2020-07-14
«Davigo voleva candidare all’Anm il rivale del procuratore Pignatone»
Piercamillo Davigo (Simona Granati - Corbis/Corbis via Getty Images)
Il racconto di Erminio Amelio sui rapporti tra Stefano Fava e il gruppo di Autonomia & Indipendenza mediati dal togato Sebastiano Ardita, che temeva le intercettazioni. Contatti vietati dopo l'esposto e le perquisizioni.Tra i 126 testimoni citati da Luca Palamara davanti alla Sezione di disciplina del Consiglio superiore della magistratura ci sono anche i leader dei purissimi di Autonomia & Indipendenza Piercamillo Davigo e Sebastiano Ardita. E con loro: Erminio Carmelo Amelio e Stefano Fava. La questione è legata all'esposto presentato da Fava al Csm sulle asserite ragioni di astensione dell'ex procuratore di Roma Giuseppe Pignatone che in un fascicolo che aveva assegnato ai suoi sostituti si era incrociato con indagati che conosceva personalmente o che avevano dato incarichi professionali al fratello avvocato Roberto. Palamara chiede che Ardita e Davigo testimonino «sul contenuto dei colloqui con Fava in epoca antecedente e prossima alla presentazione dell'esposto». E dai verbali dei testimoni, sentiti durante le indagini difensive dai difensori di Palamara, gli avvocati Roberto Rampioni e Benedetto Marzocchi Buratti, è saltata fuori una storia che va a colmare un buco nero che c'era nelle 49.000 pagine delle chat intercettate: Davigo & Co. volevano candidare Fava, il pm anti Pignatone, al Comitato direttivo centrale dell'Anm. Amelio, storico pm di Roma che ai tempi di Mani pulite lavorava a Milano con Francesco Greco e che è compagno di concorso di Sebastiano Ardita, lo ha detto candidamente: «Ardita faceva parte di una corrente nuova e ambiva a coinvolgere colleghi che non fossero schierati per altre correnti, pertanto, valutai di presentargli il collega Fava, che era estraneo a logiche correntizie». Correva l'anno 2018. Quando i difensori di Palamara l'hanno chiamato per le indagini difensive lui non si è presentato. E allora la convocazione è stata fatta tramite la Procura di Perugia. Era «primavera», ricorda Amelio. Ardita, già direttore generale dell'ufficio detenuti del ministero della Giustizia e ora componente togato del Csm in quota Autonomia & Indipendenza, era a caccia di volti nuovi per le sue liste. «Durante la campagna elettorale venne in Procura a Roma», racconta Amelio, «e io gli presentai alcuni colleghi, tra i quali Fava». Amelio reputa Fava un collega serio e non lo nasconde agli avvocati di Palamara: «Svolge il suo lavoro in maniera scrupolosa e approfondita. Quindi gli presentai Ardita». Ci fu anche un incontro a pranzo, a Roma, al Baccanale. A quel pranzo partecipò anche il leader di Autonomia & Indipendenza Davigo, che del pool di Mani pulite faceva parte e che ora è consigliere del Csm. Racconta Amelio: «Ho avuto modo di rivederlo dopo le elezioni del Csm durante un pranzo, credo all'inizio del 2019. Eravamo io, Davigo, Ardita e Fava presso un ristorante poco lontano dal Tuleit, che è un locale dove notoriamente pranzano i magistrati, dove non trovammo posto. Non ricordo il nome del locale, che mi dite chiamarsi il Baccanale, che dista circa 150 metri dal Tuleit». La difesa, dopo aver ricordato al magistrato il nome del locale, gli chiede anche di cosa si conversò: «Fu Fava a propormi di andare a pranzo con Ardita e Davigo (...). Hanno parlato di vicende relative all'associazione, che a me non interessano, in quanto pur essendo iscritto a una corrente (Magistratura democratica, ndr), non faccio vita associativa da almeno 20 anni. Io rimasi spettatore al colloquio del quale non ricordo i particolari». È in quell'incontro che si parlò della candidatura di Fava (che in realtà non sembrava molto propenso). Dopo il pranzo Ardita deve aver deciso che il tramite con Fava sarebbe stato Amelio. E infatti, Amelio il 3 giugno 2019 chiamò Fava nel suo ufficio probabilmente per offrirsi di metterlo in contatto con l'esponente di Autonomia & Indipendenza. Fava, anche lui sentito durante le indagini difensive, non nasconde quella conversazione: «Ricordo perfettamente di aver sentito Ardita il 3 giugno 2019, giorno precedente l'interrogatorio da me sostenuto a Perugia. La richiesta di colloquio di Ardita mi è stata riferita dal collega Amelio che, il 3 giugno 2019, mi ha invitato ad andare presso il suo ufficio per conferire telefonicamente con Ardita». Con Ardita e Davigo, però, Fava parlò anche dell'esposto contro Pignatone. E stando alla sua testimonianza, i due avrebbero «giudicato la vicenda di indubbia rilevanza e che meritava approfonditi accertamenti da parte del Csm». E Ardita durante un incontro gli avrebbe comunicato anche che la segnalazione «era arrivata alla Prima commissione, di cui Ardita faceva parte e, pertanto riteneva che non fosse più opportuno sentirci o vederci. Mi ha detto, comunque, che se dovevo comunicare a lui qualcosa potevo farlo tramite Amelio, ma che comunque era il caso di evitare ogni ulteriore contatto». I due quindi si sarebbero risentiti il 3 giugno. Secondo Fava, Ardita gli avrebbe chiesto di come si sarebbe difeso il giorno seguente davanti ai pm e, «in sostanza», spiega, «quale sarebbe stata la mia linea difensiva. Ricordo che nel colloquio telefonico Ardita si diceva preoccupato di doversi dimettere ma non so se questa preoccupazione potesse riferirsi alle intercettazioni tra me e Palamara o a cosa avrei riferito il giorno seguente durante l'interrogatorio o ad altro». Amelio non nega la circostanza, ma la riferisce così: «Prendo atto del fatto che Fava vi ha riferito che l'intenzione di Ardita, a seguito dell'arrivo del suo esposto in Prima commissione, era che non doveva sentirsi con Fava e che in caso di necessità avrebbero dovuto farlo tramite me». Poi ribadisce di non ricordare di aver chiamato Ardita per farlo parlare con Fava. E aggiunge: «È vero che Fava mi disse che Ardita non voleva sentirlo dopo i fatti. E quindi trovò strano che volessero coinvolgerlo in un colloquio con me».