2023-01-11
Da Greta ai teppisti: targati Usa i finanziamenti per le ecoproteste
Greta Thunberg (Tim Whitby/Getty Images)
Gli attivisti di Ultima generazione pagati da una fondazione americana gestita da filantropi, eredi di petrolieri pentiti, ma anche registi e sceneggiatori. Così si spiega perché le loro imprese sono sempre ben documentate.Da Greta Thunberg a Ultima Generazione, un’unica pista. La staffetta è in pieno svolgimento. La piccola svedese, fattasi ormai donna (il 3 gennaio ha compiuto vent’anni), ha deciso di lasciare il fronte della lotta climatica. Thunberg ha dichiarato a novembre di voler smettere con l’attivismo per lasciare spazio a «coloro che hanno davvero storie da raccontare», bizzarra ammissione postuma della propria inconsistenza. Neppure il tempo di tirare il fiato, attività che peraltro comporta l’emissione di una certa quantità di anidride carbonica, che immediatamente compaiono sulla scena gli eco kamikaze, giovani paladini del clima che bloccano strade, irrompono in campo durante tornei di tennis, si incollano ad opere d’arte dopo averle imbrattate, lordano sedi istituzionali o sedi di aziende. Il tutto debitamente filmato e diffuso urbi et orbi con finezza tecnica e raro tempismo.A questo punto, registrato il ritiro anticipato di Greta, ecco giungere in forze la sinistra culturale italiana, che li battezza «i nostri figli guerrieri del clima». L’avanguardia della meglio gioventù ora non lotta per i diritti dei lavoratori (roba vecchia, oggi siamo tutti imprenditori di noi stessi), ma per il clima. Dal campo concreto della dialettica tra capitale e lavoro, il giovane ribelle ora si è spostato in quello aereo della scienza climatica, così come rigidamente delimitata dai testi ufficiali. La sceneggiata, però, è talmente evidente da essere imbarazzante. Le iniziative dei giovani disubbidienti sono studiate ed orchestrate ad arte, soprattutto nella loro diffusione. C’è una regia unica, strutturata ed efficace. No, nessun complotto: è sufficiente seguire il danaro.Il vecchio adagio «follow the money» ci porta al Climate Emergency Fund, con sede a Beverly Hills, California, un’organizzazione non-profit classificata come 501c(3) secondo la legge americana, cioè un ente che raccoglie donazioni e finanzia piccoli gruppi di attivisti senza pagare tasse. «Sosteniamo gli attivisti coraggiosi che svegliano il pubblico all’emergenza climatica», declama il sito web, che ha anche una sezione teorica titolata “Teoria del cambiamento” il cui slogan è «Il gradualismo ha fallito. Ma l’attivismo funziona». Lo stesso sito web riporta i nomi dei gruppi finanziati (da Ultima generazione in Italia a Just stop oil in Gran Bretagna) e la metodologia di preparazione delle campagne. Il fondo provvede a scegliere i gruppi da finanziare, forma gli attivisti su come condurre le iniziative e come diffonderle ai media, fornisce consulenza tecnologica, tiene una rete di contatti internazionali, per poi assegnare i fondi necessari, che possono anche comprendere le spese legali e variano da 35.000 a 80.000 dollari a gruppo. Con orgoglio, il sito rivela che dal 2019 ha finanziato 94 organizzazioni, con oltre 22.000 attivisti per il clima formati e oltre 1 milione di attivisti mobilitati.Direttore esecutivo di Climate Emergency Fund è una psicologa clinica americana di 36 anni, Margaret Klein Salamon. Ma è nel board del fondo che si trovano nomi interessanti. Innanzitutto, lo sceneggiatore premio Oscar, regista e produttore Adam McKay, che ha diretto il film catastrofico Don’t look up, uscito su Netflix nel 2021, ma anche Vice e The big short. McKay lo scorso settembre ha donato al fondo quattro milioni di dollari e si è seduto nel board. Al suo fianco, la fondatrice Aileen Getty, filantropa erede della celebre famiglia di petrolieri Getty. Nipote di quello che negli anni ’60 fu l’uomo più ricco del mondo, J. Paul Getty, fondatore della Getty Oil Company, Aileen ha avuto tormentate esperienze tra droga e Aids, prima di cambiare vita e utilizzare la fortuna di famiglia per opere di carità. Del prestigioso consesso fa parte anche Rory Kennedy, regista e produttrice cinematografica, esponente della grande dinastia dei Kennedy. È infatti figlia di Bob Kennedy, il politico democratico assassinato nel 1968, fratello di John Fitzgerald Kennedy, a sua volta assassinato a Dallas nel 1963. Vi sono poi Geralyn Dreyfous, produttrice cinematografica e televisiva, Sarah Ezzy, che gestisce i fondi della Aileen Getty Foundation, e Shannon O’Leary Joy, ambientalista e produttrice di documentari.Considerato che gran parte dei membri del fondo proviene dal mondo del cinema e della televisione, non devono sorprendere la cura e la tempestività con cui le azioni degli attivisti sono documentate e diffuse. Il fondo fornisce non solo conoscenze tecniche, ma una sceneggiatura di cui i gruppi attivisti sono interpreti, operatori di ripresa e diffusori. Nella trama, inoltre, i toni da scontro generazionale sono essenziali per conferire pathos ad una battaglia che, viceversa, avrebbe un riscontro emotivo modesto. Quello cui stiamo assistendo è la replica di un film già visto, in cui una ristretta élite usa i propri mezzi economici e di pressione per influenzare l’agenda politica, come una lobby qualunque. È lecito, fino a che non si sconfina nel reato. Possiamo anche pensare che le intenzioni dei giovani attivisti siano genuine, ma tra l’agire per un’idea e l’essere una marionetta nelle mani del potente di turno esiste una differenza abissale, di cui i ragazzi dovrebbero essere coscienti.
Elly Schlein con Eugenio Giani (Ansa)
(Ansa)
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