2021-02-01
Sovranità: spetta al popolo certo non al Colle
Il Fatto quotidiano, organo ufficiale di Giuseppe Conte, ieri ci ha informati che il capo dello Stato ha opzionato per sé almeno sei ministri, più il commissario all'emergenza coronavirus. Secondo il quotidiano diretto da Marco Travaglio, la nascita del nuovo governo non potrebbe infatti prescindere dalla conferma nel loro incarico di Roberto Gualtieri, Luciana Lamorgese, Luigi Di Maio, Lorenzo Guerini, Enzo Amendola e Roberto Speranza. Quest'ultimo però si porterebbe appresso, come inevitabile conseguenza, anche Domenico Arcuri, suo principale collaboratore: con il risultato che prendi uno, ma te ne ritrovi due, entrambi in quota D'Alema, il vero ispiratore dell'esecutivo dimissionario.Ovviamente, non abbiamo motivo di dubitare dell'informazione fornita dal Fatto. Se il giornale di casa a Palazzo Chigi scrive che Sergio Mattarella ritiene imprescindibile la presenza al ministero degli Esteri di uno statista del calibro di Giggino Di Maio, non c'è ragione di non credere alla fondatezza della notizia. Così come non si può mettere in dubbio il prestigio indiscusso di Roberto Speranza, il quale già a settembre era talmente certo di aver sconfitto il virus da scriverci un libro, volume poi ritirato e, immaginiamo, mandato al macero alle prime avvisaglie della seconda ondata dell'epidemia, quella cioè di cui il ministro della Salute, mentre era intento a correggere le bozze del testo di suo pugno, non si era accorto che fosse arrivata.Ma il tema non sono le qualità indiscusse, oltre che del plenipotenziario agli Esteri e del mini potenziato alla Salute, di un prestigioso storico del marxismo prestato all'Economia come Roberto Gualtieri. Né la competenza e l'autorevolezza di un manager per tutte le stagioni e tutti gli incarichi come Domenico Arcuri. La questione semmai è perché il presidente della Repubblica debba blindare sei ministri e un commissario straordinario ritenendo che, al variare di maggioranza e forse perfino del presidente del Consiglio, questi signori non debbano variare. Già ieri segnalavamo l'assoluta irritualità, nei Paesi cosiddetti democratici, di governi non eletti dal popolo. In Europa, fatta eccezione per pochi mesi in Grecia durante la crisi economico finanziaria del 2009, non c'è traccia di esecutivi imposti dall'alto e non frutto di regolari elezioni. Né, negli annali della politica internazionale, si trova riscontro di governi del presidente, dove questi rispondano agli ordini e ai gusti di un capo dello Stato che non sia stato scelto dal popolo. È vero, in Francia il premier è designato dall'inquilino dell'Eliseo, ma questi a sua volta è eletto dai francesi, non da un comitato ristretto denominato Parlamento, che decide in base a calcoli ed equilibri spesso lontani dagli umori degli italiani. Altrettanto, nei Paesi occidentali, non esiste la formula dei governi istituzionali, ovvero di esecutivi che ancora una volta non siano scaturiti dalle urne. Insomma, a norma di Costituzione, la sovranità spetta al popolo e non al capo dello Stato, il quale rappresenta l'unità della Nazione, non l'unico che deve decidere.Già ci riesce difficile comprendere perché, in assenza di una maggioranza, il presidente della Repubblica non abbia deciso di sciogliere le Camere, prendendo atto che non esistevano più i presupposti per dare vita a un esecutivo. Non capiamo inoltre perché il Quirinale abbia affidato a Roberto Fico, ovvero alla terza carica dello Stato, un mandato esplorativo che, fin dalle sue prime battute, ha come unico motivo non quello di affidare al medesimo il compito di formare un nuovo governo, ma solo di prendere tre o quattro giorni di tempo senza decidere, proprio come è già accaduto in passato. A maggior ragione, visto che non riusciamo a intuire perché l'uomo che rappresenta gli interessi nazionali non abbia dato un taglio alle manfrine politiche, ci riesce impossibile accettare che il Colle si accaparri questo o quel ministero, decidendo fuori dalle regole costituzionali chi debba far parte dell'esecutivo. Nel corso degli anni, i presidenti della Repubblica hanno spesso esondato dal loro ruolo, occupando spazi che la Costituzione non gli consente. Probabilmente, lo hanno fatto per la debolezza della politica, ma qualche volta anche perché hanno interpretato una sola parte politica. Noi non siamo, in linea di principio, contrari a una Repubblica presidenziale in stile francese. Ma a deciderlo non possono essere i vari Napolitano o Mattarella. A stabilirlo devono essere gli italiani. I quali possono scegliersi Napolitano o Mattarella, ma passando dalle urne. Non dalla convenienza di questo o quel leader politico pro tempore. Se si vuole un capo dello Stato che fa e disfa i governi, si cambi la Costituzione, ma la si rispetti nella parte in cui riconosce che la sovranità appartiene al popolo e non ai compagni, che si chiamino D'Alema, Renzi o Zingaretti.
Emmanuel Macron (Getty Images). Nel riquadro Virginie Joron
content.jwplatform.com
L'evento organizzato dal quotidiano La Verità per fare il punto sulle prospettive della transizione energetica. Sul palco con il direttore Maurizio Belpietro e il vicedirettore Giuliano Zulin, il ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana, il presidente di Ascopiave Nicola Cecconato, il direttore Ingegneria e realizzazione di Progetto Terna Maria Rosaria Guarniere, l'Head of Esg Stakeholders & Just Transition Enel Maria Cristina Papetti, il Group Head of Soutainability Business Integration Generali Leonardo Meoli, il Project Engineering Director Barilla Nicola Perizzolo, il Group Quality & Soutainability Director BF Spa Marzia Ravanelli, il direttore generale di Renexia Riccardo Toto e il presidente di Generalfinance, Boconi University Professor of Corporate Finance Maurizio Dallocchio.
Kim Jong-un (Getty Images)