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2021-04-22
Dal Kursk al Kri-Naggala 402 in Indonesia: le tragedie dei sommergibili
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Ansa
Ex Ufficiale sommergibilista della MM
Molti ricorderanno I'incidente del sommergibile russo Kursk nel 2000 e la morte dei suoi 118 membri dell'equipaggio, a seguito dell'esplosione al suo interno di un siluro nel corso di una esercitazione nel mar di Barents. È considerato il più grave incidente di sommergibile in tempo di pace. Più di recente, la notizia dell'incidente nel 2017 del sommergibile argentino Ara San Juan ha tenuto col fiato sospeso le famiglie e l'opinione pubblica argentina per settimane, fino alla comunicazione ufficiale che non vi erano superstiti. Il battello è stato localizzato un anno dopo sul fondale a 800 metri. E oggi purtroppo, stiamo assistendo a una nuova tragedia che colpisce un altro sommergibile. Questa volta è stata la Marina indonesiana ad annunciare la perdita di contatto col battello Kri Nanggala 402 della Classe Cakra, con a bordo un equipaggio di 53 persone, nel corso di una esercitazione di lancio reale di un siluro.
I sommergibili in immersione, per sicurezza, devono trasferirsi seguendo delle rotte prestabilite e rimanere dentro aree geografiche che possono spostarsi (Moving Heaven) oppure essere fisse (Submarine Patrol Areas). E date le caratteristiche e i rischi intrinseci del mezzo subacqueo, è necessario comunicare periodicamente (subcheck) con il comando che controlla il mezzo e dare la propria posizione. Se ciò non avviene al momento stabilito esistono delle procedure (comcheck, sublook, submiss, subsunk)che in maniera crescente aumentano le attività di verifica, sino eventualmente attivare le procedure di ricerca e soccorso, con l'impiego di tutti i mezzi disponibili in zona (aerei, elicotteri, unità militari, navi mercantili...) spesso anche in cooperazione con altre marine dell'area.
Dalle informazioni disponibili In questo momento, il battello potrebbe trovarsi su un fondale di circa 700 metri, mentre la sua resistenza strutturale è teoricamente garantita sino a 500 metri (250x2) circa. Purtroppo, già questo dato è significativo delle poche, se non nulle possibilità, di trovare qualcuno in vita. Ma ammettendo che lo scafo, e i passaggi a scafo abbiano resistito, la sopravvivenza di un equipaggio è condizionata dal rapido decadimento della qualità dell'aria a bordo, assieme al problema della temperatura all'interno che scende velocemente provocando l'ipotermia. Da aggiungere che localizzare un sommergibile sul fondo del mare non è un'impresa facile, né semplice. Come ex sommergibilista prego per un miracolo, ma le speranze sono obiettivamente pochissime. Al momento le cause dell'incidente sono solo ipotizzabili, ed avere la certezza di ciò che è successo – se mai fattibile - sarà un percorso molto lungo, complesso e costoso.
Questa nuova tragedia tuttavia deve far riflettere e vorrei condividere alcune considerazioni, che magari possano contribuire ad evitare il ripetersi di eventi simili in futuro. La prima considerazione riguarda l'età del sommergibile: Il battello indonesiano è stato costruito in Germania nel 1977 e consegnato nel 1981, più di 40 anni fa. E i lavori di ammodernamento sono stati fatti in Corea del Sud dal 2009 al 2012. Invero, anche il sommergibile argentino ARA San Juan era stato costruito a inizio degli anni '80. Gli esorbitanti costi dei sommergibili convenzionali (400/500 milioni di euro almeno) impediscono a molte marine da "green water" di concretizzare programmi di acquisizione di nuovi battelli, ed il risultato è spesso quello di utilizzarli ben oltre i limiti tecnici - e del buon senso - pur di mantenere l'importante effetto deterrente e la superiorità strategica in una determinata area che deriva dalla componente subacquea.
La seconda riguarda le apparecchiature e componenti di bordo (es. valvole, passaggi o penetratori a scafo) che sono spesso vetusti, non garantendo le prestazioni, sicurezza e affidabilità delle moderne apparecchiature e sistemi. Il binomio moderni sistemi e corretta manutenzione, è imprescindibile per garantire la sicurezza dei battelli. La terza riguarda l'addestramento, e la necessità che ogni Marina abbia a in servizio mezzi moderni per soccorrere velocemente un sommergibile sinistrato, nel caso fosse possibile. È fondamentale che vengano effettuate periodicamente esercitazioni nazionali e internazionali, simulando la fuoriuscita e il recupero da sommergibile affondato dell'equipaggio attraverso sistemi come la campane McCann, o i più moderni veicoli di soccorso ROV filoguidati (remote operated vehicles). E in questi settori le industrie italiane della subacquea sono all'avanguardia.
