
Esordio flop per i rimborsi del 10 per cento delle spese effettuate con carta di credito. «Troppe richieste», si giustifica Palazzo Chigi. Ma dal disastroso clic day dell'Inps per i bonus da 600 euro alla disfatta di Immuni, gli esperimenti tecnologici della Pa fanno ridere.Crashback di Stato. L'esordio dei rimborsi del 10 per cento delle spese effettuate fino a fine anno con pagamenti elettronici attraverso l'app Io è l'ennesimo flop di un governo che si vanta di essere supertecnologico ma quando si tratta di passare dagli annunci ai fatti va subito in tilt. L'iscrizione per accedere al cashback statale è filata liscia durante la notte di lunedì, ma già nelle prime ore del mattino di ieri l'app si bloccava nel tentativo di caricare i dati dei sistemi di pagamento e l'iban. Colpa del picco di richieste nel giorno del debutto, si difende Palazzo Chigi. Con la solita giustificazione usata già nei precedenti flop dei sistemi digitali della Pubblica amministrazione. Clamoroso è stato, il primo aprile, quello del sito dell'Inps nel primo giorno utile a richiedere il bonus da 600 euro per gli autonomi previsto dal decreto Cura Italia. Servizi inaccessibili per il troppo traffico in entrata e inserendo i propri dati, il sito rimandava alle sezioni riservate di altri utenti di cui potevano leggere tutto: dati anagrafici, codici, posizioni fiscali. Alla faccia della privacy. Il copione si è ripetuto all'inizio di novembre con il bonus mobilità: sul sito predisposto dal ministero dell'Ambiente si sono riversati centinaia di migliaia di utenti per ottenere il buono pari al 60% del prezzo d'acquisto di un monopattino o di una bici. Prima è diventato impossibile raggiungere il sito stesso, poi è saltato anche il sistema di riconoscimento dell'identità digitale, impedendo a moltissimi il completamento dell'operazione. Diverso il caso dell'app Immuni, flop determinato non dal funzionamento della piattaforma tecnologica ma dal fatto che è mancato il meccanismo di tracciamento dei contagi intorno e il collegamento con il sistema sanitario, che spesso non ha consentito di caricare i dati degli utenti positivi. Con il risultato che Immuni viaggia sulla linea piatta dei 9 milioni di download, lontana dalla crescita esponenziale annunciata al momento del lancio. Ora a creare problemi è l'app unica dei servizi pubblici battezzata Io. Eppure ieri Rocco Casalino, portavoce del premier, Giuseppe Conte, ha fatto filtrare alle agenzie di stampa i nuovi numeri record. «Il numero totale dei download dell'app Io ha superato i 7 milioni, di cui oltre 200.000 solo nelle prime ore di oggi. Raddoppiate rispetto a ieri mattina le richieste di caricamento di carte all'interno della sezione “Portafoglio", con picchi di oltre 12.000 operazioni al secondo. Si tratta di nuovi numeri record per l'app Io, con un sovraccarico esponenziale sull'infrastruttura che continua a comportare alcuni rallentamenti nella fruizione della sezione Portafoglio dell'app», è la posizione di Palazzo Chigi diramata da Casalino. Assicurando che «PagoPa - insieme a Sia, il partner tecnologico che però gestisce solo la sezione “Portafoglio" - sta continuando a potenziare l'infrastruttura e a effettuare interventi mirati, per consentire agli utenti che ancora non sono riusciti a completare il flusso di attivazione del cashback, di farlo in tempi brevi». In serata sempre dallo staff di Conte hanno fatto sapere che il problema era stato risolto. «Se ti esce “Riprova" clicca 2 o 3 e carica le carte. Da domani (oggi, ndr) basterà un clic», è stato spiegato. La app potrebbe segnare una linea di netto cambiamento rispetto a tutti i precedenti disservizi di piattaforme pubbliche pubblicando un cosiddetto «post mortem», ovvero una sorta di informativa che spiega cosa non ha funzionato e cosa verrà fatto in futuro per evitare il ripetersi del blocco. Invece anche ieri per il cashback di Stato si è preferito inserire un inutile banner per far sapere all'utente quello che sapeva già. Ovvero che il servizio non funziona come dovrebbe. Colpa del flusso senza precedenti, è dunque il disco rotto suonato da Palazzo Chigi che evidentemente non impara mai dagli errori del passato come invece fanno colossi privati delle big tech come Amazon, abituati a gestire miliardi di richieste durante le settimane dei Black friday. Ieri è tornato alla carica per dare un aiuto anche il sito Pornhub, che già ai tempi del crash del server dell'Inps aveva offerto i propri server per sostenere la mole di richieste. Il governo allora non accettò l'aiuto né, è quasi certo, lo farà adesso. Se di mezzo non ci sono i privati, ma l'amministrazione pubblica, il problema diventa politico. Il governo insiste nello spendere miliardi sull'informatica di Stato laddove non servono e ne chiede pure altri nel piano per il Recovery fund. Intanto la Pa sta ferma ad aspettare il Godot del cloud di Stato, quando lo Stato non è nemmeno in grado di gestire un eccezionale flusso di clic su un'applicazione. Figuriamoci i servizi su intelligenza artificiale e analisi dei cosiddetti big data.
(Getty Images)
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