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2019-11-23
Di Maio si ribella: giallorossi solo a Roma
Ansa
Il Movimento 5 stelle si presenterà alle regionali, come hanno chiesto i militanti sulla piattaforma Rousseau, e correrà da solo. Il capo politico Luigi Di Maio, incassata la bocciatura della base sull'ipotesi di una «pausa di riflessione» prova a rilanciare: visto che «lo chiedono consiglieri e parlamentari», questa corsa dovrà essere senza alleanze, quindi tassativamente senza il Pd. Al massimo stringendo patti con le liste civiche.
L'imbarazzo per lui è tanto, visto che all'interno del Movimento le spaccature sono più d'una e lo erano già prima di quest'ultimo voto online, su cui tra l'altro parecchi esponenti pentastellati hanno espresso critiche e perplessità, come da lui stesso spiegato su Facebook. I sì all'astensione dalla battaglia - lo ricordiamo - sono stati 8.025 (corrispondenti al 29,4% dei votanti), mentre i no 19.248 (il 70,6%), obbligando Di Maio al dribbling di giustificazioni: «Col voto di ieri (giovedì, ndr) il M5s ci ha detto che a Roma c'è il governo, ma sul territorio c'è il Movimento: e non possiamo asservire il M5s alle logiche del governo». Come annunciato dai coordinatori della campagna elettorale dei pentastellati per le regionali, il Movimento si presenterà con le liste civiche. Una scelta che mette in forte difficoltà il candidato dem in Emilia, Stefano Bonaccini, che ieri in mattinata ha infatti avvertito che, così facendo, «si fa un regalo alla destra» e soprattutto che i 5 stelle rischiano, a suo dire, di non toccare palla. Il ragionamento sotto gli occhi di tutti è che correndo da soli - e non in tandem con l'alleato di governo - i candidati grillini andrebbero a rosicchiare consenso al Pd e non certo alla destra di Matteo Salvini, rendendo la vita difficile allo stesso Bonaccini e al candidato in Calabria, Maurizio Talarico. Due giorni fa, uscendo dalla cena offerta dal premier, Giuseppe Conte, Di Maio ha rassicurato che: «Il voto alle regionali non avrà nessun impatto sul governo». Parole ribadite anche dal ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede: «Il governo andrà avanti in ogni caso». Staremo a vedere, ma una sconfitta in Emilia Romagna, regione rossa per eccellenza, porterebbe a una crisi nel Partito democratico con conseguenze sul segretario e, per l'effetto domino, sul governo di Giuseppi.
Per questo al Nazareno da ieri si ragiona sull'ipotesi di far nascere un orientamento identico tra Pd e pezzi del Movimento 5 stelle contrari alla linea Di Maio con l'obiettivo di portare il capo politico grillino a confrontarsi sul programma di Bonaccini. Il tutto, nella flebile speranza che Beppe Grillo, precipitato a Roma per questa emergenza, possa incidere sul destino dell'alleanza. Ma all'interno del Movimento quanto è condivisa la linea di Di Maio della corsa in solitaria? In Emilia Romagna procedono i contatti tra Pd e gruppo consiliare M5s, con riscontri «migliori di quanto non accada a Roma», sostiene un esponente di alto rango del Pd nazionale. Tanto che i dirigenti dem in Emilia Romagna vedono, in queste ore, «una linea tra i consiglieri M5s favorevole a un eventuale voto online per decidere se allearsi o meno». Una posizione adottata anche da esponenti grillini di primo piano, come il vicepresidente del Parlamento europeo, Fabio Massimo Castaldo: «Io, in tutta sincerità, spiegando le implicazioni e presentandoci magari con delle progettualità chiare, lo avrei fatto decidere alla nostra base». E poi la spiegazione: «Perché qui il punto è che non si può demonizzare un'opzione a prescindere, si dovrebbe votare anche su questo». Una possibilità però, come abbiamo detto, categoricamente esclusa da Di Maio, che anzi, ha già fissato l'agenda post voto su Rousseau: «Lunedì mattina sarò in Calabria e in Emilia Romagna nel pomeriggio: iniziamo». Poi ha aggiunto: «Io come tutti gli altri ci mettiamo al servizio del progetto. Non so quanto prenderemo in queste regioni, ma lavoreremo per mettere qualche consigliere regionale nei Consigli».