Caio Mussolini
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Dalle informazioni disponibili il battello potrebbe trovarsi su un fondale di circa 700 metri, mentre la sua resistenza strutturale è teoricamente garantita sino a 500 metri circa. Purtroppo, già questo dato è significativo delle poche, se non nulle possibilità, di trovare qualcuno in vita. Ex Ufficiale sommergibilista della MMMolti ricorderanno I'incidente del sommergibile russo Kursk nel 2000 e la morte dei suoi 118 membri dell'equipaggio, a seguito dell'esplosione al suo interno di un siluro nel corso di una esercitazione nel mar di Barents. È considerato il più grave incidente di sommergibile in tempo di pace. Più di recente, la notizia dell'incidente nel 2017 del sommergibile argentino Ara San Juan ha tenuto col fiato sospeso le famiglie e l'opinione pubblica argentina per settimane, fino alla comunicazione ufficiale che non vi erano superstiti. Il battello è stato localizzato un anno dopo sul fondale a 800 metri. E oggi purtroppo, stiamo assistendo a una nuova tragedia che colpisce un altro sommergibile. Questa volta è stata la Marina indonesiana ad annunciare la perdita di contatto col battello Kri Nanggala 402 della Classe Cakra, con a bordo un equipaggio di 53 persone, nel corso di una esercitazione di lancio reale di un siluro.I sommergibili in immersione, per sicurezza, devono trasferirsi seguendo delle rotte prestabilite e rimanere dentro aree geografiche che possono spostarsi (Moving Heaven) oppure essere fisse (Submarine Patrol Areas). E date le caratteristiche e i rischi intrinseci del mezzo subacqueo, è necessario comunicare periodicamente (subcheck) con il comando che controlla il mezzo e dare la propria posizione. Se ciò non avviene al momento stabilito esistono delle procedure (comcheck, sublook, submiss, subsunk)che in maniera crescente aumentano le attività di verifica, sino eventualmente attivare le procedure di ricerca e soccorso, con l'impiego di tutti i mezzi disponibili in zona (aerei, elicotteri, unità militari, navi mercantili...) spesso anche in cooperazione con altre marine dell'area.Dalle informazioni disponibili In questo momento, il battello potrebbe trovarsi su un fondale di circa 700 metri, mentre la sua resistenza strutturale è teoricamente garantita sino a 500 metri (250x2) circa. Purtroppo, già questo dato è significativo delle poche, se non nulle possibilità, di trovare qualcuno in vita. Ma ammettendo che lo scafo, e i passaggi a scafo abbiano resistito, la sopravvivenza di un equipaggio è condizionata dal rapido decadimento della qualità dell'aria a bordo, assieme al problema della temperatura all'interno che scende velocemente provocando l'ipotermia. Da aggiungere che localizzare un sommergibile sul fondo del mare non è un'impresa facile, né semplice. Come ex sommergibilista prego per un miracolo, ma le speranze sono obiettivamente pochissime. Al momento le cause dell'incidente sono solo ipotizzabili, ed avere la certezza di ciò che è successo – se mai fattibile - sarà un percorso molto lungo, complesso e costoso.Questa nuova tragedia tuttavia deve far riflettere e vorrei condividere alcune considerazioni, che magari possano contribuire ad evitare il ripetersi di eventi simili in futuro. La prima considerazione riguarda l'età del sommergibile: Il battello indonesiano è stato costruito in Germania nel 1977 e consegnato nel 1981, più di 40 anni fa. E i lavori di ammodernamento sono stati fatti in Corea del Sud dal 2009 al 2012. Invero, anche il sommergibile argentino ARA San Juan era stato costruito a inizio degli anni '80. Gli esorbitanti costi dei sommergibili convenzionali (400/500 milioni di euro almeno) impediscono a molte marine da "green water" di concretizzare programmi di acquisizione di nuovi battelli, ed il risultato è spesso quello di utilizzarli ben oltre i limiti tecnici - e del buon senso - pur di mantenere l'importante effetto deterrente e la superiorità strategica in una determinata area che deriva dalla componente subacquea.La seconda riguarda le apparecchiature e componenti di bordo (es. valvole, passaggi o penetratori a scafo) che sono spesso vetusti, non garantendo le prestazioni, sicurezza e affidabilità delle moderne apparecchiature e sistemi. Il binomio moderni sistemi e corretta manutenzione, è imprescindibile per garantire la sicurezza dei battelli. La terza riguarda l'addestramento, e la necessità che ogni Marina abbia a in servizio mezzi moderni per soccorrere velocemente un sommergibile sinistrato, nel caso fosse possibile. È fondamentale che vengano effettuate periodicamente esercitazioni nazionali e internazionali, simulando la fuoriuscita e il recupero da sommergibile affondato dell'equipaggio attraverso sistemi come la campane McCann, o i più moderni veicoli di soccorso ROV filoguidati (remote operated vehicles). E in questi settori le industrie italiane della subacquea sono all'avanguardia. Caio Mussolini
Il motore è un modello di ricavi sempre più orientato ai servizi: «La crescita facile basata sulla forbice degli interessi sta inevitabilmente assottigliandosi, con il margine di interesse aggregato in calo del 5,6% nei primi nove mesi del 2025», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert Scf. «Il settore ha saputo, però, compensare questa dinamica spingendo sul secondo pilastro dei ricavi, le commissioni nette, che sono cresciute del 5,9% nello stesso periodo, grazie soprattutto alla focalizzazione su gestione patrimoniale e bancassurance».
