2021-12-24
«La commissione non è imparziale». Faida grillina nel giallo David Rossi
L’avvocato del pm Nicola Marini (che difende pure Ciro Grillo) ha scritto a Roberto Fico lamentandosi in particolare degli attacchi di un deputato del Movimento, oltre che della presenza di possibili conflitti di interessi.La commissione monocamerale sulla morte di David Rossi rischia di mandare in corto circuito il Movimento 5 stelle. I suoi parlamentari, ma anche i militanti rischiano di doversi dividere sul lavoro dei deputati: infatti se da una parte la commissione ha tra i suoi più pugnaci «detective» Luca Migliorino, esponente grillino eletto a Siena, dall’altra, uno degli avvocati di Beppe Grillo è andato frontalmente all’attacco della commissione. Migliorino, forse anche per le sue origini, è stato il più incisivo nell’esame del colonnello Pasquale Aglieco, ex comandante provinciale dei carabinieri di Siena, quando emersero presunte anomalie nella conduzione del sopralluogo da parte dei pm Antonino Nastasi, Nicola Marini e Aldo Natalini nella stanza da cui si sarebbe lanciato Rossi. Adesso uno dei tre, Marini, dopo essere stato preso di mira per giorni su quotidiani e tv, ha deciso di rispondere a questa campagna, mettendo in campo l’avvocato genovese Andrea Vernazza. Si tratta di uno dei due legali che assiste Ciro nel processo sardo in cui è accusato di violenza di gruppo. Un professionista a cui il fondatore dei 5 stelle ha affidato un incarico di strettissima fiducia (l’altro difensore è, non a caso, il nipote di Beppe, Enrico), visto che tocca l’ex comico negli affetti più cari, coinvolgendo il suo ultimogenito.Vernazza risulta già difensore di Marini (attuale procuratore aggiunto di Siena) nei vari procedimenti per diffamazione a mezzo stampa, aperti su querela del pm e dei suoi colleghi dopo i servizi delle Iene. Ma la cosa curiosa è che una delle prime mosse di Vernazza è stata quella di rivolgersi a Roberto Fico, presidente della Camera in quota 5 stelle. E questi ha prontamente risposto con un messaggio su Twitter, apparentemente sganciato dalla missiva ma in realtà, almeno temporalmente, ad essa clamorosamente legato: «Le prerogative e i poteri delle commissioni parlamentari d’inchiesta sono definiti dalla nostra #Costituzione. La commissione sulla morte di David Rossi sta portando avanti il suo lavoro su una vicenda molto delicata su cui è fondamentale far luce». Una presa di distanza dal suo pigmalione Beppe? Nella sua lettera Vernazza, in qualità di difensore di Marini, fa capire al presidente della Camera che a suo giudizio la commissione è una specie di plotone dove vari membri avrebbero già mostrato scarsa imparzialità. L’attacco è rivolto innanzitutto contro l’onorevole Migliorino che «in un video “promozionale” formula affermazioni assolutamente inequivoche circa i risultati che ritiene raggiunti con le investigazioni svolte, ciò prima ancora che la commissione abbia concluso i propri lavori» e «in sostanza, anticipa già l’esito a cui la commissione perverrà (sic!)». Per l’avvocato è «significativo» il passaggio di un’intervista in cui Migliorino anticipa che Marini e Natalini «verranno sentiti alla fine “perché così loro (la commissione, ndr) sono meglio preparati”», con ciò suscitando il legittimo interrogativo se i lavori si dirigano verso una ricostruzione sostenibile dell’accaduto o se ciò che si cerca è la già presupposta responsabilità dei magistrati che sul caso hanno investigato. A fronte di ciò parlare di indebita “prevenzione” non appare fuor di luogo». Vernazza critica anche le interviste di altri due membri della commissione, Walter Rizzetto (Fdi) e dal presidente Pierantonio Zanettin. Poi ha da ridire sui consulenti scelti, che mancherebbero della necessaria «terzietà»: uno è l’avvocato Massimo Rossi, che Vernazza ricorda essere stato «condannato con sentenza passata in giudicato dal Tribunale civile di Genova nella causa di risarcimento del danno promossa» da Marini, Nastasi e Natalini. Rossi difende Villanova Correa Renan, sedicente gigolò e assassino reo confesso di una prostituta, «omicidio poi messo in fantomatica correlazione con il suicidio di David Rossi». L’altro consulente è il giornalista Davide Vecchi, definito «persona molto vicina e amico della vedova Rossi», nonché autore del libro Un suicidio imperfetto, da cui avrebbe «preso spunto» la campagna «diretta a distruggere coloro che del caso si erano occupati, aggredendoli con interviste oltremodo invasive e ricoprendoli, con fatti irripetibili, di fango ed immoralità». Vernazza ricorda anche che la posizione dei magistrati da lui difesi è già stata valutata e archiviata dal Tribunale di Genova, lo stesso