Nella sua strategia sembra ci sia anche una presa di posizione più aggressiva sul Mes, il Fondo salvastati: «Non vogliamo una riforma che stritoli il nostro Paese», le sue parole di ieri. Su questo argomento «c'è stata una buona riunione con il ministro dell'Economia e delle Finanze, Roberto Gualtieri: una riunione cordiale, senza tensioni, per la quale ringrazio il ministro». Del tema si parlerà nell'assemblea dei deputati 5 stelle, convocata per mercoledì 27 novembre a Montecitorio. «Nessuna frizione particolare nel Movimento 5 stelle», ha cercato di rassicurare Di Maio, ma l'ennesima vampata di fuoco amico non si è fatta attendere. Il suo collega di partito e presidente della Camera, Roberto Fico, che fa parte della corrente più di sinistra del Movimento, ha lanciato la bomba: «Una riflessione sul capo politico?», ha replicato a un cronista a Napoli, dov'è intervenuto al congresso nazionale di Legambiente, commentando il voto sulla piattaforma Rousseau. «La riflessione dev'essere sul Movimento, sulla sua identità, sui progetti e sui programmi, è una riflessione vera a 360 gradi, su tutto». Invece il sottosegretario di Stato alla presidenza del consiglio dei ministri, Riccardo Fraccaro, da Parigi, ha spiegato senza mettersi né pro né contro la linea Di Maio, quanto «il Movimento 5 stelle debba ripensare sé stesso», dal momento che «ha fatto un percorso di dieci anni» e ora «bisogna ricostruire un nuovo percorso perché adesso ha raggiunto il suo obiettivo: andare al governo». Quindi, ha puntualizzato, «dobbiamo fare anche noi questi Stati generali del M5s» per costruire un percorso «sia al livello di governo che di forze politiche».
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Il leader M5s reagisce alla batosta di Rousseau: «Non possiamo asservire il Movimento alle logiche di governo». Nessuna alleanza con la ditta, solo con le liste civiche. Ma Roberto Fico lo mette sul banco degli imputati. E c'è chi chiede un nuovo voto online.Il Movimento 5 stelle si presenterà alle regionali, come hanno chiesto i militanti sulla piattaforma Rousseau, e correrà da solo. Il capo politico Luigi Di Maio, incassata la bocciatura della base sull'ipotesi di una «pausa di riflessione» prova a rilanciare: visto che «lo chiedono consiglieri e parlamentari», questa corsa dovrà essere senza alleanze, quindi tassativamente senza il Pd. Al massimo stringendo patti con le liste civiche.L'imbarazzo per lui è tanto, visto che all'interno del Movimento le spaccature sono più d'una e lo erano già prima di quest'ultimo voto online, su cui tra l'altro parecchi esponenti pentastellati hanno espresso critiche e perplessità, come da lui stesso spiegato su Facebook. I sì all'astensione dalla battaglia - lo ricordiamo - sono stati 8.025 (corrispondenti al 29,4% dei votanti), mentre i no 19.248 (il 70,6%), obbligando Di Maio al dribbling di giustificazioni: «Col voto di ieri (giovedì, ndr) il M5s ci ha detto che a Roma c'è il governo, ma sul territorio c'è il Movimento: e non possiamo asservire il M5s alle logiche del governo». Come annunciato dai coordinatori della campagna elettorale dei pentastellati per le regionali, il Movimento si presenterà con le liste civiche. Una scelta che mette in forte difficoltà il candidato dem in Emilia, Stefano Bonaccini, che ieri in mattinata ha infatti avvertito che, così facendo, «si fa un regalo alla destra» e soprattutto che i 5 stelle rischiano, a suo dire, di non toccare palla. Il ragionamento sotto gli occhi di tutti è che correndo da soli - e non in tandem con l'alleato di governo - i candidati grillini andrebbero a rosicchiare consenso al Pd e non certo alla destra di Matteo Salvini, rendendo la vita difficile allo stesso Bonaccini e al candidato in Calabria, Maurizio Talarico. Due giorni fa, uscendo dalla cena offerta dal premier, Giuseppe Conte, Di Maio ha rassicurato che: «Il voto alle regionali non avrà nessun impatto sul governo». Parole ribadite anche dal ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede: «Il governo andrà avanti in ogni caso». Staremo a vedere, ma una sconfitta in Emilia Romagna, regione rossa per eccellenza, porterebbe a una crisi nel Partito democratico con conseguenze sul segretario e, per l'effetto domino, sul governo di Giuseppi. Per questo al Nazareno da ieri si ragiona sull'ipotesi di far nascere un orientamento identico tra Pd e pezzi del Movimento 5 stelle contrari alla linea Di Maio con l'obiettivo di portare il capo politico grillino a confrontarsi sul programma di Bonaccini. Il tutto, nella flebile speranza che Beppe Grillo, precipitato a Roma per questa emergenza, possa incidere sul destino dell'alleanza. Ma all'interno del Movimento quanto è condivisa la linea di Di Maio della corsa in solitaria? In Emilia Romagna procedono i contatti tra Pd e gruppo consiliare M5s, con