2021-08-03
Da oggi Unicredit studia la pratica. Ma c’è l’incognita dei soci stranieri
Dai fondi ok condizionato sulle trattative per il Monte. Domani Daniele Franco riferisce in Aula«Sono sempre stato chiaro sul ruolo che l'M&A potrebbe giocare come potenziale acceleratore in grado di migliorare i nostri risultati strategici, sempre nel pieno rispetto dell'interesse dei nostri azionisti», ha detto l'ad di Unicredit, Andrea Orcel, nei giorni scorsi, commentando la trattativa aperta con il Mef sul Monte dei Paschi. Le condizioni poste da Orcel allo Stato - neutralità patrimoniale, perimetro selezionato, protezione dai contenziosi legali e l'esclusione dei crediti deteriorati da qualsiasi transazione - rappresentano la base per entrare in un periodo esclusivo di due diligence e negoziazione che dovrebbe durare fino a settembre. In questo arco di tempo, «verificheremo se saremo in grado di definire una transazione che possa soddisfare i parametri concordati. Allora avremo gli elementi per decidere se procedere», ha sottolineato il banchiere. Che deve rendere conto prima ai suoi soci e poi al Tesoro. Sullo sfondo, resta infatti da capire quale sarà la posizione degli azionisti di Unicredit, che dopo il maxi aumento di capitale da 13 miliardi è diventata di fatto una public company. In cda è stato dato il via libera a quello che per ora è una sorta di mandato esplorativo, ma se le condizioni richieste da Orcel dovessero essere accettate solo in parte dallo Stato, la posizione dei fondi internazionali come Blackrock (al 5,1%), Capital Research (5%), Allianz (3,1%) o Norges Bank (3%) cambierà? Si tratta di big player internazionali che hanno come unico obiettivo la valorizzazione - o quantomeno la tutela - del loro investimento. E che non hanno problemi a far sentire la loro voce, come è successo all'assemblea dello scorso 15 aprile, quando Blackrock, insieme ad Allianz e diversi altri fondi, hanno votato contro le politiche di remunerazione del gruppo in cui rientrava anche la retribuzione di Orcel (7,5 milioni di euro l'anno). Quanto ai soci di minoranza italiani, la Fondazione Cariverona (ha l'1,8% del capitale) ha già benedetto la mossa di Orcel definendola una scelta «importante e coraggiosa» e sulla stessa lunghezza d'onda sarebbe anche la Fondazione Crt (all'1,6%), ma i due enti non sono più l'ago della bilancia. Meno scontata è inoltre la posizione della Delfin di Leonardo Del Vecchio (all'1,9%): già a dicembre 2020 il patron di Luxottica aveva espresso delle riserve su una possibile ipotesi di fusione tra Unicredit e il Monte, vedendola come una riedizione della fusione «politica» con Capitalia. Certo, ora non si parla più di fusione né del progetto di creare una subholding come voleva l'ex ad, Jean Pierre Mustier. Ma Del Vecchio è impegnato in un'altra partita delicata - quella su Mediobanca con un occhio alle Generali, che vede schierato anche Francesco Gaetano Caltagirone (per altro ex vicepresidente di Mps) e quindi potrebbe giocare le sue carte guardando a entrambi i tavoli.Qualche dettaglio in più forse arriverà domani, quando il ministro dell'Economia, Daniele Franco, terrà un'informativa sul negoziato in Parlamento, nelle commissioni Finanze di Camera e Senato riunite (e forse anche davanti a quelle Bilancio). Ma finora non c'è ancora niente, nessun accordo, nessun testo o memorandum. Si lavora e si ragiona solo su ipotesi. E sulle proiezioni degli analisti. Come quelli di Bofa Merrill Lynch, che in un report hanno analizzato la presenza di entrambe le banche in Italia per diffusione degli sportelli provincia per provincia e a livello regionale. Ponendo come criterio una soglia del 30% per provincia (per evitare problemi di Antitrust), l'acquisizione potrebbe essere di circa l'80% del Monte. Tenendo, tuttavia, in considerazione l'attenzione di Unicredit alla qualità degli attivi (di solito peggiore al Sud), i broker di Bofa ritengono che «la dimensione potenziale del deal potrebbe essere inferiore a quella soglia». Durante la conference call Orcel ha parlato anche del passaggio «a un modello di business capital light», che non è il modello di Mps, evidenziano gli analisti americani. Ed è per questo che, secondo i broker, il potenziale accordo con il Monte «può essere solo il punto di partenza per future operazioni nel settore assicurativo e nella gestione dei fondi». Intanto la politica - Pd e Lega su questo sono sulla stessa linea - chiede di non escludere altre soluzioni. Come la creazione di una banca dei territori che, partendo dal Monte dei Paschi, riunisca altri istituti come Carige e Popolare di Bari. Nel frattempo, in Piazza affari ieri il titolo Mps ha perso l'1,7%, mentre le azioni Unicredit hanno lasciato sul terreno il 2%.