2023-09-14
Il Csm si spacca su Gratteri a Napoli. Primo scontro sui colleghi «lavativi»
La nomina a procuratore capo decisa a maggioranza. Contrarie le toghe di Area.Per la Procura di Napoli, la più grande d’Europa, il plenum del Csm sceglie a maggioranza Nicola Gratteri, che lascerà l’ufficio di Catanzaro che ha guidato per anni. Dopo aver incassato il via libera dalla Quinta commissione, quella che si occupa degli incarichi direttivi, Gratteri ha conquistato la postazione lasciata libera da Giovanni Melillo, passato un anno e mezzo fa a guidare la Procura nazionale antimafia e antiterrorismo, con 19 preferenze, tra le quali quelle del vicepresidente del Csm Fabio Pinelli, del procuratore generale della Cassazione Luigi Salvato, dei laici di centrodestra e di Ernesto Carbone, laico di Italia viva, coerente con la scelta fatta a suo tempo dal governo guidato da Matteo Renzi, del quale Gratteri per un po’ è stato Guardasigilli in pectore (la nomina poi sfumò perché pare che il Colle si mise di traverso).Pro Gratteri anche i consiglieri di Magistratura indipendente, l’indipendente Andrea Mirenda e il togato di Unicost, Antonino Laganà. Gli altri di Unicost, invece, hanno sostenuto Giuseppe Amato, procuratore di Bologna, che ha incassato anche il voto del presidente della Corte di Cassazione Margherita Cassano e del consigliere indipendente Roberto Fontana, e che alla fine si è fermato a cinque preferenze.Il procuratore aggiunto Rosa Volpe, invece, è stato sostenuto dal gruppo di Area, da Mimma Miele di Md e dal laico del Partito democratico Roberto Romboli, e rappresentava la scelta interna e di continuità, perché ha retto l’ufficio napoletano per un anno dopo il trasferimento di Melillo. Alla fine, di preferenze ne ha ricevute otto. Ai blocchi di partenza Gratteri era stato già preceduto dal giudizio espresso su di lui dal consiglio giudiziario di Catanzaro, che lo ha descritto come un magistrato «di straordinaria capacità di organizzazione, grande intelligenza ed eccellente attività di indagine».Le stesse argomentazioni a favore di Gratteri, ovvero la grande esperienza maturata nel contrasto ai fenomeni mafiosi e di criminalità organizzata, nella sua dimensione nazionale e transnazionale, che lo ha portato a relazionarsi con inquirenti di tutto il mondo, però, sono state usate anche contro di lui. Durante il dibattito, infatti, è stato attaccato per le polemiche suscitate da arresti antimafia poi annullati e dal suo modo di intendere il ruolo da capo di una Procura. Tra i maggiori fautori dell’animazione contro Gratteri c’era il togato di Area Maurizio Carbone. Per lui, «quando c’è Gratteri», la discussione al plenum «diventa quasi sempre un referendum su di lui». Il procuratore di Catanzaro, secondo Carbone, avrebbe portato in audizione «solo la sua immagine» e sarebbe alla ricerca di «un premio alla carriera».Inoltre sarebbe emersa «l’immagine negativa di un superprocuratore e di un padre-padrone che ha ammesso che si sbarazzerebbe senza mezzi termini del personale di polizia giudiziaria o di aggiunti che ritiene non svolgere il loro lavoro». Non solo: proprio per dimostrare l’autoritarismo di Gratteri, Carbone ha preso come esempio il fascicolo che l’allora procuratore di Roma Giuseppe Pignatone tolse al pm Stefano Fava, che voleva chiedere l’arresto dell’avvocato Piero Amara, ribaltando, così, incredibilmente ciò che aveva sostenuto lui stesso a marzo, sempre al Csm, mentre trattava proprio quella pratica. In quel caso affermò che Pignatone aveva fatto bene a sollevare dall’indagine Fava. Dimenticando però che Pignatone non era d’accordo su un arresto, mentre Gratteri nella stessa narrazione dei suoi oppositori sarebbe un procuratore manettaro. Insomma, si è trattato di una polemica, oltre che incoerente, pure parecchio contorta.Anche rispetto al sostegno sempre garantito da Area proprio a Pignatone. Tanto che al momento di nominare il nuovo procuratore di Roma, la corrente si schierò per la continuità con Pignatone, votando per Francesco Lo Voi.
Alberto Stefani (Imagoeconomica)
(Arma dei Carabinieri)
All'alba di oggi i Carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Chieti, con il supporto operativo dei militari dei Comandi Provinciali di Pescara, L’Aquila e Teramo, su delega della Direzione Distrettuale Antimafia de L’Aquila, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di un quarantacinquenne bengalese ed hanno notificato un avviso di conclusione delle indagini preliminari nei confronti di 19 persone, tutte gravemente indiziate dei delitti di associazione per delinquere finalizzata a commettere una serie indeterminata di reati in materia di immigrazione clandestina, tentata estorsione e rapina.
I provvedimenti giudiziari sono stati emessi sulla base delle risultanze della complessa attività investigativa condotta dai militari del NIL di Chieti che, sotto il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia, hanno fatto luce su un sodalizio criminale operante fin dal 2022 a Pescara e in altre località abruzzesi, con proiezioni in Puglia e Campania che, utilizzando in maniera fraudolenta il Decreto flussi, sono riusciti a far entrare in Italia diverse centinaia di cittadini extracomunitari provenienti prevalentemente dal Bangladesh, confezionando false proposte di lavoro per ottenere il visto d’ingresso in Italia ovvero falsificando gli stessi visti. L’associazione, oggi disarticolata, era strutturata su più livelli e si avvaleva di imprenditori compiacenti, disponibili a predisporre contratti di lavoro fittizi o società create in vista dei “click day” oltre che di di professionisti che curavano la documentazione necessaria per far risultare regolari le richieste di ingresso tramite i decreti flussi. Si servivano di intermediari, anche operanti in Bangladesh, incaricati di reclutare cittadini stranieri e di organizzarne l’arrivo in Italia, spesso dietro pagamento e con sistemazioni di fortuna.
I profitti illeciti derivanti dalla gestione delle pratiche migratorie sono stimati in oltre 3 milioni di euro, considerando che ciascuno degli stranieri fatti entrare irregolarmente in Italia versava somme consistenti. Non a caso alcuni indagati definivano il sistema una vera e propria «miniera».
Nel corso delle indagini nel luglio 2024, i Carabinieri del NIL di Chieti hanno eseguito un intervento a Pescara sorprendendo due imprenditori mentre consegnavano a cittadini stranieri documentazione falsa per l’ingresso in Italia dietro pagamento.
Lo straniero destinatario del provvedimento cautelare svolgeva funzioni di organizzazione e raccordo con l’estero, effettuando anche trasferte per individuare connazionali disponibili a entrare in Italia. In un episodio, per recuperare somme pretese, ha inoltre minacciato e aggredito un connazionale. Considerata la gravità e l’attualità delle esigenze cautelari, è stata disposta la custodia in carcere presso la Casa Circondariale di Pescara.
Nei confronti degli altri 19 indagati, pur sussistendo gravi indizi di colpevolezza, non vi è l’attualità delle esigenze cautelari.
Il Comando Carabinieri per la Tutela del Lavoro, da anni, è impegnato nel fronteggiare su tutto il territorio nazionale il favoreggiamento dell’immigrazione irregolare, fenomeno strettamente collegato a quello dello sfruttamento lavorativo.
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