riscontri «migliori di quanto non accada a Roma», sostiene un esponente di alto rango del Pd nazionale. Tanto che i dirigenti dem in Emilia Romagna vedono, in queste ore, «una linea tra i consiglieri M5s favorevole a un eventuale voto online per decidere se allearsi o meno». Una posizione adottata anche da esponenti grillini di primo piano, come il vicepresidente del Parlamento europeo, Fabio Massimo Castaldo: «Io, in tutta sincerità, spiegando le implicazioni e presentandoci magari con delle progettualità chiare, lo avrei fatto decidere alla nostra base». E poi la spiegazione: «Perché qui il punto è che non si può demonizzare un'opzione a prescindere, si dovrebbe votare anche su questo». Una possibilità però, come abbiamo detto, categoricamente esclusa da Di Maio, che anzi, ha già fissato l'agenda post voto su Rousseau: «Lunedì mattina sarò in Calabria e in Emilia Romagna nel pomeriggio: iniziamo». Poi ha aggiunto: «Io come tutti gli altri ci mettiamo al servizio del progetto. Non so quanto prenderemo in queste regioni, ma lavoreremo per mettere qualche consigliere regionale nei Consigli». Nella sua strategia sembra ci sia anche una presa di posizione più aggressiva sul Mes, il Fondo salvastati: «Non vogliamo una riforma che stritoli il nostro Paese», le sue parole di ieri. Su questo argomento «c'è stata una buona riunione con il ministro dell'Economia e delle Finanze, Roberto Gualtieri: una riunione cordiale, senza tensioni, per la quale ringrazio il ministro». Del tema si parlerà nell'assemblea dei deputati 5 stelle, convocata per mercoledì 27 novembre a Montecitorio. «Nessuna frizione particolare nel Movimento 5 stelle», ha cercato di rassicurare Di Maio, ma l'ennesima vampata di fuoco amico non si è fatta attendere. Il suo collega di partito e presidente della Camera, Roberto Fico, che fa parte della corrente più di sinistra del Movimento, ha lanciato la bomba: «Una riflessione sul capo politico?», ha replicato a un cronista a Napoli, dov'è intervenuto al congresso nazionale di Legambiente, commentando il voto sulla piattaforma Rousseau. «La riflessione dev'essere sul Movimento, sulla sua identità, sui progetti e sui programmi, è una riflessione vera a 360 gradi, su tutto». Invece il sottosegretario di Stato alla presidenza del consiglio dei ministri, Riccardo Fraccaro, da Parigi, ha spiegato senza mettersi né pro né contro la linea Di Maio, quanto «il Movimento 5 stelle debba ripensare sé stesso», dal momento che «ha fatto un percorso di dieci anni» e ora «bisogna ricostruire un nuovo percorso perché adesso ha raggiunto il suo obiettivo: andare al governo». Quindi, ha puntualizzato, «dobbiamo fare anche noi questi Stati generali del M5s» per costruire un percorso «sia al livello di governo che di forze politiche».
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Secondo un’analisi della Fondazione Eni Enrico Mattei, la decarbonizzazione dell’auto europea stenta: le vendite elettriche sono ferme al 14%, le batterie e le infrastrutture sono arretrate. E mentre Germania e Italia spingono per una maggiore flessibilità, la Commissione europea valuta la revisione normativa.
La decarbonizzazione dell’automobile europea si trova a un bivio. Lo evidenzia un’analisi della Fondazione Eni Enrico Mattei, in un articolo dal titolo Revisione o avvitamento per la decarbonizzazione dell’automobile, che mette in luce le difficoltà del cosiddetto «pacchetto automotive» della Commissione europea e la possibile revisione anticipata del Regolamento Ue 2023/851, che prevede lo stop alle immatricolazioni di auto a combustione interna dal 2035.
Originariamente prevista per il 2026, la revisione del bando è stata anticipata dalle pressioni dell’industria, dal rallentamento del mercato delle auto elettriche e dai mutati equilibri politici in Europa. Germania e Italia, insieme ad altri Stati membri con una forte industria automobilistica, chiedono maggiore flessibilità per conciliare gli obiettivi ambientali con la realtà produttiva.
Il quadro che emerge è complesso. La domanda di veicoli elettrici cresce più lentamente del previsto, la produzione europea di batterie fatica a decollare, le infrastrutture di ricarica restano insufficienti e la concorrenza dei produttori extra-Ue, in particolare cinesi, si fa sempre più pressante. Nel frattempo, il parco auto europeo continua a invecchiare e la riduzione delle emissioni di CO₂ procede a ritmi inferiori alle aspettative.
I dati confermano il divario tra ambizioni e realtà. Nel 2024, meno del 14% delle nuove immatricolazioni nell’Ue a 27 è stata elettrica, mentre il mercato resta dominato dai motori tradizionali. L’utilizzo dell’energia elettrica nel settore dei trasporti stradali, pur in crescita, resta inferiore all’1%, rendendo molto sfidante l’obiettivo della neutralità climatica entro il 2050.
