2019-06-18
Deutsche si prepara alla bad bank. Per la Vigilanza è la prova del nove
Il colosso teutonico deve liberarsi di 50 miliardi di titoli a rischio. Ma la partita è politica.Riflettori puntati ancora una volta su Deutsche Bank. Nessuna novità, piuttosto l'ennesima conferma della perenne agitazione che regna nel comparto bancario tedesco. Nella giornata di domenica l'autorevole Financial Times, citando fonti interne all'azienda, ha rivelato la volontà da parte dei vertici dell'istituto più grande del Paese di costituire una bad bank. Una sorta di refugium peccatorum nel quale riversare 50 miliardi di euro di attività a rischio, compresi gli ormai celeberrimi derivati. La mossa farebbe parte di un imponente piano di ristrutturazione volto a ridimensionare fortemente le attività di trading che la banca tedesca svolge oltreoceano. Ovviamente al momento si tratta solo di voci di corridoio, ma le fonti citate dal quotidiano economico riferiscono che il ad, Christian Sewing, sarebbe pronto ad annunciare le novità nel corso della riunione con gli analisti in programma per fine luglio. Due mesi dopo il mancato matrimonio con Commerzbank, dunque, Deutsche torna alla ribalta delle cronache.La stessa stampa tedesca parla senza mezzi termini di un'operazione di pulizia finalizzata a «coprire i rischi» e «sbarazzarsi di miliardi di euro di titoli» vecchi e rischiosi che la banca si trascina ormai da anni. La vera incognita però è rappresentata dalla modalità con la quale l'istituto di Francoforte intende realizzare concretamente la maxi operazione di segregazione dei titoli sgraditi. E una volta messa in atto l'iniziativa, sarà davvero curioso capire l'approccio nei confronti di Deutsche da parte della Vigilanza bancaria europea, di cui l'italiano Andrea Enria è capo dal 2018. Contattato dalla Verità, un portavoce della filiale italiana di Deutsche Bank conferma la linea ufficiale precisando che in realtà nessuna decisione è stata ancora presa, e che più che di bad bank sarebbe opportuno nel caso parlare di «non core unit». Una riedizione dell'operazione che la banca tedesca mise in piedi nel novembre del 2012 delocalizzando 125 miliardi di euro di crediti con il dichiarato intento di «ridurre i rischi non collegati alla sua strategia futura pianificata, riducendo in tal modo la necessità di capitali». La divisione venne poi smantellata nel 2016 dopo che la direzione appurò che aveva svolto il proprio compito. Un'altra strada percorribile è quella della garanzia statale sulla cartolarizzazione delle sofferenze (Gacs), tramite la quale lo stock di crediti deteriorati viene trasformato in titoli negoziabili sul mercato a seconda del profilo di rischio associato alle tranche. La cessione dei crediti, da effettuare verso una società veicolo, ha il vantaggio della garanzia dello Stato operante sulla tranche senior e, soprattutto, l'ok preventivo da parte delle autorità europee. Ma visto il precedente della tentata fusione con Commerzbank, non è da escludere nemmeno un intervento più deciso del governo federale. Non bisogna dimenticare, infatti, che il ministro delle Finanze, Olaf Scholz, è da sempre un tifoso della nascita di un «campione» bancario tedesco, e ha persino spinto nelle prime battute del negoziato per un ingresso di Berlino nell'azionariato di Deutsche.Da qualunque lato la si guardi, la questione è molto più politica che tecnica. Se il mese prossimo Christian Sewing dovesse annunciare il varo della bad bank, quali passi farà il regolatore? Gli altri Stati europei avranno il coraggio di lamentarsi della manovra con la stessa forza con la quale la Germania protesta nei confronti della normativa della concorrenza? Nell'attesa di vedere ciò che accadrà, arrivano le prime reazioni negative dagli Stati Uniti. «È incredibile», si legge su Forbes, «che a Deutsche Bank sia stato consentito di operare negli Stati Uniti» nonostante il suo management abbia fatto sì che la banca fosse «coinvolta in numerose operazioni di riciclaggio, deboli controlli, manipolazioni del mercato e scandali legati alle frodi». Difficile credere, alla luce di queste parole, che Washington consenta a Deutsche di chiudere bottega senza che prima sistemi i conti con i problemi del passato.
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)