
Aumentano in America le prese di posizione di chi non derubrica le accuse dell'ex nunzio Carlo Maria Viganò a semplici «beghe di palazzo». E su un sito si sussurra che il Vaticano potrebbe rispondere nei prossimi giorni.«Le preoccupazioni sollevate dall'ex nunzio, l'arcivescovo Carlo Maria Viganò, sono serie e richiedono una risposta onesta e trasparente». È la dichiarazione ufficiale del vescovo di Sacramento (California), monsignor Jaime Soto, a proposito della crisi innescata dal memoriale Viganò, soprattutto nella Chiesa statunitense. In due righe c'è riassunta la posizione di buona parte dei vescovi statunitensi, a cui si deve aggiungere la richiesta formulata al papa da monsignor Charles Chaput, arcivescovo di Philadelpia, di annullare il prossimo sinodo sui giovani previsto per il prossimo ottobre.«L'ho invitato a cancellare il prossimo sinodo sui giovani», ha detto Chaput lo scorso 30 agosto intervenendo durante un incontro al seminario San Carlo Borromeo. «In questo momento, i vescovi non avrebbero assolutamente alcuna credibilità nell'affrontare questo argomento». Si noti che monsignor Chaput non è un prelato qualsiasi, ma fa parte della segreteria generale del sinodo dei vescovi della Chiesa cattolica in qualità di membro eletto dai padri sinodali. È bene sottolinearlo perché alle nostre latitudini, e più in generale fuori dagli Stati Uniti, i grandi mass media hanno derubricato la persona e il memoriale di Viganò alla voce «beghe di palazzo» e guerre intestine alla Chiesa tra «conservatori» e «progressisti».Ma quanto sta accadendo nella Chiesa americana, vero epicentro di tutta la storia, ci mostra una realtà più complessa e che indica come la parola «fine» sia ancora lontana. Negli Stati Uniti bisogna registrare che per molti vescovi, non giornalisti o commentatori, ma successori degli apostoli, le testimonianze di Viganò non «parlano da sé», né debbono essere interpretate dai soli giornalisti, ma devono essere prese sul serio e indagate. «Questo è l'ex nunzio apostolico negli Stati Uniti...», ha detto in un video il vescovo ausiliare di Los Angeles, Robert Bannon, e «sta facendo alcune affermazioni serie, e direi di esaminarle. Diamo un'occhiata onesta e obiettiva a ciò che viene affermato».Molte dichiarazioni pubbliche dei vescovi Usa si rifanno a quanto espresso in modo ufficiale dal presidente dei vescovi americani, il cardinale Daniel DiNardo, il quale sostanzialmente ha scritto che bisogna prendere sul serio il memoriale Viganò per fare chiarezza. «Nella mia esperienza, l'arcivescovo Viganò, durante il suo mandato come nunzio apostolico, era un uomo integro», ha detto venerdì monsignor Joseph Naumann di Kansas City. Perciò anche lui chiede di «fare tutto il possibile per accertare la verità». La situazione, ha scritto Naumann, «rende ancora più indispensabile abbracciare l'impegno del cardinale DiNardo a perseguire la verità sul perché McCarrick sia stato autorizzato a continuare a esercitare il ministero pubblico, e continuare a stare nel collegio cardinalizio, quando erano già noti la sua cattiva condotta sessuale e il suo abuso di potere».Durante la scorsa settimana si erano già espressi in tal senso monsignor David Konderla di Tulsa, Thomas Olmsted di Phoenix, Joseph Strickland di Tyler, Robert Morlino di Madison, Salvatore Cordileone di San Francisco. Monsignor John Paprocki, vescovo di Springfield, aveva addirittura detto direttamente che la risposta data dal Papa sull'aereo di ritorno da Dublino «non è adeguata», ma «Francesco, i funzionari vaticani e l'attuale nunzio apostolico dovrebbero rendere pubblici i file pertinenti che indicano chi sapeva cosa e quando sull'arcivescovo (ex cardinale) McCarrick».Ci sono personalità della Chiesa americana che si sono schierate contro le rivelazioni di Viganò: si tratta di prelati in qualche modo legati all'ex cardinale McCarrick, come l'attuale arcivescovo di Washington, cardinale Donald Wuerl, e il vescovo di Chicago, cardinale Blase Cupich. Fra questi c'è anche il cardinale Joseph Tobin di Newark, il quale venerdì avrebbe rivelato a un giornalista del North Jersey Record che, subito dopo essersi insediato a Newark nel 2017, «ha sentito voci sulla casa al mare di McCarrick (quella in cui l'ex cardinale invitava giovani seminaristi, ndr), ma non si è mai preso la briga di controllarle perché le riteneva “incredibili"». McCarrick è stato anche vescovo di Newark fra il 1986 e il 2000.La spaccatura tra i successori degli apostoli negli Stati Uniti è un'evidenza tale per cui anche il Wall Street Jjournal ha titolato: «I vescovi degli Stati Uniti sono divisi in un modo raramente visto in pubblico». Questo dato di fatto contrasta rispetto a certe letture di solerti vaticanisti impegnati nell'operazione di ermeneutica sul testo di Viganò, a meno di non prendere atto del fatto che a taluni giornalisti viene attribuito un peso specifico di interpretazione superiore ai successori degli apostoli.Intanto ieri sera il sito para vaticano Il Sismografo, diretto da Luis Badilla, ha lanciato un sussurro su di una possibile risposta del Vaticano al dossier Viganò, nei prossimi giorni. Non sappiamo se e come arriverà questa risposta, di certo la Chiesa statunitense non si accontenterà di quelle fornite dai giornalisti e da alcuni collaboratori del Papa.
