2025-04-15
Trump attacca ancora l’Europa: «Presto metterò dazi sui farmaci»
Il consigliere Hassett: «Recessione? La escludiamo al 100%. Più di dieci Paesi hanno proposto accordi molto buoni e sorprendenti». L’obiettivo è accelerare un’intesa con l’India. Ma la tensione con Pechino resta alta.Ancora incertezza sull’aliquota che sarà fissata per smartphone e pc. Il 3 maggio balzello del 25% sui componenti per automobili.Lo speciale contiene due articoli. Resta alta la tensione tra Washington e Pechino. Domenica, l’amministrazione Trump ha confermato, sì, che smatphone e tablet cinesi saranno esentati dai dazi reciproci. Tuttavia, è stato anche reso noto che questi prodotti saranno soggetti a tariffe ad hoc nell’arco di un mese o due. Senza trascurare che lo stesso Donald Trump ha chiarito che tali merci restano comunque soggette ai dazi al 20%, che erano stati imposti alla Cina a causa della crisi del fentanyl. L’inquilino della Casa Bianca ha inoltre fatto sapere che, entro pochi giorni, verrà annunciata l’aliquota tariffaria per l’importazione dei semiconduttori. Insomma, la guerra commerciale nel settore tecnologico non accenna a placarsi. E chiama inevitabilmente in causa un comparto delicato come quello delle terre rare. Non a caso, proprio ieri il direttore del Consiglio economico nazionale degli Stati Uniti, Kevin Hassett, ha definito «preoccupante» la recente decisione cinese di bloccare l’export di alcuni minerali strategici. «I limiti alle terre rare vengono studiati con molta attenzione», ha affermato, per poi aggiungere: «Stiamo valutando tutte le opzioni in questo momento». Secondo quanto riferito dal New York Times, lo stop all’esportazione riguarda in particolare materiali necessari per la realizzazione di semiconduttori e componentistica relativa al settore automobilistico e aerospaziale. In questo quadro, sabato, il Financial Times ha riferito che la Casa Bianca starebbe redigendo un ordine esecutivo per accumulare metalli provenienti dalle profondità marine e contrastare così il predominio cinese nelle catene di approvvigionamento concernenti le terre rare: una rivelazione che, ieri, il ministero degli Esteri della Repubblica popolare ha commentato con irritazione. Ma il duello tra Washington e Pechino prosegue anche a colpi di «diplomazia commerciale». Ieri, oltre a escludere «al 100%» l’eventualità di una recessione nel corso del 2025, Hassett ha anche affermato che, a seguito dei dazi, «più di dieci Paesi» avrebbero fatto agli Stati Uniti proposte di accordi commerciali «molto buone e sorprendenti»: proposte che sarebbero attualmente al vaglio dell’amministrazione americana. Dal canto suo, Xi Jinping, si è recato ieri in Vietnam, dove ha firmato 45 intese in ambito economico e tecnologico. Nell’occasione, il presidente cinese ha sostenuto che «il protezionismo non porta da nessuna parte», aggiungendo di voler promuovere una «cooperazione strategica globale» con il governo di Hanoi. Parole che evidentemente a Trump non sono piaciute: nel tardo pomeriggio italiano di ieri, ha infatti sostanzialmente accusato Cina e Vietnam di collaborare per danneggiare Washington. Ricordiamo che originariamente il Vietnam era stato uno dei Paesi più colpiti dai dazi reciproci americani, proprio a causa dei suoi stretti legami economici con Pechino. Inoltre, la scorsa settimana, era stato reso noto che Hanoi e Washington avevano avviato delle trattative per siglare un accordo commerciale. Xi non vuole perdere l’influenza economica sul Vietnam e sui Paesi del Sudest asiatico: questo spiega il suo viaggio nell’area, così come, più in generale i suoi tentativi di avvicinamento all’Ue in funzione antiamericana. Tentativi a cui Trump guarda con fastidio, anche perché, in