2022-01-17
«Dal voto per il Colle dipende il futuro del centrodestra»
Il numero due leghista Lorenzo Fontana: «Se non riusciremo a eleggere un nostro esponente non so quale piega prenderà la nostra coalizione».«Da questa elezione passa il futuro del centrodestra: se non fossimo in grado di portare un nostro esponente al Quirinale, non so che piega potrebbe prendere la coalizione nei prossimi mesi». Nei ragionamenti di Lorenzo Fontana la parola più ricorrente è «compattezza». Al di là dei numeri e dei nomi, la partita si gioca sul metodo: «Mi auguro che tutti i leader abbiano senso di responsabilità e capiscano l’importanza di questo momento, senza portare avanti interessi personali o di parte», ragiona il vicesegretario federale della Lega.Onorevole Fontana, i numeri non sono dalla vostra parte: è la settimana decisiva per capire se Silvio Berlusconi ha voti a sufficienza per essere eletto prossimo presidente della Repubblica? «Veramente, al momento, il centrodestra ha la maggioranza relativa dei grandi elettori».Vero, ma non basta.«Sarà compito di tutti verificare se, in prossimità delle votazioni, ci sarà la possibilità di avere una maggioranza che assicuri l’elezione oppure no. In caso positivo, al di là delle opinioni personali, se il nostro candidato dovesse avere i voti è giusto che venga eletto».E in caso contrario?«Sarà per primo Berlusconi a sciogliere la riserva e dire che, forse, sarebbe meglio provare con qualcun altro. In uno scenario del genere, penso che si dovrebbe decidere insieme su chi virare: il centrodestra ha nomi autorevoli, donne e uomini, che possono ricoprire questo incarico».Per esempio Marcello Pera o Letizia Moratti?«Anche Maria Elisabetta Alberti Casellati, perché no. Da veneto, lasciatemi almeno fare il nome di una veneta, anche se in questo momento è poco opportuno parlare di nomi alternativi».Un eventuale piano B comprenderebbe anche il nome di Franco Frattini, uno degli ultimi a entrare nella rosa dei papabili?«È sicuramente una persona valida che ha ricoperto ruoli rilevanti. È uno di quei nomi autorevoli che può rappresentare il centrodestra. Bisognerebbe discuterne prima con la coalizione e poi anche fuori: a oggi, è evidente che servono almeno 50/60 voti in più».Senza considerare la quota, fisiologica, dei franchi tiratori. Qualcuno è arrivato a ipotizzare che gli ex parlamentari forzisti e addirittura alcuni ministri sarebbero pronti a voltare le spalle a Berlusconi.«Nel segreto dell’urna, non si è certi nemmeno del voto dei propri familiari. Per questo bisogna fare molta attenzione ai numeri. Deve essere innanzitutto Berlusconi a capire se ci sono chance oppure no».A giudicare dalle reazioni degli ultimi giorni, sembrerebbe un’operazione ai limiti dell’impossibile: «Berlusconi è un ostacolo al dialogo, una perdita di tempo», si ripete dalle parti del Pd.«A sinistra sono abili nel dire che i nostri candidati sono divisivi, mentre i loro sono sempre super partes. Quando è servito a Enrico Letta per avere la fiducia in Parlamento, qualche anno fa, Berlusconi non era considerato divisivo. Nel campo del centrodestra c’è una sorta di sudditanza psicologica. Berlusconi ha rappresentato una parte, spesso maggioritaria, del Paese: la sua è un’ambizione legittima. Quando hanno proposto Romano Prodi, vogliono farci credere che fosse un candidato super partes?».Sappiamo come è finita.«Impallinato da chi lo aveva sostenuto. Insomma, si tratta della solita questione, un po’ mediatica e un po’ culturale. Niente di nuovo. Dovremmo fare una battaglia affinché gli esponenti del centrodestra vengano considerati super partes, esattamente come avviene per i candidati del campo opposto».A sinistra non si esclude l’idea di disertare la quarta votazione nel caso in cui il nome di Berlusconi fosse ancora sul tavolo. Che ne pensa? «Hanno paura del segreto dell’urna: sono evidentemente terrorizzati dalla possibilità che diversi loro grandi elettori possano votare Berlusconi. Se non si presentano, nessuno può votare dall’altra parte, altrimenti verrebbe immediatamente individuato».Matteo Salvini si muove su due fronti: lealtà a Berlusconi senza chiudere con i leader degli altri partiti. Lo vede preoccupato?«Salvini sta cercando di far eleggere un esponente del centrodestra nella maniera più rapida possibile e con il più alto consenso auspicabile. Visti i numerosi veti, spesso ingiustificati, non è facile. Lavora sul nome di Berlusconi, tenendo conto del fatto che bisogna avere un piano B. Bisogna fare molta attenzione».