La crescita delle commissioni riflette un’evoluzione strutturale: le banche agiscono sempre più come collocatori di prodotti finanziari e assicurativi. «Questo modello, se da un lato genera profitti elevati e stabili per gli istituti con minori vincoli di capitale e minor rischio di credito rispetto ai prestiti, dall’altro espone una criticità strutturale per i risparmiatori», dice Gaziano. «L’Italia è, infatti, il mercato in Europa in cui il risparmio gestito è il più caro», ricorda. Ne deriva una redditività meno dipendente dal credito, ma con un tema di costo per i clienti. La «corsa turbo» agli utili ha riacceso il dibattito sugli extra-profitti. In Italia, la legge di bilancio chiede un contributo al settore con formule che evitano una nuova tassa esplicita.
«È un dato di fatto che il governo italiano stia cercando una soluzione morbida per incassare liquidità da un settore in forte attivo, mentre in altri Paesi europei si discute apertamente di tassare questi extra-profitti in modo più deciso», dice l’esperto. «Ad esempio, in Polonia il governo ha recentemente aumentato le tasse sulle banche per finanziare le spese per la Difesa. È curioso notare come, alla fine, i governi preferiscano accontentarsi di un contributo una tantum da parte delle banche, piuttosto che intervenire sulle dinamiche che generano questi profitti che ricadono direttamente sui risparmiatori».
Come spiega David Benamou, responsabile investimenti di Axiom alternative investments, «le banche italiane rimangono interessanti grazie ai solidi coefficienti patrimoniali (Cet1 medio superiore al 15%), alle generose distribuzioni agli azionisti (riacquisti di azioni proprie e dividendi che offrono rendimenti del 9-10%) e al consolidamento in corso che rafforza i gruppi leader, Unicredit e Intesa Sanpaolo. Il settore in Italia potrebbe sovraperformare il mercato azionario in generale se le valutazioni rimarranno basse. Non mancano, tuttavia, rischi come un moderato aumento dei crediti in sofferenza o gli choc geopolitici, che smorzano l’ottimismo».
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Getty Images
Il 29 luglio del 2024, infatti, Axel Rudakubana, cittadino britannico con genitori di origini senegalesi, entra in una scuola di danza a Southport con un coltello in mano. Inizia a colpire chiunque gli si pari davanti, principalmente bambine, che provano a difendersi come possono. Invano, però. Rudakubana vuole il sangue. Lo avrà. Sono 12 minuti che durano un’eternità e che provocheranno una carneficina. Rudakubana uccide tre bambine: Alice da Silva Aguiar, di nove anni; Bebe King, di sei ed Elsie Dot Stancombe, di sette. Altri dieci bimbi rimarranno feriti, alcuni in modo molto grave.
Nel Regno Unito cresce lo sdegno per questo ennesimo fatto di sangue che ha come protagonista un uomo di colore. Anche Michael dice la sua con un video di 12 minuti su Facebook. Viene accusato di incitamento all’odio razziale ma, quando va davanti al giudice, viene scagionato in una manciata di minuti. Non ha fatto nulla. Era frustrato, come gran parte dei britannici. Ha espresso la sua opinione. Tutto è bene quel che finisce bene, quindi. O forse no.
