Abbiamo intervistato Antonio Auricchio, cremonese, classe 1953, appassionato presidente Afidop, altrettanto appassionato presidente del Consorzio Gorgonzola Dop e ancora ugualmente appassionato cheesemaker (è presidente della Gennaro Auricchio S.p.A., ai più nota come la Auricchio del provolone).
È contento dell’intesa tra Afidop, ministro Lollobrigida e Fipe per la valorizzazione dei formaggi Dop e Igp?
«Proprio in questa occasione abbiamo presentato il nuovo logo Afidop che ho voluto fortemente. I grafici del Parmigiano Reggiano, bravissimi, hanno messo una goccia di latte stilizzata, perché tutti i formaggi vengono dal latte, sotto una forma di formaggio e naturalmente la bandiera italiana perché io sono un paladino dei formaggi italiani. Sono stato contento, non mi era mai capitato un personaggio politico, soprattutto un ministro, che arriva in perfetto orario, pensi che è stato con noi 3 ore e mezza. Ho pregato il ministro Lollobrigida di fare due cose per la tutela del consumatore: nei supermercati, in uno scaffale solo prodotti Dop (avevamo già fatto un intervento in questa direzione col Consorzio del Gorgonzola e del Parmigiano Reggiano) e in un altro i prodotti, buonissimi, ma che non sono Dop. Che non vuol dire “Mangiate solo Dop”, ma “Mangiate ciò che volete, ma sappiate che uno è Dop e uno no”. Poi, con Fipe, abbiamo proposto di stilare le linee guida per far capire a tutti, consumatori italiani ed esteri, cosa sono esattamente i formaggi Dop e Ig. Se diciamo Dop molti pensano al Parmigiano Reggiano Dop, al Grana Padano Dop, al Gorgonzola Dop, Mozzarella di bufala campana Dop, Pecorino Romano Dop, Provolone Dop e Asiago Dop, ma ce ne sono tanti altri, piccoli, che sono leccornie, spesso prodotte in situazioni difficilissime: il Bitto, strepitoso, la Casciotta di Urbino, la Toma piemontese, formaggi del sud. Ho anche proposto ai consorzi grandi di prendere per mano i consorzi più piccoli e accompagnarli sulla strada dell’esportazione nel mondo, per esempio negli Usa ci vogliono i permessi di importazione per formaggi di latte vaccino. Altro discorso, continuare la battaglia contro il Nutriscore. Mettere il bollino rosso, simbolo di pericolo, sul Parmigiano o sul Pecorino, è una brutta cosa. Va invece spiegato che se mangi due chili di formaggio non fa bene alla salute, ma anche mangiare tre chili di insalata non fa bene. Sono stato negli Stati Uniti a Fancy Food e ho notato dei formaggi lanciati da una multinazionale molto importante chiamati “Not cheese” però al gusto di provolone, al gusto di parmesan... Dobbiamo anche contrastare le imitazioni dell’italian sounding. Il mio sogno sono esportazioni dei nostri veri prodotti che superino in valore l’italian sounding. Il ministro Lollobrigida ha candidato la cucina italiana a patrimonio culturale immateriale Unesco, dobbiamo andare a braccetto col Masaf».
Si tratta di acculturare gentilmente italiani e non italiani che amano i nostri prodotti, e anche quelli che non li amano, di porgere loro la storia e le caratteristiche che rendono i formaggi quasi dei vini solidi? Tutto ciò che facciamo degustando vini possiamo farlo degustando i formaggi.