sede di negoziati, è deciso a chiedere un allentamento dei rapporti tra Bruxelles e il Dragone. Ed è qui che si sta giocando una partita cruciale. Da una parte, Giorgia Meloni sta cercando di salvaguardare le relazioni transatlantiche; dall’altra, Francia, Germania e Spagna stanno cercando di spingere Bruxelles più vicino a Pechino. Si tratta di manovre filocinesi che non sfuggono alla Casa Bianca. Guarda caso, nonostante l’Ue abbia rimandato le ritorsioni tariffarie nei confronti di Washington al 14 luglio, ieri Trump è tornato a dire che l’Ue stessa sarebbe stata creata per approfittarsi degli Usa. Ha inoltre citato polemicamente l’Irlanda, mentre annunciava l’intenzione di imporre a breve dazi sull’import dei prodotti farmaceutici. «Le aziende farmaceutiche sono in Irlanda, in molti altri posti come la Cina. E tutto quello che devo fare è imporre un dazio. Più ce ne sono, più velocemente si trasferiscono qui», ha detto.D’altronde, nella sua competizione con il Dragone, l’obiettivo di Trump resta duplice: isolare il più possibile Pechino sul piano del commercio internazionale e disaccoppiare l’economia americana da quella cinese. Il primo punto spiega perché Washington sta cercando di contendere il Vietnam alla Repubblica popolare. Il secondo spiega la volontà degli Usa di imporre tariffe ai semiconduttori e di ridurre la propria dipendenza in alcuni settori strategici. È sempre in quest’ottica «anticinese» che, la scorsa settimana, Trump aveva firmato una serie di ordini esecutivi volti a rilanciare l’industria del carbone e la cantieristica navale. Sullo sfondo si staglia infine la questione del dollaro. Trump vuole preservarne infatti il predominio: non a caso, a fine gennaio, aveva minacciato pesanti dazi contro i Brics, qualora questi ultimi avessero cercato di ricorrere a una valuta alternativa. È d’altronde anche per spaccare questo blocco che la Casa Bianca è in trattative con l’India: l’obiettivo è quello di concludere celermente un accordo commerciale con Nuova Delhi e spingere altri Paesi a seguire l’esempio.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/dazi-trump-2671767759.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="donald-raccoglie-gia-i-primi-risultati-nvidia-produrra-computer-negli-usa" data-post-id="2671767759" data-published-at="1744660247" data-use-pagination="False"> Donald raccoglie già i primi risultati. Nvidia produrrà computer negli Usa Apple e i Big tech della Silicon Valley possono tirare un sospiro di sollievo ma solo per poco. La moratoria dai dazi reciproci di smartphone e pc è solo temporanea, come ha precisato in una intervista su Abc, Howard Lutnick, segretario al Commercio Usa, perché i dispositivi saranno probabilmente soggetti ai «dazi sui semiconduttori» che entreranno in vigore «tra un mese o due». L’annuncio del nuove tariffe dovrebbe arrivare «nel corso della prossima settimana», ha precisato il presidente Donald Trump. Lo scenario continua ad essere estremamente volatile, dal momento che a definire lo schema del «gioco» sulla scacchiera internazionale è solo un personaggio, Trump, seguendo logiche difficili da anticipare. Diventa temerario per le imprese pianificare anche il più marginale degli investimenti. Basti pensare all’inaspettato dietrofront sui dazi reciproci fissati al 10% ma che rimarranno fermi solo per tre mesi, il tempo utile per arrivare a un negoziato tra Stati Uniti e Europa. E ora si viene a scoprire che l’esenzione per smartphone e pc è solo temporanea. Anche questo settore sarà colpito da maggiori imposte doganali, ma il tycoon mantiene carte coperte sull’entità dell’aliquota e sui tempi dell’entrata in vigore. Nel frattempo Pechino ha «avvelenato i pozzi», come si dice, ordinando