«Salvini datte pace», ha ironizzato Carlo Calenda, commentando il dinamismo del segretario.«Il dialogo, come è giusto che sia, c’è un po’ con tutti: dai 5 stelle al Pd. Nel momento in cui non si hanno le forze sufficienti come centrodestra, bisogna tentare di parlare con tutti, segretari e singoli parlamentari. Il voto è segreto, ogni deputato esprime la propria preferenza: i margini sono proprio lì».Se non dovesse passare Berlusconi, si rispolvera l’asse gialloverde?«Sarebbe tutto il centrodestra a dialogare, non facciamo asse da soli».La coalizione è così compatta come sostenete?«Il centrodestra deve capire una cosa: in questa elezione ci giochiamo il futuro della coalizione. La premessa necessaria per portare un esponente del centrodestra al Quirinale è la compattezza della coalizione. Un eventuale fallimento sarebbe il preludio a enormi problemi di tenuta. Fare un buon lavoro significa mettere un tassello importante per le prossime elezioni».Nella nota con cui viene ribadito il vostro no a una possibile riforma elettorale in senso proporzionale, manca la firma di Luigi Brugnaro, leader di Coraggio Italia insieme con Giovanni Toti. Non esattamente un buon segnale, non crede?«Mi dispiace che non abbia firmato. Conosco e stimo Luigi Brugnaro, imprenditore e uomo del Nordest che non ama i giochini di potere. Una legge elettorale completamente proporzionale ci riporterebbe alla melma tipica delle Prima repubblica, dove il centro oscillava come un pendolo in base alla convenienza. Ciò non favorisce la stabilità dei governi né la compattezza delle coalizioni. Mi auguro che ci ripensi».Negli ultimi giorni, c’è chi ha sottolineato l’insolita loquacità di Gianni Letta, uno degli uomini più ascoltati proprio da Berlusconi. L’ha sorpresa la sua presenza a Palazzo Chigi, per un colloquio con il capo di gabinetto di Draghi, proprio nel giorno del vertice a Villa Grande?«No, immagino sia dovuta alla sua vicinanza a Berlusconi, maturata nel corso degli anni. Gianni Letta è una persona di esperienza, che conosce la politica e sa come muoversi anche all’interno del Parlamento».Nel gioco delle posizioni e dei sospetti reciproci, si inseriscono anche gli spifferi di alcuni vostri parlamentari, che all’orecchio dei colleghi forzisti avrebbero sussurrato le seguenti parole: «Giorgia Meloni preferisce Draghi al Quirinale». Significherebbe elezioni subito?«Probabilmente farebbe un grande favore a Enrico Letta: invece delle elezioni, c’è la possibilità di ritrovarsi con un governo di centrosinistra. Dopo meno di un anno, ci sono ancora molte cose da fare, a cominciare dal Pnrr. Lasciare il lavoro a metà non sarebbe logico. L’emergenza non è ancora finita, il Paese ha bisogno di stabilità. Penso che la cosa migliore da fare sia lasciare Draghi dov’è. Non so quale sia la sua volontà, ma io penserei a qualcuno più vicino alla nostra area politica. Ora che abbiamo la possibilità, non vedo perché lasciarci sfuggire l’occasione. La prossima arriverà tra 7 anni, chissà cosa succede nel frattempo».Diversi parlamentari sostengono che, di fronte a un possibile incartamento nelle votazioni, Sergio Mattarella «si sacrificherà», accettando un secondo mandato. Lo esclude?«Sarebbe una forzatura. In teoria c’è la possibilità, ma credo che questa opzione non fosse contemplata dai padri costituenti. Un mandato di 14 anni non mi sembra corretto, non solo per Mattarella; 7 anni sono un periodo abbastanza lungo e congruo. Penso che la politica possa e debba riuscire a trovare una persona nuova e diversa. In caso contrario, sarebbe la dimostrazione di un’incapacità a camminare con le proprie gambe». Secondo Matteo Renzi, il «27 gennaio prossimo avremo il nuovo presidente». La ritiene un’opzione possibile? Oppure è un ottimismo eccessivo quello dell’ex premier? «Lo spero anche io. Non so in base a cosa abbia questa convinzione, ma è auspicabile un’elezione veloce e condivisa. Sarebbe meglio andare a colpo sicuro il prima possibile. Le sessioni di voto saranno rese macchinose dall’emergenza sanitaria, non possiamo permetterci di perdere ulteriore tempo. Ma attenzione: fare in fretta non significhi fare male. Questa elezione aprirà molti scenari per il centrodestra: abbiamo un’occasione unica di cambiare il corso della storia, se restiamo compatti può diventare realtà».
(Totaleu)
Lo ha dichiarato l'europarlamentare della Lega Roberto Vannacci durante un'intervista al Parlamento europeo di Bruxelles.