2025-09-04
D’Alema si intrufola pure a Pechino e aiuta Xi a riscrivere la storia
Presente alla parata cinese, non si sa bene a che titolo, l’ex premier tesse l’elogio della pace davanti ai carri armati che sfilano. Poi cita un immaginario contributo del Dragone alla sconfitta del nazismo.Metti tre sinceri democratici come Xi Jinping, Vladimir Putin e Kim Jong-un e una parata militare di dimensioni oceaniche. Aggiungi il presidente cinese che tenta di riscrivere la storia della Seconda guerra mondiale appropriandosi anche della sconfitta del nazifascismo. Completa con l’inquietante promessa del più tranquillo dei tre, Xi Jinping, di voler «stare dalla parte giusta della storia». Quello che è andato in scena a Pechino è stato un maestoso festival dell’orrore di Stato. Lo Stato quando non ci sono democrazia e rispetto dei diritti umani. Poi però alla fine si scopre che tra gli ospiti d’onore c’era anche Massimo D’Alema e tutto assume contorni più grotteschi e casarecci. D’Alema che va a battere le mani all’Asse del Male è troppo anche per l’Asse del Male. La televisione della Svizzera italiana, la Rsi, che segue sempre molto bene la politica estera, ieri all’ora di pranzo ha sfornato un servizio da Pechino decisamente preoccupato. Alla fine, si faceva notare che per fortuna «all’evento non hanno preso parte leader occidentali di spicco». Ma assieme all’ambasciatore svizzero, era presente l’ex consigliere federale Ueli Maurer. Maurer ha spiegato di aver fatto due cose, prima di partire: ha avvertito il suo ministro degli Esteri e ha fatto sapere al governo di Pechino di partecipare come «privato cittadino». L’ex premier italiano avrà fatto probabilmente lo stesso. In camicia bianca e pulloverino blu adagiato sulle spalle, il compagno vignaiuolo si è collegato con La7 poco prima della parata, per lanciare al mondo il seguente messaggio: «Spero, e confido, che da Pechino venga un messaggio per la pace e la cooperazione, per il ritorno a uno spirito di amicizia fra i popoli, per porre fine alle guerre che insanguinano il mondo». Il tutto mentre sfrecciavano nel cielo della capitale cinese gli aerei da combattimento e sfilavano i cingolati. Ovviamente sempre nel sullodato «spirito di amicizia fra i popoli». Ma a parte la surreale dichiarazione pacifista, scandita con la consueta sicumera manco si trovasse in piazza San Pietro all’Angelus di papa Leone, l’ex premier si è prestato anche al maquillage storico di Xi Jinping. D’Alema infatti ci ha tenuto a sottolineare e riconoscere lui per primo, con tutta la sua autorevolezza di ex capo di un grande partito post comunista occidentale, «la forza della memoria e del ricordo di una lotta eroica del popolo cinese, così importante non solo per la Cina, ma per tutta l’umanità, per la sconfitta del nazismo e del fascismo». Non lo devono aver sfiorato, nell’ordine, almeno tre sospetti: i cinesi non hanno combattuto né con i nazisti né con i fascisti; si sono opposti (per secoli) ai giapponesi, che però sono stati sconfitti militarmente dalla bomba atomica sganciata dagli americani; la storiella dei «nazisti» da sconfiggere nel 2025 è un elemento classico della propaganda di Putin contro l’Ucraina. Insomma, ripeterla a cuor leggero non è un bel gesto neppure nei confronti del povero Zelensky. Il D’Alema da parata rossa ha raccolto però anche qualche plauso. Michele Geraci, palermitano, indimenticabile sottosegretario allo Sviluppo economico nel governo Conte I e negoziatore degli accordi sulla Via della Seta, ha scritto su X: «Sagge parole di D’Alema qua a Pechino che parla come giusto di pace nei tanti Paesi del mondo dove ci sono guerre». Per poi aggiungere: «Ormai mi tocca essere d’accordo con i comunisti, marxisti e bolscevichi (scherzo), ma D’Alema resta una delle poche persone più equilibrate in politica estera. Sarebbe molto utile a compensare le mancanze culturali di chi è oggi al governo». È appena il caso di ricordare che questo governo, per i corifei di Pechino con passaporto italiano, ha un grave peccato sulla coscienza: aver lasciato scadere i citati accordi sulla Via della Seta. Le parole di D’Alema sono state diffuse anche dai media cinesi, con delle scritte in sovraimpressione che ricordavano che il politico italiano «è un grande amico del popolo cinese». Insomma, ha tirato acqua al mulino della propaganda di Pechino, che ha usato questa parata anche per mandare messaggi di forza a Washington e a Taipei. Uno come Baffino, però, non si limita certo a fare da claque: deve sempre avere un ruolo politico. O quantomeno crederci. Così quest’ultima missione a Pechino ricorda un po’ l’iniziativa che lui stesso rivelò nel marzo scorso, ovvero una serie di incontri a livello governativo in Brasile e Cina su precisa richiesta di Zelensky, che lo aveva avvicinato a margine di un’iniziativa sui Balcani. A Repubblica, D’Alema raccontò che Lula lo mise praticamente alla porta, dicendogli che «l’Ucraina è un problema degli Stati Uniti». Quanto a Pechino, non si è capito che cosa abbia ottenuto D’Alema. In ogni caso, lui continua ad andare in giro per il mondo a dire che la Cina non sapeva che la Russia stesse per invadere l’Ucraina, diversamente non ne avrebbe comprato la Borsa 20 giorni prima.Comunque D’Alema ha proprio una gran passione per la Cina. Due settimane fa, quando l’ambasciatore Jia Guide è andato in visita ufficiale a Narni, in Umbria, con un’ampia delegazione di alti funzionari di Pechino, a sorpresa si è presentato anche lui. Perché lui lo sa che se mai dovessero tornare i fascisti e i nazisti, saranno i suoi amici cinesi a salvarci. Ancora una volta.
Julius Evola negli anni Venti (Fondazione Evola)