2018-07-26
Dg Rai, il conflitto di interessi blocca Salini
Per il Carroccio l'ex ad di Fox è troppo legato a Matteo Renzi. Giovanni Minoli torna in corsa per la presidenzaÈ una strada tortuosa quella che porta alle nomine del presidente e del direttore generale della Rai. Lo sanno bene a Palazzo Chigi, dove il governo non è riuscito ancora a trovare la quadra su chi prenderà il posto di Monica Maggioni e quello di Mario Orfeo. Martedì sera, durante una riunione tra il premier, il ministro dell'Interno Matteo Salvini e il ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio, sembrava fatta per Fabrizio Salini nel ruolo di direttore generale. Eppure anche in questo caso la fumata bianca non c'è stata. Dentro il Carroccio si mormora che l'ex direttore di La7 sia troppo vicino all'ex segretario del Pd Matteo Renzi. I leghisti non hanno torto. E, nonostante l'appoggio di Di Maio e del ministro dell'Economia Giovanni Tria, continuano a fare muro. Di Salini si sa che lavora con Simona Ercolani, moglie dell'ex giornalista dell'ultima Unità renziana Fabrizio Rondolino, nella casa di produzione Stand by me. Ma c'è di più. Perché il già amministratore delegato di Fox international channel Italy non è un semplice collaboratore della Ercolani. È socio al 5% dell'azienda, che in questi anni ha seguito anche la Leopolda oltre ad aver prodotto Adesso Sì, un documentario andato in onda su Rai 2 lo scorso anno su quattro coppie omosessuali che commentavano l'approvazione della legge sulle unioni civili del governo Renzi. È evidente che se Salini dovesse essere nominato venerdì durante il consiglio dei ministri dovrebbe per legge lasciare le quote della società. Ma in Parlamento c'è già chi si domanda se non ci possa essere comunque un conflitto di interesse. La nomina del dg va a toccare quella del presidente. Ieri è tornato in auge Fabrizio Del Noce, lo ha lanciato il Fatto Quotidiano. Ma allo stesso tempo in queste ore è tornato forte il nome del giornalista Giovanni Minoli, anche lui molto stimato sia dalla Lega sia dai 5 stelle come quello del veronese Gianmarco Mazzi, già direttore artistico di Sanremo. In ogni caso, il nuovo presidente, dopo essere stato indicato dal Consiglio dei ministri, dovrà affrontare le forche caudine della vigilanza Rai mercoledì prossimo. Le due nomine cardine di viale Mazzini vanno a ricadere su quelle dei nuovi direttori dei telegiornali di Rai 1, Rai 2 e Rai 3. La casella più sicura appare la terza, dove potrebbe arrivare come direttore del Tg3 Alberto Matano e come vice Claudia Mazzola, da tempo esperta del mondo pentastellato e già nominata nel cda. Al Tg1 continua a circolare con forza il nome del direttore del Fattoquotidiano.it, Peter Gomez, mentre al Tg2 girano sempre i nomi di Gennaro Sangiuliano, ora vicedirettore del Tg1 e quello di Mario Giordano, autorevole firma della Verità. Nel frattempo sono ancora in alto mare le nomine sul pacchetto energia, ovvero Gse (Gestore dei servizi energetici) e Arera (Autorità di regolazione per energia reti e ambiente). La prima riunisce oggi l'assemblea. Ma anche qui l'accordo non c'è nel governo gialloblù, tanto che ieri si vociferava di un rinvio tecnico della riunione per nominare il nuovo presidente. Non a caso le parole di Di Maio al convegno Anev-Elettricità futura, («Questa settimana individueremo i vertici del Gse e dell'Autorità per l'energia e ci metteremo al lavoro per riuscire a far diventare questo Paese al 100% rinnovabile»), hanno provato a stemperare le tensioni che però continuano. Su Gse il nome è sempre quello di Luca Del Fabbro di Terna. Più ingarbugliata Arera, dove anche il Pd deve nominare un suo uomo. Ma qui è importante il voto nelle commissioni parlamentari, industria e ambiente, dove la maggioranza balla. La spartizione in Arera sarà di due al M5s, uno alla Lega - probabile Gianni Castelli , già in A2a -, uno a Fi - forse Andrea Gilardoni, direttore Agici - e uno appunto al Pd.
Mario Draghi e Ursula von der Leyen (Ansa)
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L’AIE cambia idea, niente picco di domanda. Tassonomia Ue, gas e nucleare restano. Stagione atlantica avara di uragani. La Germania chiede più quote di emissione. Cina in ritardo sul Net Zero. Maxi-diga in Etiopia.