Secondo la Fondazione Eni Enrico Mattei, non è possibile ignorare l’andamento del mercato e le preferenze dei consumatori. Per ridurre le emissioni occorre che le nuove auto elettriche sostituiscano quelle endotermiche già in circolazione, cosa che al momento non sta avvenendo in Italia, seconda solo alla Germania per numero di veicoli.
«Ai 224 milioni di autovetture circolanti nel 2015 nell’Ue, negli ultimi nove anni se ne sono aggiunti oltre 29 milioni con motore a scoppio e poco più di 6 milioni elettriche. Valori che pongono interrogativi sulla strategia della sostituzione del parco circolante e sull’eventuale ruolo di biocarburanti e altre soluzioni», sottolinea Antonio Sileo, Programme Director del Programma Sustainable Mobility della Fondazione. «È necessario un confronto per valutare l’efficacia delle politiche europee e capire se l’Unione punti a una revisione pragmatica della strategia o a un ulteriore avvitamento normativo», conclude Sileo.
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Ecco #DimmiLaVerità del 15 novembre 2025. Con il senatore di Fdi Etel Sigismondi commentiamo l'edizione dei record di Atreju.
La risposta alla scoppiettante Atreju è stata una grigia assemblea piddina
Il tema di quest’anno, Angeli e Demoni, ha guidato il percorso visivo e narrativo dell’evento. Il manifesto ufficiale, firmato dal torinese Antonio Lapone, omaggia la Torino magica ed esoterica e il fumetto franco-belga. Nel visual, una cosplayer attraversa il confine tra luce e oscurità, tra bene e male, tra simboli antichi e cultura pop moderna, sfogliando un fumetto da cui si sprigiona luce bianca: un ponte tra tradizione e innovazione, tra arte e narrazione.
Fumettisti e illustratori sono stati il cuore pulsante dell’Oval: oltre 40 autori, tra cui il cinese Liang Azha e Lorenzo Pastrovicchio della scuderia Disney, hanno accolto il pubblico tra sketch e disegni personalizzati, conferenze e presentazioni. Primo Nero, fenomeno virale del web con oltre 400.000 follower, ha presentato il suo debutto editoriale con L’Inkredibile Primo Nero Show, mentre Sbam! e altre case editrici hanno ospitato esposizioni, reading e performance di autori come Giorgio Sommacal, Claudio Taurisano e Vince Ricotta, che ha anche suonato dal vivo.
Il cosplay ha confermato la sua centralità: più di 120 partecipanti si sono sfidati nella tappa italiana del Nordic Cosplay Championship, con Carlo Visintini vincitore e qualificato per la finale in Svezia. Parallelamente, il propmaking ha permesso di scoprire il lavoro artigianale dietro armi, elmi e oggetti scenici, rivelando la complessità della costruzione dei personaggi.
La musica ha attraversato generazioni e stili. La Battle of the Bands ha offerto uno spazio alle band emergenti, mentre le icone delle sigle tv, Giorgio Vanni e Cristina D’Avena, hanno trasformato l’Oval in un grande palco popolare, richiamando migliaia di fan. Non è mancato il K-pop, con workshop, esibizioni e karaoke coreano, che ha coinvolto i più giovani in una dimensione interattiva e partecipativa. La manifestazione ha integrato anche dimensioni educative e culturali. Il Dipartimento di Matematica dell’Università di Torino ha esplorato il ruolo della matematica nei fumetti, mostrando come concetti scientifici possano dialogare con la narrazione visiva. Lo chef Carlo Mele, alias Ojisan, ha illustrato la relazione tra cibo e animazione giapponese, trasformando piatti iconici degli anime in esperienze reali. Il pubblico ha potuto immergersi nella magia del Villaggio di Natale, quest’anno allestito nella Casa del Grinch, tra laboratori creativi, truccabimbi e la Christmas Elf Dance, mentre l’area games e l’area videogames hanno offerto tornei, postazioni libere e spazi dedicati a giochi indipendenti, modellismo e miniature, garantendo una partecipazione attiva e immersiva a tutte le età.
Con 28.000 visitatori in due giorni, Xmas Comics & Games conferma la propria crescita come festival della cultura pop, capace di unire creatività, spettacolo e narrazione, senza dimenticare la componente sociale e educativa. Tra fumetti, cosplay, musica e gioco, Torino è diventata il punto d’incontro per chi vuole vivere in prima persona il racconto pop contemporaneo, dove ogni linguaggio si intreccia e dialoga con gli altri, trasformando la fiera in una grande esperienza culturale condivisa.
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