Due settimane dopo, infatti, il consiglio di tutela locale, che per legge è responsabile della protezione dei bambini vulnerabili, gli comunica che non è più idoneo a lavorare con i minori. Una decisione che lascia allibiti molti, visto che solitamente punizioni simili vengono riservate ai pedofili. Michael non lo è, ovviamente, ma non può comunque allenare la squadra della figlia. Di fronte a questa decisione, il veterano prova un senso di vergogna. Decide di parlare perché teme che la sua comunità lo consideri un pedofilo quando non lo è. In pochi lo ascoltano, però. Quasi nessuno. Il suo non è un caso isolato. Solamente l’anno scorso, infatti, oltre 12.000 britannici sono stati monitorati per i loro commenti in rete. A finire nel mirino sono soprattutto coloro che hanno idee di destra o che criticano l’immigrazione. Anche perché le istituzioni del Regno Unito cercano di tenere nascoste le notizie che riguardano le violenze dei richiedenti asilo. Qualche giorno fa, per esempio, una studentessa è stata violentata da due afghani, Jan Jahanzeb e Israr Niazal. I due le si avvicinano per portarla in un luogo appartato. La ragazza capisce cosa sta accadendo. Prova a fuggire ma non riesce. Accende la videocamera e registra tutto. La si sente pietosamente dire «mi stuprerai?» e gridare disperatamente aiuto. Che però non arriva. Il video è terribile, tanto che uno degli avvocati degli stupratori ha detto che, se dovesse essere pubblicato, il Regno Unito verrebbe attraversato da un’ondata di proteste. Che già ci sono. Perché l’immigrazione incontrollata sull’isola (e non solo) sta provocando enormi sofferenze alla popolazione locale. Nel Regno, certo. Ma anche da noi. Del resto è stato il questore di Milano a notare come gli stranieri compiano ormai l’80% dei reati predatori. Una vera e propria emergenza che, per motivi ideologici, si finge di non vedere.
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Una fotografia limpida e concreta di imprese, giustizia, legalità e creatività come parti di un’unica storia: quella di un Paese, il nostro, che ogni giorno prova a crescere, migliorarsi e ritrovare fiducia.
Un percorso approfondito in cui ci guida la visione del sottosegretario alle Imprese e al Made in Italy Massimo Bitonci, che ricostruisce lo stato del nostro sistema produttivo e il valore strategico del made in Italy, mettendo in evidenza il ruolo della moda e dell’artigianato come forza identitaria ed economica. Un contributo arricchito dall’esperienza diretta di Giulio Felloni, presidente di Federazione Moda Italia-Confcommercio, e dal suo quadro autentico del rapporto tra imprese e consumatori.
Imprese in cui la creatività italiana emerge, anche attraverso parole diverse ma complementari: quelle di Sara Cavazza Facchini, creative director di Genny, che condivide con il lettore la sua filosofia del valore dell’eleganza italiana come linguaggio culturale e non solo estetico; quelle di Laura Manelli, Ceo di Pinko, che racconta la sua visione di una moda motore di innovazione, competenze e occupazione. A completare questo quadro, la giornalista Mariella Milani approfondisce il cambiamento profondo del fashion system, ponendo l’accento sul rapporto tra brand, qualità e responsabilità sociale. Il tema di responsabilità sociale viene poi ripreso e approfondito, attraverso la chiave della legalità e della trasparenza, dal presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione Giuseppe Busia, che vede nella lotta alla corruzione la condizione imprescindibile per la competitività del Paese: norme più semplici, controlli più efficaci e un’amministrazione capace di meritarsi la fiducia di cittadini e aziende. Una prospettiva che si collega alla voce del presidente nazionale di Confartigianato Marco Granelli, che denuncia la crescente vulnerabilità digitale delle imprese italiane e l’urgenza di strumenti condivisi per contrastare truffe, attacchi informatici e forme sempre nuove di criminalità economica.
In questo contesto si introduce una puntuale analisi della riforma della giustizia ad opera del sottosegretario Andrea Ostellari, che illustra i contenuti e le ragioni del progetto di separazione delle carriere, con l’obiettivo di spiegare in modo chiaro ciò che spesso, nel dibattito pubblico, resta semplificato. Il suo intervento si intreccia con il punto di vista del presidente dell’Unione Camere Penali Italiane Francesco Petrelli, che sottolinea il valore delle garanzie e il ruolo dell’avvocatura in un sistema equilibrato; e con quello del penalista Gian Domenico Caiazza, presidente del Comitato «Sì Separa», che richiama l’esigenza di una magistratura indipendente da correnti e condizionamenti. Questa narrazione attenta si arricchisce con le riflessioni del penalista Raffaele Della Valle, che porta nel dibattito l’esperienza di una vita professionale segnata da casi simbolici, e con la voce dell’ex magistrato Antonio Di Pietro, che offre una prospettiva insolita e diretta sui rapporti interni alla magistratura e sul funzionamento del sistema giudiziario.
A chiudere l’approfondimento è il giornalista Fabio Amendolara, che indaga il caso Garlasco e il cosiddetto «sistema Pavia», mostrando come una vicenda giudiziaria complessa possa diventare uno specchio delle fragilità che la riforma tenta oggi di correggere. Una coralità sincera e documentata che invita a guardare l’Italia con più attenzione, con più consapevolezza, e con la certezza che il merito va riconosciuto e difeso, in quanto unica chiave concreta per rendere migliore il Paese. Comprenderlo oggi rappresenta un'opportunità in più per costruire il domani.
Per scaricare il numero di «Osservatorio sul Merito» basta cliccare sul link qui sotto.
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