2022-11-27
Dalle pizze al porto: ombre cinesi a Taranto
La Progetto internazionale 39 si è fatta avanti per la gestione della piattaforma logistica. È nelle mani di un delegato del governo di Pechino in Italia da anni. Prima la società si chiamava Pumma Re e gestiva una catena di locali, poi ha cambiato nome e oggetto...Il 24 novembre, sull’albo pretorio dell’Autorità del porto di Taranto, è stato pubblicato un avviso pubblico (il n.2/22 Zes) con cui il presidente dell’Authority, Sergio Prete, comunica che la srl Progetto internazionale 39 si è fatta avanti per la gestione della piattaforma logistica del porto dopo l’uscita di scena della società Taranto logistica, in cui era presente il gruppo Gavio. A settembre la nuova srl si è candidata ad usufruire delle agevolazioni della Zona economica speciale jonica (Zes) nel cui perimetro ricade la stessa piattaforma. Scopo dell’iniziativa - si legge nell’avviso - è quello di svolgere «attività di movimentazione e stoccaggio di merci e containers, ed attività di ricerca e sviluppo nei settori dell’energia e delle scienze della vita». Il tutto «impegnandosi a mantenere le attività in area Zes per almeno 10 anni a decorrere dal rilascio del titolo autorizzatorio, con possibilità di estensione successiva, in base al piano degli investimenti, avvalendosi del regime di Zona franca doganale». La prossima settimana la pubblicazione avverrà anche sulla Gazzetta Ufficiale e su quella della Ue. Partiranno quindi i 30 giorni della procedura per la ricezione di eventuali domande concorrenti. Ma chi sono i soci di questa srl che evoca nel nome sia la presenza di investitori stranieri sia il prefisso telefonico dell’Italia? Dalla banca dati della Camera di commercio si evince che la società ha sede a Roma in Piazzale Clodio 22, a due passi dal Tribunale penale, presso lo studio del commercialista Tommaso Celletti che risulta anche amministratore unico della società nonché azionista con il 33%. Un altro 33% è in mano a tale Alfredo Esposito residente a Civitavecchia, e sempre con il 33% risulta azionista anche Gao Shuai, mentre il restante 1% è posseduto dall’Associazione per lo sviluppo economico e culturale internazionale (Aseci). Gao Shuai, è in Italia da parecchi anni, vive a Milano e si fa chiamare Sergio. È presidente della Aseci, fondatore del Dragon business forum, responsabile di progetti per favorire rapporti tra imprese italiane e cinesi ma soprattutto è un delegato del governo di Pechino. Nella sua bio su Twitter si definisce, traducendo dal mandarino, «un viaggiatore cinese in Italia, raccoglie veri cattivi e si tiene alla larga dagli ipocriti». Sul social network spesso rilancia gli interventi delle Nazioni Unite e del segretario generale, Antonio Guterres. Curiosamente il logo della società Progetto internazionale 39 che spunta dal sito - ancora in costruzione - evoca proprio il simbolo dell’Onu con i rami d’ulivo che abbracciano la mappa del mondo (l’unica differenza è una piccola stella a unire i due rami che invece, evoca quella sulla bandiera cinese). Su La Gazzetta del Mezzogiorno dell’11 settembre 2020 si legge che Shuai, come presidente dell’Aseci, aveva dichiarato che i cinesi erano interessati a investire in Basilicata, nei territori della Zes Ionico-Metapontina. Qualche mese prima (aprile 2020), sullo stesso giornale, compariva un articolo relativo alle forniture di mascherine e dispositivi di protezione Covid arrivati a Bari e acquistati dalla Regione Puglia dalla Cina. «Ma come ha fatto il governatore Michele Emiliano ad aprire il canale commerciale con la Cina?», si chiedeva La Gazzetta del Mezzogiorno. «Il tramite con alcuni grandi produttori è stato l’imprenditore Gao Shuai» che ha fatto «da facilitatore con le grandi piattaforme distributive dei materiali sanitari che in questo momento tutto il mondo cerca. In transazioni commerciali come queste la norma è un anticipo all’ordine e il pagamento alla consegna, modalità sconosciute alla pubblica amministrazione italiana. Per questo la Regione ha dovuto fare ricorso alle lettere di