restrizioni sulle esportazioni di sei metalli rari pesanti e dei magneti che li contengono, il 90% dei quali è prodotto in Cina. Le nuove norme prevedono il rilascio di licenze speciali, ma il meccanismo non è ancora operativo e le industrie internazionali temono una carenza imminente di materiali fondamentali. Il blocco riguarda tutti i Paesi, non solo gli Stati Uniti, e si estende anche al Giappone e alla Germania. La Cina produce il 99% delle terre rare pesanti mondiali e il 90% dei magneti ad alta potenza. Sono componenti essenziali per l’industria bellica, elettronica, automobilistica, aerospaziale, dei semiconduttori e di una vasta gamma di beni di consumo. Quindi prima che Trump annunci maggiori tariffe sugli smartphone, Pechino ha già sottratto alla Silicon Valley, la materia prima per gli apparecchi tecnologici. Trump ha detto che l’obiettivo dei dazi è «produrre negli Stati Uniti e non lasciare che altri Paesi ci tengano in ostaggio». Qualche effetto di questa strategia comincia a vedersi. Nvidia ha annunciato che inizierà a produrre supercomputer di intelligenza artificiale (Ia) interamente negli Stati Uniti, prevedendo di realizzare entro i prossimi quattro anni fino a 500 miliardi di dollari di infrastrutture di Ia in Usa. Nvidia ha commissionato oltre 90.000 metri quadrati di spazio produttivo per costruire e testare i suoi chip Blackwell in Arizona e i supercomputer di Ia in Texas. Cerchiamo di fare il punto su questo scenario in movimento. Oggi entra in vigore la sospensione delle contromisure da parte dell’Unione europea sui dazi decisi agli Stati Uniti. Lo stop è stato annunciato per la prima volta dal presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen la scorsa settimana in risposta alla moratoria di 90 giorni da parte degli Stati Uniti sui cosiddetti dazi reciproci. Le contromisure Ue sospese coprono 21 miliardi di euro di esportazioni statunitensi. Von der Leyen ha detto che qualora il negoziato con gli Usa non si rivelasse soddisfacente, entreranno in vigore le ritorsioni. Per 90 giorni gli Usa applicheranno solamente una tariffa del 10% (che è scattata il 5 aprile), verso tutti gli importatori eccetto la Cina, che è soggetta a dazi fino al 125% (ma sono in totale al 145% se si somma il 20% di dazi imposti in precedenza per il fentanyl). Restano invariati al 25% le imposte doganali su acciaio e alluminio. Sono interessati anche diversi tipi di prodotti semilavorati e finiti realizzati con entrambi i materiali, come tubi in acciaio, fili e fogli di stagno, utensili da cucina o infissi e prodotti realizzati solo in parte in acciaio o alluminio, come macchinari, attrezzature da palestra, alcuni elettrodomestici o mobili. Imposta doganale al 25% anche per le auto importate negli Usa. Era stata introdotta a marzo sotto la Section 232 del Trade Expansion Act del 1962 e operativa dal 3 aprile. Senza dimenticare che il 3 maggio entrerà in vigore la tariffa addizionale del 25% anche sui singoli componenti degli autoveicoli europei. Il nuovo ceo di Volvo Cars, Hakan Samuelsson, ha avvertito che spostare la produzione di alcuni dei suoi modelli negli Stati Uniti per evitare i dazi imposti dall’amministrazione Trump potrebbe richiedere fino a due anni. Il manager ha spiegato che «il gruppo attualmente paga una tariffa del 27,5% sulle esportazioni negli Stati Uniti, poiché al sovrapprezzo del 2,5% già pagato dal produttore si è aggiunto quello del 25% recentemente aggiunto dall’amministrazione Trump». La moratoria dei dazi non vale inoltre per Messico e Canada per i quali restano in vigore al 25% su tutti i loro beni, tranne gli idrocarburi prodotti in Canada per i quali c’è un tariffa agevolata del 10%.
Vladimir Putin e Donald Trump (Ansa)