2024-11-28
De Raho sentito dal pm Cantone accusa il suo ex vice di dire bugie
Federico Cafiero De Raho (Imagoeconomica)
Il deputato, già procuratore antimafia: «Mai ricevuto la lettera che segnalava le irregolarità di Striano e che Russo sostiene di avermi dato. Contro di me falsità e calunnie, probabilmente perché sono del M5s».Il caso dossieraggi si arricchisce di un nuovo e importante capitolo. Nel pomeriggio di ieri il procuratore di Perugia Raffale Cantone ha sentito come testimone per oltre tre ore l’ex collega Federico Cafiero De Raho, oggi deputato del Movimento 5 stelle. Il capo degli inquirenti umbri aveva convocato informalmente il politico dopo le dichiarazioni rilasciate in Procura, il 6 novembre scorso, da Giovanni Russo, ex vice di De Raho alla Direzione nazionale Antimafia. Russo, da circa due anni a capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, era stato chiamato per spiegare ai magistrati la genesi di una relazione a lui riferibile (ma non firmata, né protocollata) in cui chiedeva l’allontanamento dalla Dna di Pasquale Striano, il tenente della Guardia di finanza sospettato di dossieraggio e indagato, insieme con l’ex pm Antonio Laudati (nel frattempo andato in pensione), per diversi reati. Nell’occasione Russo aveva lanciato pesanti accuse contro De Raho, riferendo come questi gli avesse consigliato di non siglare e, in sostanza, di cestinare la relazione. Affermazioni a cui Cafiero ha duramente replicato a conclusione della sua testimonianza in Procura. «Sono stato ascoltato perché ero stato chiamato in causa nella stessa sede dall’ex procuratore aggiunto Russo e per riferire tutte le informazioni e i riscontri che conosco e che ritengo molto utili per fare luce e stabilire verità chiare e documentate su una vicenda su cui da mesi, invece, sono state dette tante falsità, anche o soprattutto sul mio conto». De Raho ha quindi ribadito ciò che aveva precisato tramite agenzie di stampa e anche con una nota alla Verità, ovvero «di non aver mai visto né ricevuto la lettera depositata agli atti dell’indagine, non firmata ma attribuita a Russo, né di aver mai ricevuto dallo stesso Russo alcuna segnalazione su comportamenti illeciti, scorretti o inopportuni di Striano». Ma è sulla relazione di Russo che si è concentrato in modo particolare il parlamentare grillino: «La lettera presenta diverse incongruenze che ho evidenziato e che la rendono poco compatibile con il ruolo e la figura di Russo. Ho ricordato che Russo in tre audizioni rese alla commissione parlamentare Antimafia non ha mai parlato della lettera e del presunto incontro con me. Inoltre, ho confermato di non aver mai parlato in vita mia con Striano. Non è compatibile con il metodo di lavoro della Dna sotto la mia direzione il sottoporre informalmente lettere non firmate. Le note di un procuratore aggiunto riguardanti comportamenti anomali o scorretti dovevano essere firmate, protocollate e inviate formalmente». Questo per la relazione. Ma non è finita. Perché De Raho ha messo sul piatto i provvedimenti che precedentemente aveva preso nei casi in cui si erano verificate criticità: «In passato», ha spiegato, «quando sono stati accertati comportamenti anomali o irregolari di appartenenti al Gruppo Ricerche si è provveduto all’allontanamento e, in un caso, anche alla denuncia alla Procura competente». Infine ha cercato di sminare la questione Striano: «Non potevo in alcun modo venire a conoscenza o avere segnali d’allarme su reati eventualmente commessi da Striano, peraltro al di fuori della Dna, che operava in un ufficio guidato e controllato da Laudati, né dallo stesso Laudati, che lavorava sotto l’operato di Russo, al quale avevo assegnato la direzione, l’organizzazione e il coordinamento dei gruppi di ricerche, compreso quello sulle Sos». De Raho ha infine annunciato che metterà insieme tutta la documentazione utile a ricostruire i passaggi della vicenda in una memoria che depositerà in commissione Antimafia, evocando una «macchina del fango» che si sarebbe mossa contro di lui per delegittimarlo, «probabilmente perché sono un esponente di una forza politica di opposizione che fa della legalità e della trasparenza un valore assoluto e che quindi è scomoda per molti». E, così, la storia della relazione di Russo ora diventa un giallo. Quel documento, steso da Russo tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020, quindi quando De Raho era il procuratore nazionale antimafia, è stato poi recuperato casualmente da Giovanni Melillo, successore di De Raho, in alcuni scatoloni usati per un trasloco. Russo, trasformatosi in una Sibilla cumana, aveva previsto lo scandalo dossieraggi con largo anticipo: «Sono persuaso che "l’attivismo" del luogotenente Striano (all’epoca non ancora promosso, ndr) sia ascrivibile a un soggettivo improprio modo di intendere il ruolo attualmente ricoperto. […] Laddove non si ponga rimedio a tale situazione, informazioni strategiche (quando non riservate) di pertinenza della Dna continueranno a essere trattate in maniera “non tracciabile” (e questo confligge non solo con le esigenze di segretezza e riservatezza delle informazioni, ma anche con le esigenze di trasparenza dei meccanismi di selezione dei casi da approfondire e della loro trattazione)». Proprio quello che oggi la Procura di Perugia ritiene essere accaduto. E quando Russo è stato sentito da Cantone, 22 giorni fa, ha ammesso la paternità di quello scritto, sganciando una bomba dietro l’altra nei confronti dell’ex collega: «Ricordo in particolare che andai da De Raho e gli esposi in modo vibrato quanto era accaduto e soprattutto in modo altrettanto vibrato gli esposi la necessità di allontanare dall’ufficio Striano, così come era stato esplicitamente indicato nella parte conclusiva della mia relazione». Stando al racconto di Russo, il suo capo lo ascoltò imperturbabile. Lui, però, rimase «deluso dal fatto che una relazione che veniva dal procuratore aggiunto e con la quale si chiedevano provvedimenti particolarmente forti, venisse di fatto non presa immediatamente in considerazione». Il tutto respinto al mittente da De Raho.
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