credito», veniva aggiunto. Ma quali sono le mire di Sergio Gao Shuai e dei suoi meno noti compagni di viaggio sul porto di Taranto dove i cinesi hanno già messo un piede sempre nel 2020 con l’insediamento di Ferretti group, il costruttore di barche di lusso controllata dalla società statale cinese Weichai? Oggetto principale della srl è «l’assunzione e la gestione di partecipazioni operanti nei settori energetico, trasporti, concessioni, logistica, servizi in genere». Attività ben diverse da quelle di cui si occupava questa società fino a quale mese fa. Sì, perché sempre dagli atti che abbiamo consultato emerge che l’11 agosto scorso, davanti a un notaio romano, la srl ha cambiato oggetto sociale e ha assunto il nome di Progetto internazionale 39. Prima, infatti, si chiamava Pumma brand e si occupava di gestire il marchio di una catena di pizzerie nella Capitale, il progetto PummaRe ideato dall’imprenditore romano Roberto Tomei che della Pumma brand era anche amministratore unico. Fino al 28 luglio, quando con gli altri soci ha ceduto le quote ai nuovi azionisti e si è dimesso. Della vecchia società è rimasto solo il commercialista Celletti, come amministratore. Che ora passerà dalle pizze alla logistica portuale. In salsa cinese.
Nel riquadro, il chirurgo Ludwig Rehn (IStock)
Non c’era più tempo per il dottor Ludwig Rehn. Il paziente stava per morire dissanguato davanti ai suoi occhi. Era il 7 settembre 1896 e il medico tedesco era allora il primario di chirurgia dell’ospedale civile di Francoforte quando fu chiamato d’urgenza per un giovane giardiniere di 22 anni accoltellato nel pomeriggio e trovato da un passante soltanto ore più tardi in condizioni disperate. Arrivò di fronte al dottor Rehn solo dopo le 3 del mattino. Da questo fatto di cronaca, nascerà il primo intervento a cuore aperto della storia della medicina e della cardiochirurgia.
Il paziente presentava una ferita da taglio al quarto spazio intercostale, appariva pallido e febbricitante con tachicardia, polso debole, aritmia e grave affanno respiratorio (68 atti al minuto quando la norma sarebbe 18-20) aggravato dallo sviluppo di uno pneumotorace sinistro. Condizioni che la mattina successiva peggiorarono rapidamente.
Senza gli strumenti diagnostici odierni, localizzare il danno era estremamente difficile, se non impossibile. Il dottor Rehn riuscì tuttavia ad ipotizzare la posizione del danno mediante semplice auscultazione. La ferita aveva centrato il cuore. Senza esitare, decise di intervenire con un tamponamento cardiaco diretto, un’operazione mai provata precedentemente. Rehn praticò un’incisione di 14 cm all’altezza del quinto intercostale e scoprì la presenza di sangue scuro. Esplorò il pericardio con le mani, quindi lo aprì, esponendo per la prima volta nella storia della medicina un cuore attivo e pulsante, seppur gravemente compromesso e sanguinante. Tra i coaguli e l’emorragia Rehn individuò la ferita da taglio all’altezza del ventricolo destro. Il chirurgo operò una rapida sutura della ferita al cuore con un filo in seta, approfittando della fase di diastole prolungata a causa della sofferenza cardiaca. La sutura fu ripetuta tre volte fino a che l’emorragia si fermò del tutto e dopo un sussulto del cuore, questo riprese a battere più vigoroso e regolare. Prima di richiudere il torace, lavò il cuore ed il pericardio con soluzione idrosalina. Gli atti respiratori scesero repentinamente da 76 a 48, la febbre di conseguenza diminuì. Fu posto un drenaggio toracico che nel decorso postoperatorio rivelò una fase critica a causa di un’infezione, che Rehn riuscì tuttavia a controllare per l’efficacia del drenaggio stesso. Sei mesi dopo l’intervento il medico tedesco dichiarava: «Sono oggi nella fortunata posizione di potervi dichiarare che il paziente è ritornato in buona salute. Oggi è occupato in piccole attività lavorative, in quanto non gli ho al momento permesso nessuno sforzo fisico. Il paziente mostra ottime prospettive di conservazione di un buono stato di salute generale».
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