2020-12-21
Vaccini, 10 domande ancora senza risposta
La campagna di vaccinazione anti Covid comincerà, in modo simbolico, in contemporanea in tutta Europa tra Natale e Capodanno ma entrerà nel vivo dopo l'Epifania. Di quella che sarà la più grande operazione di immunizzazione del secolo, conosciamo però ben poco. Pierluigi Struzzo medico udinese in pensione partecipa alla campagna lanciata da Boris Johnson in anticipo sull'Ue: «Riuscire a farcela è una scommessa per un Paese come il nostro dove i disservizi sono la normalità»Lo speciale contiene due articoliSappiamo che le prime dosi andranno ad anziani con patologie e lavoratori esposti al contagio. Nella prima fase non saranno coinvolti i medici di famiglia e non si sa quando entreranno in azione. Manca un elenco delle strutture dedicate. E poi, come avverrà la chiamata? Quando sapremo che sarà il nostro turno? Riceveremo una lettera a casa o dovremo scaricare un'app sul telefonino? Non c'è nemmeno una stima sui tempi per la copertura di massa. Non si conosce la durata dell'immunità e non è chiaro se chi è stato vaccinato può essere ancora contagioso. Resta anche il grande punto interrogativo sulle reazioni allergiche dopo i casi gravi verificatisi in Gran Bretagna e Usa. Insomma, gli interrogativi sull'efficacia dei vaccini sono ancora molti: ne abbiamo sintetizzati i 10 che hanno bisogno delle risposte più urgenti.Quanto versa la Ue alle case produttrici?I vaccini contro il Covid sono stati acquistati dalla Commissione europea così da non creare forme di competizione e disuguaglianze tra gli Stati membri. Ma quanto ha speso la Ue? La domanda è rimasta finora senza risposta. I contratti d'acquisto con le sei case farmaceutiche sono stati secretati. Sollecitata da un'interrogazione parlamentare, la Commissione si è rifiutata di rispondere, tirando in ballo il segreto commerciale. Ma questo di solito si applica solo alle informazioni sensibili per le aziende. Sulle condizioni e il prezzo dovrebbe esserci massima trasparenza. A meno che non si voglia nascondere qualcosa. Secondo l'europarlamentare belga Marc Botenga, autore dell'interrogazione, la Commissione, per fare in fretta, potrebbe aver pagato troppo: «Ha negoziato i contratti velocemente e non sono sicuro che lo abbia fatto nel migliore dei modi». Botenga fa notare anche che «nella squadra dei negoziatori della Commissione c'è Richard Bergstrom, fino al 2016 a capo dell'Efpia, la lobby farmaceutica europea, un personaggio che è in totale conflitto di interessi». L'agenzia di stampa Reuters ha calcolato, riferendosi ai vaccini negli Usa, che i prodotti di Pfizer e Moderna potrebbero costare oltre 10 miliardi di euro. Sulla congruità dei prezzi vigila la Corte dei conti europea ma per un controllo ci vorrà tempo. Il parlamentare ricorda il caso del Remdesivir, l'antivirale anti Covid: «La Ue aveva contrattato un accordo di 1 miliardo a inizio ottobre per 500.000 trattamenti anche se il 23 settembre l'Oms aveva bocciato il farmaco».Dove ci si potrà vaccinare? Dal medico o in strutture speciali?I medici di famiglia ancora brancolano nel buio. «"Dottore sarà lei a vaccinarmi, vero?". I pazienti continuano a chiedermelo», afferma Pier Luigi Bartoletti, vicesegretario nazionale della Fimmg, la Federazione dei medici generici. «E poi aggiungono: "Io dal maresciallo non mi faccio vaccinare", alludendo all'ipotesi di fare intervenire i militari. Ci hanno detto in modo generico che saremo coinvolti ma non sappiamo quando e come. Manca un piano. Forse è un problema legato alla necessità per i vaccini Pfizer di frigoriferi potenti», dice sconcertato Bartoletti. Il medico critica il bando del commissario Domenico Arcuri per reclutare anche medici pensionati: «Mi sembra bizzarro pensare di mandarli nelle Rsa con tutti i rischi che questo comporta. Non penso che risponderanno in tanti».Non si sa nemmeno se e come saranno coinvolti i dipartimenti di prevenzione che sul territorio già si occupano delle vaccinazioni previste dai piani nazionali e regionali. Il presidente dell'Associazione italiana di epidemiologia, Salvatore Scondotto, non scioglie i dubbi: «Si prevede di identificare referenti che risponderanno direttamente alla struttura di coordinamento nazionale e si interfacceranno con gli attori del territorio, tra cui i dipartimenti di prevenzione». Tradotto: ancora non