che si occupa dei procedimenti a carico dei giornalisti querelati da Marini e dagli altri pm senesi. Per questo conclude rivolgendosi a Fico: «La presente segnalazione non muove certamente da un intento (che sarebbe, oltre che giuridicamente impraticabile, del tutto inopportuno) di condizionare l’attività della commissione, ma soltanto dall’esigenza di assicurare che ogni accertamento sia condotto ispirandosi ai criteri di imparzialità e indipendenza». La risposta di Fico, come detto, è arrivata via Twitter. Oltre a Migliorino, altri 4 deputati del M5s fanno parte della commissione: Azzurra Cancellieri, Giuseppe D’Ippolito, Leonardo Donno e Valentina D’Orso. Vicino ai 5 stelle è anche un altro presunto supertestimone dei festini gay che si svolgerebbero nei dintorni di Siena, l’ex comandante della stazione dei Carabinieri di Monteriggioni (Siena) Francesco Marinucci. Il carabiniere, oggi in pensione, ha rilasciato a uno dei difensori della famiglia Rossi dichiarazioni su festini organizzati nella casa di un pittore senese, ai quali avrebbe partecipato anche uno dei pm del caso Rossi. I componenti della commissione hanno fatto domande su Marinucci durante l’audizione del procuratore aggiunto di Genova Vittorio Ranieri Miniati, titolare dell’inchiesta ligure sulla vicenda. Miniati ha risposto di non aver mai saputo che «ci fosse un ufficiale di polizia giudiziaria dei carabinieri che voleva rilasciare dichiarazioni». In realtà nell’agosto del 2019, un anno e mezzo prima della conclusione del procedimento genovese sul caso, la famiglia del manager aveva depositato la pennetta con l’audio del colloquio con Marinucci. Pochi mesi prima l’ex carabiniere era stato il candidato sindaco del Movimento 5 stelle proprio a Monteriggioni, accompagnato spesso durante la campagna elettorale proprio da Migliorino. Altra curiosa coincidenza.
Nel riquadro, il chirurgo Ludwig Rehn (IStock)
Non c’era più tempo per il dottor Ludwig Rehn. Il paziente stava per morire dissanguato davanti ai suoi occhi. Era il 7 settembre 1896 e il medico tedesco era allora il primario di chirurgia dell’ospedale civile di Francoforte quando fu chiamato d’urgenza per un giovane giardiniere di 22 anni accoltellato nel pomeriggio e trovato da un passante soltanto ore più tardi in condizioni disperate. Arrivò di fronte al dottor Rehn solo dopo le 3 del mattino. Da questo fatto di cronaca, nascerà il primo intervento a cuore aperto della storia della medicina e della cardiochirurgia.
Il paziente presentava una ferita da taglio al quarto spazio intercostale, appariva pallido e febbricitante con tachicardia, polso debole, aritmia e grave affanno respiratorio (68 atti al minuto quando la norma sarebbe 18-20) aggravato dallo sviluppo di uno pneumotorace sinistro. Condizioni che la mattina successiva peggiorarono rapidamente.
Senza gli strumenti diagnostici odierni, localizzare il danno era estremamente difficile, se non impossibile. Il dottor Rehn riuscì tuttavia ad ipotizzare la posizione del danno mediante semplice auscultazione. La ferita aveva centrato il cuore. Senza esitare, decise di intervenire con un tamponamento cardiaco diretto, un’operazione mai provata precedentemente. Rehn praticò un’incisione di 14 cm all’altezza del quinto intercostale e scoprì la presenza di sangue scuro. Esplorò il pericardio con le mani, quindi lo aprì, esponendo per la prima volta nella storia della medicina un cuore attivo e pulsante, seppur gravemente compromesso e sanguinante. Tra i coaguli e l’emorragia Rehn individuò la ferita da taglio all’altezza del ventricolo destro. Il chirurgo operò una rapida sutura della ferita al cuore con un filo in seta, approfittando della fase di diastole prolungata a causa della sofferenza cardiaca. La sutura fu ripetuta tre volte fino a che l’emorragia si fermò del tutto e dopo un sussulto del cuore, questo riprese a battere più vigoroso e regolare. Prima di richiudere il torace, lavò il cuore ed il pericardio con soluzione idrosalina. Gli atti respiratori scesero repentinamente da 76 a 48, la febbre di conseguenza diminuì. Fu posto un drenaggio toracico che nel decorso postoperatorio rivelò una fase critica a causa di un’infezione, che Rehn riuscì tuttavia a controllare per l’efficacia del drenaggio stesso. Sei mesi dopo l’intervento il medico tedesco dichiarava: «Sono oggi nella fortunata posizione di potervi dichiarare che il paziente è ritornato in buona salute. Oggi è occupato in piccole attività lavorative, in quanto non gli ho al momento permesso nessuno sforzo fisico. Il paziente mostra ottime prospettive di conservazione di un buono stato di salute generale».
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