2023-06-08
Dei poliziotti mi fido, dei giornalisti molto meno
A indagare per mesi sugli agenti torturatori, e poi a incastrarli, sono stati proprio i loro colleghi. Altro che spirito di casta e omertà come ha scritto ieri la stampa di sinistra. Invece questi difetti sono tipici di molti giornalisti. E lo dimostra il caso «Espresso».Lo so che magari sembrerà strano, ma oggi io ho più fiducia nei poliziotti di quanta ne avessi qualche giorno fa. Dopo aver letto fino in fondo quello che è successo a Verona sono ancora più convinto che i nostri poliziotti, più in generale: le nostre forze dell’ordine, sono sani, forti e degni di ogni nostra fiducia. Si capisce: ogni tanto qualcuno di loro sbaglia. In ogni consesso umano c’è chi sbaglia. C’è nelle redazioni dei giornali, nelle università, nei partiti politici, negli ospedali. La differenza è che chi sbaglia nelle redazioni dei giornali o nelle università o nei partiti politici o negli ospedali viene coperto dai suoi colleghi. Prevale lo spirito di casta. O di corpo. Qui invece no. Nessuno spirito di casta. Nessuno spirito di corpo. I poliziotti sono stati incastrati dai loro colleghi. Hanno indagato per nove mesi, da luglio a marzo. Hanno messo in campo intercettazioni, accertamenti, tutto quel che serviva. Hanno scavato. Hanno verificato tutto. E sono arrivati al punto: cinque persone arrestate, 18 indagate. E un’altra ventina trasferita, anche se non aveva fatto niente, a scopo precauzionale. È stata la Polizia a far emergere il marcio della Polizia. Senza tacere niente. Senza coprire niente. Siamo sicuri che i giornalisti, i politici e gli editorialisti che puntano il dito contro le persone in divisa sappiano fare lo stesso quando a sbagliare sono i loro colleghi? Oggi ho più fiducia nei poliziotti di quanta ne avessi qualche giorno fa perché non è vero come dice Ilaria Cucchi che c’è «un vero e proprio sistema per coprire responsabilità e allontanare i sospetti». Qui nessuno ha coperto responsabilità, nessuno ha allontanato i sospetti. E non è vero come scrive Carlo Bonini su Repubblica che la «Questura è stata un centro di tortura con insegne di Stato» dove «si dorme». La Questura non era un «centro di torture» e non è la Polizia che tortura. Al massimo lo fa qualche poliziotto. Che sbaglia. E che viene individuato. Da chi? Da altri poliziotti. Che fanno tutt’altro che dormire. Forse dormiva Bonini quando il suo gruppo editoriale montava paginate e paginate sul caso Metropol: forse non si è accorto che era una bufala costruita sul nulla e con la complicità dei massoni della peggior specie. Se avesse avuto la stessa voglia di indagare in casa sua che hanno avuto i poliziotti di Verona forse avrebbe evitato ai colleghi una brutta figura. Invece no: lui dormiva. Alla Questura di Verona, al contrario, sono stati sempre ben svegli.È per questo che io oggi ho ancora più fiducia nei poliziotti di quanta ne avessi qualche giorno fa. Le imprese dell’agente Alessandro Migliore fanno ovviamente schifo. E quelle dei suoi complici pure. Non è accettabile trattare in quel modo nessuno, non è accettabile malmenare e orinare su chi è fermato, non è accettabile intrattenere relazioni pericolose con i trafficanti albanesi, etc. Ma tutto questo è venuto fuori perché i poliziotti lo hanno scoperto con una indagine durata nove mesi. Quale altra categoria, di recente, ha avuto tanto coraggio nell’autodenunciarsi? Ci sono fior di inchieste sulle malefatte dei professori universitari: quasi nessuna è partita dai colleghi. Tendono sempre a coprirsi. Ci sono fior di denunce sulle malefatte dei politici: quasi nessuna è partita dai colleghi di partito. Tendono sempre a coprirsi. Non parliamo dei magistrati. Dei giornalisti abbiamo detto (vero Tizian? Vero Damilano?). Ovunque prevale lo spirito di corpo, o meglio di casta. I poliziotti di Verona invece sono stati implacabili con i colleghi. Non a caso la Procura non ha esitato ad assegnare loro le indagini: Se ha avuto fiducia la Procura, perché non dovremmo averla noi? Mi viene da ridere quando sento parlare di «emergenza democratica di forze dell’ordine». Mi viene da ridere quando sento parlare di «contagio della cultura autoritaria, xenofoba e refrattaria ai diritti che percorre gli uomini e le donne chiamati a difendere la sicurezza». Mi viene da ridere perché mai come in questo periodo le forze dell’ordine sono messe in un angolo, in difficoltà, soverchiate dalla criminalità dilagante, osteggiate da un’opinione pubblica quanto mai sospettosa, depotenziate dalle leggi e dalla giustizia (che privilegiano sempre i criminali), costrette a rincorrere delinquenti senza mezzi, senza protezioni, senza tutela, e con la certezza che se arrestano qualcuno, quello il giorno dopo torna libero. Le chiamiamo forze dell’ordine ma di forze ne hanno sempre meno. Eppure che cosa si chiede oggi, montando la polemica sui fatti di Verona? Di limitare ancora la loro azione, di identificarli con codici personali e bodycam sui caschi in modo che siano sempre più controllabili. Come se fossero le forze dell’ordine a dover essere controllate. E non i delinquenti. E invece io penso che non ci sia bisogno di controllare le forze dell’ordine perché sanno controllarsi benissimo da sole, proprio come hanno dimostrato a Verona. Lo dico anche a quei colleghi di Repubblica che appena sentono la parola Verona si eccitano come se si trovassero davanti a un covo del Ku Klux Klan. Ricordate quando Paolo Berizzi disse che l’alluvione era la giusta punizione per una città razzista? Ecco adesso dice che questo episodio si «inserisce nella cornice di intolleranza che in città si respira da anni». Per questo il suo giornale dedica al fatto cinque pagine, manco fosse lo sbarco su Marte. E sovrasta il tutto con un titolo ad effetto: «Botte e umiliazioni dagli agenti violenti. Il metodo Verona». Il metodo Verona? Cioè a Verona si insegnano botte e umiliazioni? Come metodo? In tutta la città? Nessuno escluso? Ma scusate: quella non era diventata la città del civile e democratico e progressista Damiano Tommasi? Non ce l’avete menata per settimane con il «metodo Tommasi»? E com’è che adesso il bellissimo «metodo Tommasi» è ritornato l’orrendo «metodo Verona»? Come funziona il razzismo sotto l’Arena? A targhe alterne? Come il traffico? Scusate se insisto ma più vi leggo e più mi convinco che non sbaglio: oggi posso fidarmi dei poliziotti molto più di quanto mi fidassi qualche giorno fa. Soprattutto posso fidarmi di loro molto più di quanto mi fidi dei giornalisti.
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.