sappiamo quale sarà il nostro ruolo. Al momento l'unica certezza è che le Regioni hanno individuato 300 centri in ospedali e strutture sanitarie dove saranno effettuati i primi vaccini al personale medico sanitario. È previsto l'allestimento di altri 1.200 padiglioni ma ancora non si sa nulla su tempi e modi. Saranno attivati, spiega la struttura commissariale di Arcuri, quando arriveranno massicce dosi di vaccino destinate a tutta la popolazione.Basterà una sola puntura oppure ci saranno richiami?Il vaccino Pfizer, quello che va conservato a temperature bassissime, richiede un richiamo dopo 3 settimane, ma non si sa ancora se ci sarà un meccanismo di avviso per i pazienti. I tempi vanno rispettati altrimenti non c'è l'immunità e questa seconda fase andrà a sovrapporsi con il programma di prime vaccinazioni. Dalle altre case farmaceutiche non si hanno ancora certezze su eventuali richiami. Ancora vaghi anche i tempi di distribuzione: la Johnson&Johnson, che fornirà il maggior numero di dosi (53,8 milioni), ha fatto sapere che sarà pronta per aprile-giugno. Oggi un cinquantenne in buona salute e non appartenente a categorie a rischio non sa quando potrà vaccinarsi. Ci saranno dosi per tutti? E in che tempi?La procedura di arrivo dei vaccini è lunga e incerta. In base agli accordi d'acquisto della Commissione europea, sono previste per l'Italia in tutto 202 milioni di dosi da sei aziende farmaceutiche. Ma le incognite sono legate ai tempi di somministrazione. Al momento, l'unico fatto acclarato è che la prima tranche di 1.800.000 dosi della Pfizer, la più rapida casa farmaceutica a sottoporre il medicinale all'esame dell'Ema, arriverà ai primi di gennaio. Si parte dal personale medico sanitario e dai centri anziani poi, in una seconda ondata, toccherà ai dipendenti dei servizi pubblici e delle scuole, alle forze dell'ordine e agli anziani più vulnerabili. Sul resto, grava ancora una coltre di nebbia. Dovrebbe essere poi la volta dei prodotti AstraZeneca, CureVac e Moderna. Non ci sono date perché l'avvio della fornitura dipende dall'autorizzazione dell'Ema e dalla fine delle sperimentazioni ancora in atto per due aziende. Sanofi, la quale aveva comunicato di essere pronta a dare 40 milioni di dosi entro il 2021, ha rivisto i piani perché all'ultimo test è emersa una riposta immunitaria bassa negli over 49. AstraZeneca è in ritardo nella consegna all'Ema dei suoi studi. Il piano i vaccinazione dovrà essere prolungato al 2022. Mancano altre informazioni. Per Pfizer e Moderna sappiamo che serve un richiamo per garantirsi l'immunità, nessuna comunicazione è arrivata dalle altre aziende. Le caratteristiche dei vaccini sono un aspetto tutt'altro che secondario per sapere se ci saranno dosi per tutti gli italiani: le modalità di somministrazione e gli eventuali richiami saranno determinanti per avere una risposta.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/dalla-frontiera-di-londra-vi-dico-la-logistica-italiana-non-funzionera-2649564970.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="dalla-frontiera-di-londra-vi-dico-la-logistica-italiana-non-funzionera" data-post-id="2649564970" data-published-at="1608490732" data-use-pagination="False"> «Dalla frontiera di Londra vi dico: la logistica italiana non funzionerà» «Il vero problema della vaccinazione è la logistica. Serve una organizzazione efficiente e capillare e personale medico pronto ad affrontare anche gli imprevisti. Riuscire a farcela è una scommessa per un Paese come l'Italia dove i disservizi sono la normalità». Pierluigi Struzzo è uno dei tanti medici italiani che a un certo punto della loro vita professionale, «stanco delle lobby sindacali e dell'associazione di categoria che ostacolano il merito e l'efficienza», si è trasferito in Gran Bretagna mettendo semplicemente il curriculum su Linkedin. Ora Struzzo partecipa al programma di vaccinazione avviato dal primo ministro Boris Johnson in anticipo rispetto al resto d'Europa.Lei vive in prima persona questa esperienza: come procede la campagna di immunizzazione degli inglesi?«Innanzitutto qui i medici sono formati. Devono fare un corso online che li istruisce sugli aspetti pratici ma anche legali dell'operazione».Vuol dire che occorre un corso per fare un'iniezione?