Lirio Abbata (Ansa)
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(Stellantis)
Nel 2026 il marchio tornerà a competere nella massima categoria rally, dopo oltre 30 anni di assenza, con la Ypsilon Rally2 HF. La storia dei trionfi del passato dalla Fulvia Coupé alla Stratos alla Delta.
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Lo ha annunciato uno dei protagonisti degli anni d'oro della casa di Chivasso, Miki Biasion, assieme al ceo Luca Napolitano e al direttore sportivo Eugenio Franzetti: la Lancia, assente dal 1992 dalla massima categoria rallystica, tornerà protagonista nel campionato Wrc con la Ypsilon Rally2 HF. La gara d'esordio sarà il mitico rally di Monte Carlo, in programma dal 22 al 26 gennaio 2026.
Lancia è stata per oltre quarant’anni sinonimo di vittoria nei mondiali di Rally. Un dominio quasi senza rivali, partito all’inizio degli anni Cinquanta e terminato con il ritiro dalle competizioni all’inizio degli anni Novanta.
Nel primo dopoguerra, la casa di Chivasso era presente praticamente in tutte le competizioni nelle diverse specialità: Formula 1, Targa Florio, Mille Miglia e Carrera. All’inizio degli anni ’50 la Lancia cominciò l’avventura nel circo dei Rally con l’Aurelia B20, che nel 1954 vinse il rally dell’Acropoli con il pilota francese Louis Chiron, successo replicato quattro anni più tardi a Monte Carlo, dove al volante dell’Aurelia trionfò l’ex pilota di formula 1 Gigi Villoresi.
I successi portarono alla costituzione della squadra corse dedicata ai rally, fondata da Cesare Fiorio nel 1960 e caratterizzata dalla sigla HF (High Fidelity, dove «Fidelity» stava alla fedeltà al marchio), il cui logo era un elefantino stilizzato. Alla fine degli anni ’60 iniziarono i grandi successi con la Fulvia Coupè HF guidata da Sandro Munari, che nel 1967 ottenne la prima vittoria al Tour de Corse. Nato ufficialmente nel 1970, il Mondiale rally vide da subito la Lancia come una delle marche protagoniste. Il trionfo arrivò sempre con la Fulvia 1.6 Coupé HF grazie al trio Munari-Lampinen-Ballestrieri nel Mondiale 1972.
L’anno successivo fu presentata la Lancia Stratos, pensata specificamente per i rallye, la prima non derivata da vetture di serie con la Lancia entrata nel gruppo Fiat, sotto il cui cofano posteriore ruggiva un motore 6 cilindri derivato da quello della Ferrari Dino. Dopo un esordio difficile, la nuova Lancia esplose, tanto da essere definita la «bestia da battere» dagli avversari. Vinse tre mondiali di fila nel 1974, 1975 e 1976 con Munari ancora protagonista assieme ai navigatori Mannucci e Maiga.
A cavallo tra i due decenni ’70 e ’80 la dirigenza sportiva Fiat decise per un momentaneo disimpegno di Lancia nei Rally, la cui vettura di punta del gruppo era all’epoca la 131 Abarth Rally.
Nel 1982 fu la volta di una vettura nuova con il marchio dell’elefantino, la 037, con la quale Lancia tornò a trionfare dopo il ritiro della casa madre Fiat dalle corse. Con Walter Röhrl e Markku Alèn la 037 vinse il Mondiale marche del 1983 contro le più potenti Audi Quattro a trazione integrale.
Ma la Lancia che in assoluto vinse di più fu la Delta, che esordì nel 1985 nella versione speciale S4 sovralimentata (S) a trazione integrale (4) pilotata dalle coppie Toivonen-Wilson e Alen-Kivimaki. Proprio durante quella stagione, la S4 fu protagonista di un drammatico incidente dove morì Henri Toivonen assieme al navigatore Sergio Cresto durante il Tour de Corse. Per una questione di giustizia sportiva il titolo piloti fu tolto alla Lancia alla fine della stagione a favore di Peugeot, che era stata accusata di aver modificato irregolarmente le sue 205 Gti.
L’anno successivo esordì la Delta HF 4WD, che non ebbe rivali con le nuove regole del gruppo A: fu un dominio assoluto anche per gli anni successivi, dove la Delta, poi diventata HF Integrale, conquistò 6 mondiali di fila dal 1987 al 1992 con Juha Kankkunen e Miki Biasion. Lancia si ritirò ufficialmente dal mondo dei rally nel 1991 L’ultimo mondiale fu vinto l’anno successivo dal Jolly Club, una scuderia privata appoggiata dalla casa di Chivasso.
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