«Esattamente. Io vorrei seminare storia, cultura, territorialità. 56 prodotti Dop e Ig caseari, forse ne avremo altri come il Branzi o la Mozzarella di Gioia del Colle, siamo i primi al mondo ed è un grande onore, ma anche un grande onere: è ovvio che alcuni all’estero non ci amino, è ovvio che chi non ha nemmeno un buon formaggio ci metta il Nutriscore o dice che i nostri non sono buoni... Dobbiamo far capire che dietro un pezzettino di formaggio non solo c’è la difficoltà di produrre latte anche in zone impervie, non solo c’è la fatica di un numero pazzesco di lavoratori, ma anche la salvaguardia del territorio perché se nella Val di Taro oltre che i porcini, Ig anche quelli, noi non avessimo il Parmigiano Reggiano, beh in quelle valli lì tutti chiuderebbero perché non avrebbero il riscontro importante del prezzo del latte che il Dop può garantire».
Quali sono le idee con Fipe per valorizzare attraverso i ristoranti?
«Insieme con Fipe, ho proposto al ministro Lollobrigida che ci dia una mano, anche con le normative. Ciò servirebbe al cittadino italiano, ma anche, per esempio, al cittadino americano in visita che scopre il Provolone Valpadana Dop e poi tornato a casa lo paragona al finto provolone fatto in Wisconsin: lei pensa che quel turista sappia, se non gliela si spiega, la differenza? Dobbiamo agire per una cura potentissima dei nostri marchi, anche a tutela dei turisti stranieri che poi tornano nel loro paese e chiedono quel prodotto, non la scopiazzatura che invece viene loro venduta. Ecco perché io chiedo una protezione, come imprese, come industria. L’industria è quella che ha portato i grandi marchi dei nostri prodotti in America e in tutto il mondo a fine Ottocento, inizio Novecento. Perché il pecorino Locatelli negli Usa è premium price? Perché il signor Locatelli ha avuto la genialità di farlo buono, di esportarlo e di fargli avere una storia più che centenaria. Così pure la mia famiglia: il provolone Auricchio e il provolone Valpadana Dop possono sembrare due prodotti diversi ma sono lo stesso. Noi dobbiamo andare nei ristoranti e poter dire “Io voglio avere il Gorgonzola Dop Baruffaldi o l’Arioli piccante perché per me è più buono”. Questo è il mio sogno nel cassetto».
Ci difendiamo dai similari americani anche raccontando i nostri originali. Prima lei parlava di denominazione di formaggio e poi di marchio di produttore, proprio come il vino, perché io, per dire, posso apprezzare il Soave Doc e in particolare quello della Cantina Coffele, ma molti non sanno nemmeno la differenza tra Dop e Igp...
«Esattamente. Questa è la chiave anche per i formaggi. Io apro il mio caseificio da tanti anni. Le domande più simpaticamente toccanti e intelligenti le ho avute dai ragazzi di elementari e medie. Un altro mio sogno è quello di avere un’ora alla settimana di lezioni di arte culinaria, di arte alimentare. Tutti ci invidiano il made in Italy, la cucina italiana sta diventando più importante di quella francese, dobbiamo annaffiare questa pianta che sta diventando grande. La scuola è determinante».
Le piace lo slogan che ho coniato, Meno foodporn, più foodknowing? I social network sono pieni di foodporn, si vedono solo mani che spremono creme da cibi, ma il cibo non è questa cosa pacchiana divulgata in modo pacchiano, ci sarebbe così tanto da raccontare sui prodotti italiani...
«Mi piace e siccome quando sento qualcosa che mi piace mi faccio fare delle magliette, le farò fare con questo concetto carinissimo. Una volta ad una serata di beneficenza, che amo, avevo messo un mio pecorino di Sardegna stagionato in grotta. Una signora si avvicina, domando se vuole assaggiarlo e mi dice che i formaggi di pecora hanno un sapore da vomito e non li ha mai mangiati. Io le racconto com’è fatto e le chiedo di assaggiare, libera di sputare. Beh, lo assaggia e poi ne mangia metà: non credeva che il formaggio di pecora potesse essere così buono. Non serve uno che “racconti storie”, ma che racconti la verità. Tanti dicono: “Non mangio il parmigiano perché sono allergica al lattosio”, ma il Parmigiano è naturalmente privo di lattosio.