«Voglio dire che questo non è un vaccino come gli altri. Va miscelato, diluito e soprattutto iniettato in tempi scanditi. L'organizzazione è fondamentale, altrimenti si rischia di sprecare il prodotto. Il corso online serve ad affrontare tutti i problemi che si possono presentare durante la vaccinazione. Ad ogni argomento segue una verifica, un esame e al termine il medico riceve una certificazione di idoneità ed entra in una banca dati, pronto per essere chiamato in rinforzo a chi già opera negli ospedali e nelle strutture sanitarie. I miei colleghi in Inghilterra devono formarsi in continuazione e ogni 5 anni sono sottoposti a verifiche. Non ci sono rendite di posizione. Un criterio applicato anche alla vaccinazione Covid».Come è stata organizzata la campagna?«Sono state stabilite priorità e questo penso sia un criterio comune a tutti i Paesi. Prima gli anziani e il personale medico sanitario. Sono stati individuati 50 centri su tutto il territorio nazionale in altrettanti ospedali ed è stata chiesta la disponibilità alle reti di ambulatori dei medici di famiglia. All'inizio hanno aderito in 280 che però si sono ridotti a 100 dopo i primi 3 casi di allergie importanti».Come mai?«Ora dopo la somministrazione il paziente deve attendere 15 minuti per verificare possibili reazioni e non tutti gli ambulatori possono organizzarsi in tal senso».Quindi c'è un problema organizzativo importante.«È così. Le tre reazioni anafilattiche si sono manifestate in persone che già avevano una storia di allergie gravi, quindi non hanno compromesso la validità e la sicurezza del prodotto. Però hanno costretto a cambiare procedure, imponendo il monitoraggio del paziente dopo la puntura. Sembra un aspetto marginale ma non lo è».Prolungare la permanenza di un paziente in ambulatorio richiede un'organizzazione particolare?«Sembra assurdo, ma è così. Ogni scatola del vaccino Pfizer contiene 195 flaconi e ciascuno ha 5 dosi, pertanto serve a vaccinare 975 persone. Bisogna calcolare i tempi al secondo perché, da quando si apre una scatola togliendola dal frigorifero a bassissima temperatura, il vaccino va utilizzato in tre giorni e mezzo. Dopodiché scade. La somministrazione richiede circa 8 minuti a persona tra la compilazione della scheda di registrazione dei dati e la puntura. Poi il paziente rimane sotto osservazione per 15 minuti per verificare se ci sono reazioni allergiche. Complessivamente ogni prestazione richiede circa 23 minuti».È una sorta di catena di montaggio?«Per rispettare i tempi, tra scongelamento e iniezione, occorre una organizzazione efficiente altrimenti si rischia di perdere prodotto prezioso. Poi bisogna considerare che non basta una sola dose. Dopo tre settimane, il paziente deve fare un'iniezione di richiamo. E allora occorre verificare che le persone non dimentichino l'appuntamento, mandando un avviso a casa o messaggi sul cellulare o via mail. Chi non può andare in ambulatorio deve essere raggiunto a casa. I problemi di logistica si pongono anche all'origine. In Italia bisognerà trasportare i vaccini con furgoni super attrezzati dall'hub di Pratica di Mare, dove sono stoccati, su tutto il territorio nazionale, nelle sedi provviste di frigoriferi. E lì ci devono essere persone pronte per scongelare le fiale. Fare la puntura è solo l'ultimo step di un processo complesso».Non è stato un azzardo per Boris Johnson anticipare i tempi senza attendere il via libera dell'Agenzia europea del farmaco?«Nella decisione del premier ha pesato una scelta di tipo politico, ha voluto dare un segnale forte al resto d'Europa. Ma dal punto di vista scientifico non ritengo sia stato un azzardo. In passato alle agenzie internazionali occorrevano anni per autorizzare la commercializzazione di un nuovo vaccino, ora i tempi si sono accorciati. L'americana Fda ha accelerato l'iter decisionale e ha stimolato l'Ema, su pressing dei governi europei, a fare lo stesso. Le emergenze comportano un cambiamento delle regole. Boris Johnson ha osato. L'alternativa era continuare a contare l'aumento dei decessi, in attesa dell'autorizzazione delle agenzie internazionali. L'azzardo è nel fatto che non conosciamo le reazioni del vaccino nel medio e lungo termine. Ma allora che facciamo? Aspettiamo i tempi lunghissimi come si faceva in passato?».L'organizzazione inglese potrebbe essere un modello per l'Italia e per il resto dell'Europa?«L'esperienza inglese può servire all'Italia a fare meglio».