingolosire molti pretendenti con presunti danni psicologici patiti sulle motovedette italiane e i loro avvocati; a bordo della Diciotti c’erano 190 migranti, l’anno dopo sulla Gregoretti (vicenda analoga) ce n’erano 130. Sarebbe interessante verificare se la permanenza di qualche giorno su una nave italiana sia più «psicologicamente dannosa» del soggiorno in un centro di detenzione libico, in un centro per richiedenti asilo a Lampedusa o sotto i ponti della ferrovia della stazione Centrale a Milano. Ma sarebbe anche inutile perché nella stagione dello scontro fra poteri dello Stato i migranti sono figure sullo sfondo, fanno da semplice propellente al massimalismo giudiziario che si appella ai «diritti costituzionali delle persone» a corrente (politica) alternata. È curioso notare ancora una volta che le prerogative valgono per i migranti a proposito degli sbarchi, dei respingimenti, dei centri in Albania. Ma nessun giudice ha mai neppure immaginato di far valere le «illegittime restrizioni delle libertà personali» nel periodo pandemico, quando la Costituzione è rimasta lettera morta davanti al green pass, entrato drammaticamente nelle case di migliaia italiani a condizionarne la vita, il lavoro, l’equilibrio psicologico.La guerra dei 30 anni continua e bene ha fatto la premier Giorgia Meloni a sottolineare che «il principio risarcitorio è opinabile, in contrasto con la giurisprudenza consolidata». Per fortuna esiste una parte politica che intende evitare l’ennesima delega in bianco ai giudici in nome dell’emergenza. Come lo è stato per la lotta al terrorismo, alla mafia, alla corruzione. Temi sui quali Procure e tribunali - metro dopo metro - hanno eroso con scientifica pervicacia le prerogative degli altri poteri dello Stato, peraltro quelli eletti dal popolo in nome del quale dovrebbero essere emesse le sentenze.Da oggi, secondo la Cassazione, c’è diritto di sbarco per tutti anche senza documenti. E chi non verrà accettato o sarà trattenuto per opportune verifiche, se si sentirà «psicologicamente frustrato» potrà chiedere un risarcimento in denaro. Una decisione così sorprendente che la stessa Corte Suprema, a firma della presidente Margherita Cassano, qualche ora dopo la pubblicazione della sentenza si è sentita in dovere di emettere un comunicato che sembra il post per un social network: «Le decisioni della Cassazione, al pari di quelle degli altri giudici, possono essere oggetto di critica. Sono invece inaccettabili gli insulti che mettono in discussione la divisione dei poteri su cui si fonda lo Stato di diritto». Gli insulti (sempre condannabili) mettono in discussione. Le sentenze stravaganti no.
Nella prima mattinata del 28 ottobre 2025 la Guardia di Finanza e la Polizia di Stato hanno eseguito numerose perquisizioni domiciliari in tutta Italia ed effettuato il sequestro preventivo d’urgenza del portale www.voltaiko.com, con contestuale blocco di 95 conti correnti riconducibili all’omonimo gruppo societario.
Si tratta del risultato di una complessa indagine condotta dal Nucleo Operativo Metropolitano della Guardia di Finanza di Bologna e dal Centro Operativo per la Sicurezza Cibernetica per l’Emilia-Romagna, sotto la direzione del Pubblico Ministero Marco Imperato della Procura della Repubblica di Bologna.
Un’azione coordinata che ha visto impegnate in prima linea anche le Sezioni Operative Sicurezza Cibernetica delle varie Regioni e gli altri reparti territoriali della Fiamme Gialle nelle province di Bologna, Rimini, Modena, Milano, Varese, Arezzo, Frosinone, Teramo, Pescara, Ragusa.
L’operazione ha permesso di ricostruire il modus operandi di un gruppo criminale transnazionale con struttura piramidale tipica del «network marketing multi level» dedito ad un numero indeterminato di truffe, perpetrate a danno anche di persone fragili, secondo il cosiddetto schema Ponzi (modello di truffa che promette forti guadagni ai primi investitori, a discapito di nuovi investitori, a loro volta vittime del meccanismo di vendita).
La proposta green di investimenti nel settore delle energie rinnovabili non prevedeva l’installazione di impianti fisici presso le proprie abitazioni, bensì il noleggio di pannelli fotovoltaici collocati in Paesi ad alta produttività energetica, in realtà inesistenti, con allettanti rendimenti mensili o trimestrali in energy point. Le somme investite erano tuttavia vincolate per tre anni, consentendo così di allargare enormemente la leva finanziaria.
Si stima che siano circa 6.000 le persone offese sul territorio nazionale che venivano persuase dai numerosi procacciatori ad investire sul portale, generando un volume di investimenti stimato in circa 80 milioni di euro.
La Procura della Repubblica di Bologna ha disposto in via d’urgenza il sequestro preventivo del portale www.voltaiko.com e di tutti i rapporti finanziari riconducibili alle società coinvolte e agli indagati, da ritenersi innocenti fino a sentenza definitiva.
Nel corso delle perquisizioni è stato possibile rinvenire e sottoporre a sequestro criptovalute, dispositivi elettronici, beni di lusso, lingotti d’oro e documentazione di rilevante interesse investigativo.
Continua a leggereRiduci
«The Traitors Italia» (Amazon Prime Video)