2020-11-06
Chiudono tutto ma non pagano mai
Attesa per il cdm sul nuovo decreto. Varrà 2 miliardi (quando ne servirebbero 26), ma senza uno scostamento di bilancio e con soli 1,7 miliardi avanzati dai precedenti, finirà che dirotteranno soldi già stanziati e mai spesi.Prima o poi la realtà dei numeri ha il sopravvento sulle promesse. Esattamente ciò che sta avvenendo in queste ore dalle parti di Palazzo Chigi, dove il premier Giuseppe Conte, si sta accorgendo che per gli indennizzi da erogare via decreto Ristori bis mancano i soldi. Non solo. Ha ricevuto la lettera dal Senato con cui ha appreso che il decreto della scorsa settimana non ha sufficienti coperture e che non rispetta le norme del bilancio dello Stato. E quindi dovrebbe, nel brevissimo tempo, andare in Parlamento e chiedere ulteriore sforamento di deficit. Peccato che abbia promesso all'Unione europea (tramite la Nadef e la bozza di manovra) che non ne avrebbe fatto ricorso. Il primo risultato è che il consiglio dei ministri previsto per ieri è saltato. Avrebbe dovuto approvare il decreto Ristori bis. Il cdm potrebbe essere convocato oggi a ora di pranzo. Tuttavia non siamo certi neppure di questa incertezza. Perché ai funzionari del Mef viene chiesto di compiere letteralmente un miracolo, dal punto di vista tecnico e dal punto di vista delle coperture. Lo schema degli indennizzi viene alimentato da fondi pescati da vecchi budget originariamente destinati al decreto Rilancio e Agosto per un importo di 5,4 miliardi. Lo scorso giugno il Parlamento ha permesso al ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri, di destinare i fondi non spesi ad altri capitoli o a successivi decreti senza passare dal parere dell'Aula. In questo modo si è fatto dell'inefficienza un vantaggio politico; i soldi sono sempre gli stessi ma vengono annunciati più volte. Così è stato per i 5,4 miliardi sbandierati la scorsa settimana. Peccato che il testo approvato, secondo i rilievi del Senato, non contenesse alcun dettaglio delle singole voci. Così il ministero nel preparare il Ristori bis dovrà fare i conti esatti e ciò implica un lavoro immane, che certo non si può fare in poche ore. L'altro miracolo a cui i tecnici sono chiamati è quello delle coperture. Degli oltre 100 miliardi di sforamento chiesti al Parlamento ne sono rimasti solo 1,7. Il testo che potrebbe essere approvato oggi cuba almeno 2 miliardi. Dunque, Conte pensa di usare di nuovo il gioco delle tre carte per l'85% delle coperture. E per il 15% rimanente raschiare ciò che resta di qualche vecchio fondo magari destinato già alle aziende, come avvenne per il Cura Italia. Ma non finisce qui. Perché i due decreti non possono solo guardare ai danni già subiti, ma devono contenere stime dei danni futuri e, con quelle, calcolare gli effettivi indennizzi. Ad esempio, uno degli obiettivi dichiarati, al di là delle erogazioni a fondo perduto per chi chiude, è quello delle sospensioni delle scadenze fiscali per le aziende residenti nelle zone rosse. E qui la situazione si complica. Come hanno detto molti governatori, il meccanismo che definisce il colore delle aree di rischio Covid, oltre a essere variabile, è estremamente farraginoso. Ne segue che oggi chiude la Lombardia e fra 15 giorni può toccare al Veneto o ad altre Regioni. Se chiude la Lombardia o se chiude la Valle d'Aosta, però, per le casse dello Stato cambia di molto. La Lombardia da sola fa il 26% del Pil nazionale. Significa che genera tanto gettito ma al contrario, se viene messa in frigorifero, necessita di molti indennizzi. Tutto ciò sembra però non essere minimamente calcolato dal governo, che si è premurato di chiudere in tutta fretta quattro Regioni senza valutare né calcolare le conseguenze economiche. Non a caso, ieri si è susseguita una sfilza di richieste da parte delle associazioni di categoria, che - tutelando i propri interessi - hanno fatto qualche semplice conto. «Molte banche indicano le nostre imprese come non sicure. E questo significa che anche con la garanzia dello Stato stabilita dal dl Liquidità, le banche ci chiedono fideiussioni accessorie insostenibili», ha spiegato la Fipe (Federazione italiana pubblici esercizi) in audizione, ieri pomeriggio, sul dl Ristori nelle commissioni Bilancio e Finanze del Senato. Solo ristoranti e bar stimano di perdere da qui a fine anno 26 miliardi. Che cosa mai potranno fare poco più di 7 miliardi (per giunta sottratti a vecchi stanziamenti) destinati anche a numerose altre categorie? La domanda è retorica. Ovviamente nulla. Tant'è che ieri hanno alzato la voce anche i titolari degli alberghi, i taxisti, gli Ncc e molti altri. A loro nessuno ha risposto con buonsenso. C'è chi, all'interno della maggioranza, ha invocato (diremmo giustamente) subito altri 20 miliardi di sforamento del bilancio (è il caso del sottosegretario al Mef, Alessio Villarosa) e chi (la collega vice ministro Laura Castelli) sostiene che vada tutto bene e che nel decreto Ristori bis metteranno altri bonus per gli asili e pure per i congedi parentali. I due grillini stanno nello stesso esecutivo e lavorano nello stesso palazzo. Ciò rende bene l'idea del caos in cui si trova il governo. Con un premier che si è infilato in cul de sac. Più si muove più rischia di fare danni. Nel caso specifico, avrebbe dovuto prima trovare la soluzione a tutti i problemi di finanza pubblica e poi semmai chiudere mezza Italia. L'inverso è un peccato gravissimo. In generale, ci viene spontaneo dire, meno iniziative prende, meglio è.
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