
Il grillino si scusa per il caso Saraceni: «Le toglieremo il reddito di cittadinanza, ho già sentito Bonafede con cui ho scritto il testo». Tavolo con l'Inps per cambiare le norme. Nunzia Catalfo alla Camera: «Approfondiremo la compatibilità fra assegno e domiciliari».«Mettete fine a questa vergogna!»: il grido del deputato leghista Paolo Formentini risuona alto e forte alla Camera. È successo ieri mattina: Formentini era l'unico parlamentare del Carroccio presente in Aula, gli altri, come annunciato, sono rimasti fuori per protestare contro l'assegnazione del reddito di cittadinanza alla brigatista Federica Saraceni. «Sono qui da solo», ha scandito Formentini, «a rappresentare la Lega perché il mio partito non vuole partecipare ai lavori dell'Aula. Non tolleriamo che una brigatista condannata a 21 anni percepisca il reddito di cittadinanza. Mettete fine a questa vergogna!», ripete il parlamentare.Un vero e proprio corto circuito, quello provocato dalla scoperta della concessione del reddito di cittadinanza alla Saraceni, che mette nei guai innanzitutto il M5s. Furono i pentastellati, al momento di varare il loro provvedimento bandiera, a mettere fretta all'allora alleato leghista. Fu il M5s a fare di tutto affinché l'assegno arrivasse ai beneficiari in concomitanza con le elezioni europee dello scorso 26 maggio. Ed è disarmante osservare l'ex ministro del Lavoro, Luigi Di Maio, pasdaran dell'erogazione frettolosa del sussidio, mettere nei guai il suo successore, una fedelissima come Nunzia Catalfo, con dichiarazioni propagandistiche alle quali sarà difficile dare immediato seguito. «Abbiamo impedito di accedere al reddito se sei ai domiciliari o in misura cautelare», ha proclamato Di Maio su Facebook, pur sapendo che la Saraceni si trova proprio ai domiciliari, «è una questione di giustizia. Se vale per le misure cautelari figuriamoci se non deve valere per una persona che è stata condannata e sta scontando parte della pena ai domiciliari. Non lo possiamo permettere. Il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, mi ha detto che forse non c'è bisogno di una legge ma se dovesse servire presenteremo un emendamento a uno dei tanti decreti che abbiamo in Parlamento e blocchiamo il reddito di cittadinanza a questa brigatista». E ha aggiunto: «Ho sentito Bonafede, con cui avevamo scritto le norme». Parole, parole parole. Fiumi di parole. I fatti? Zero, almeno per ora. Quando ieri alla Camera si è presentata la Catalfo per rispondere al question time a un'interrogazione di Forza Italia per escludere dall'accesso al reddito di cittadinanza i condannati per gravi delitti, anche alla luce del caso Saraceni, la sensazione che l'attuale ministro del Lavoro sia in enorme difficoltà è stata evidente. «Federica Saraceni», ha ricostruito la Catalfo, «al momento sottoposta al regime di detenzione domiciliare speciale, aveva già avuto accesso al reddito di inclusione, per una somma pari a 461 euro mensili, prima ancora che in Italia venisse introdotto il reddito di cittadinanza, che è una misura più restrittiva nell'accesso per coloro che hanno subito condanne per delitti di particolare gravità».Il ministro ha snocciolato una sfilza di commi, controcommi e cavilli; il suo discorso è stato fumoso, tipico dei momenti di imbarazzo. «Il comma 3 dall'articolo 7 della legge istitutiva del reddito di cittadinanza», ha detto la Catalfo, «individua infatti, tra le fattispecie penali che escludono il diritto alla percezione del beneficio, la condanna in via definitiva per i reati di associazione con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell'ordine democratico, di attentato per finalità terroristiche o di eversione, di sequestro di persona a scopo di terrorismo o eversione, di associazione di tipo mafioso, di scambio elettorale politico mafioso e altri, nonché per i delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall'articolo 416 bis del codice penale. Compito del legislatore», ha argomentato la Catalfo, «è quello di garantire una normativa che rappresenti il giusto punto di equilibrio per tutti i cittadini, dotata di quella generalità e astrattezza capace di prescindere dalle peculiarità dei casi specifici».Di Maio ha detto: «Toglieremo il reddito alla Saraceni», ma la sensazione è che la Catalfo non sappia come fare, rischiando di diventare, agli occhi degli italiani, la responsabile dell'eventuale mancata revoca del sussidio alla brigatista: «Dagli elementi acquisiti dal ministero della Giustizia», ha proseguito Nunzia Catalfo, «è emerso che la Saraceni è sottoposta a un regime di detenzione domiciliare speciale, comminato dall'autorità giudiziaria in quanto responsabile, tra gli altri, del delitto di attentato per finalità terroristiche (articolo 280 del codice penale). Questo regime si configura come una particolare modalità di esecuzione della pena, la cui compatibilità con l'attività lavorativa prevista dal reddito di cittadinanza è oggetto di approfondimento. Conclusa questa seduta di sindacato ispettivo», ha sottolineato ancora la Catalfo, «tornerò al ministero del Lavoro per coordinare, di concerto con il ministero della Giustizia e l'Inps, l'apposito tavolo tecnico per garantire una pronta risposta, anche normativa, per questa vicenda e per tutti quei casi analoghi che potrebbero verificarsi, sia pure nel doveroso rispetto della cornice costituzionale».
L' Altro Picasso, allestimento della mostra, Aosta. Ph: S. Venturini
Al Museo Archeologico Regionale di Aosta una mostra (sino al 19 ottobre 2025) che ripercorre la vita e le opere di Pablo Picasso svelando le profonde influenze che ebbero sulla sua arte le sue origini e le tradizioni familiari. Un’esposizione affascinante, fra ceramiche, incisioni, design scenografico e le varie tecniche artistiche utilizzate dall’inarrivabile genio spagnolo.
Jose Mourinho (Getty Images)
Con l’esonero dal Fenerbahce, si è chiusa la sua parentesi da «Special One». Ma come in ogni suo divorzio calcistico, ha incassato una ricca buonuscita. In campo era un fiasco, in panchina un asso. Amava avere molti nemici. Anche se uno tentò di accoltellarlo.