2024-09-02
«Dalla Giudice accuse alla vittima»
Per il legale della donna che ha fatto indagare Nello Trocchia e la compagna, quest’ultima avrebbe denigrato con falsità la denunciante. Emergono contraddizioni nella difesa.Nella sua intervista rilasciata al Fatto Quotidiano, Sara Giudice, l’inviata di La7 (in procinto di approdare a Rai 2) indagata insieme al compagno Nello Trocchia (cronista di Domani) per violenza sessuale di gruppo ai danni di una terza collega Gaia (nome di fantasia), era stata decisa. Per lei il bacio scambiato con la presunta vittima «era consenziente e lei lo sa». Nelle stesse ore, i legali della coppia, Grazia Volo e Virginia Ripa di Meana, annunciavano che nei confronti della denunciante si «profila il reato di calunnia».Secondo l’opposizione alla richiesta di archiviazione presentata dal legale di Gaia, Alessandro Gentiloni Silveri, la Giudice e Trocchia durante le indagini avrebbero tentato di far ricadere sulla sua assistita l’ombra di un’altra vicenda di presunte molestie avvenuta nell’ambiente televisivo: «Menzione specifica, poi, merita la manovra di introdurre un tema del tutto estraneo alla vicenda per far apparire la persona offesa in una luce dubbia rispetto al comportamento sessuale: riferisce Sara Giudice nel suo interrogatorio che la mia assistita le avrebbe confidato di aver subito la richiesta di un rapporto sessuale da parte del suo capo, e di aver rifiutato». Una scabrosa vicenda che si sarebbe consumata negli studi della Rai. Poi prosegue: «La Giudice, al corrente della vicenda delle accuse, risultate infondate, relative a comportamenti sconvenienti asseritamente posti in essere all’interno della redazione […] cerca evidentemente di coinvolgere la mia assistita in tale vicenda». Il difensore conclude: «Tale manovra è al contempo giuridicamente futile-sia perché la maldicenza riferita è falsa, sia perché, quand’anche Gaia avesse avuto problemi sul luogo di lavoro, tale circostanza sarebbe muta ai fatti della notte del 29-30 gennaio 2023 e moralmente volgare, sostanziandosi in uno scomposto argumentum (denigratorio) ad personam, tristemente tipico delle “difese” dalle accuse di violenza sessuale». Secondo la ricostruzione del legale quindi, la Giudice avrebbe accusato la sua presunta vittima di essere una sorta di denunciatrice seriale, anche se in realtà questo secondo caso non è mai finito all’attenzione della magistratura: un audit interno aveva fatto emergere l’assoluta estraneità di Gaia. Infatti, durante le indagini difensive svolte dal legale di Gaia, una dirigente della tv di Stato ha dichiarato di essere «certa che la stessa (la presunta vittima, ndr) non è stata né convocata per rendere dichiarazioni né citata nelle carte della procedura».Questo, però, non è l’unico punto della strategia di difesa coppia che sarebbe smentito dai fatti. Secondo la Giudice, la ricostruzione fatta da Gaia rispetto all’invito a salire a casa loro sarebbe un’invenzione. La pm Barbara Trotta, nella sua richiesta di archiviazione, riassume così la versione della videoreporter: «Mentre lei e Gaia continuavano a baciarsi fuori dal taxi e Trocchia pagava la corsa lei aveva avuto la sensazione che Gaia volesse salire con loro a casa, ma ad un certo punto l’aveva invitata a “finirla qua” e tornare a casa sua in quanto aveva riflettuto sul fatto che il giorno dopo doveva prendere un aereo e poi c’era la baby sitter a casa che guardava la loro figlia». Insomma, secondo la Giudice, le avances pressanti sarebbero state di Gaia, e lei le avrebbe respinte. Quel bacio fuori dalla macchina, però, non emerge dalla ricostruzione del tassista sentito a verbale e che, in un’intercettazione agli atti dell’indagine ha detto a un amico: «Se la volevano porta’ a casa». E soprattutto, la versione della Giudice pare smentita da un suo messaggio inviato a Gaia. Quest’ultima, la sera della festa, mentre va verso casa degli indagati invia un messaggio alla Giudice: «Accanto a me cammina uno che parla come Nello...uguale…». La risposta della Giudice lascia intendere che la bambina non fosse a casa: «Mi sa che è Nello eh, mi sa che è Nello, perché sta arrivando lui, che abbiamo appena lasciato Sofia (nome di fantasia, ndr), mi sa che è lui, scendo allora». Differenze di versione inconciliabili, rese ancora più difficili da dipanare dalla scelta degli inquirenti di non procedere al sequestro dei cellulari degli indagati, come invece avviene spesso in casi del genere. Così come rimane nel mistero la presenza di Ghb, la cosiddetta «droga dello stupro», nelle urine di Gaia. Un primo test, fatto effettuare dalla giornalista in un laboratorio privato, aveva dato esito positivo, ma il successivo esame svolto dal consulente della Procura aveva dato esito negativo. Sul lavoro del consulente tecnico incaricato dalla pm pesa, però, c’è una critica contenuta in un parere richiesto dalla difesa da Gaia a una docente universitaria di tossicologia forense. L’esperto evidenzia che da parte del ctu «non è stata effettuata la ricerca di altre sostanze tossiche esogene, come espressamente richiesto nell’incarico». La pm, nonostante il mandato in parte disatteso dal consulente, nella richiesta di archiviazione si è limitata a evidenziare che il controesame aveva dato esito negativo al Ghb.
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