
Il giudice Giovanni Kessler ha superato il limite di dieci anni consecutivi fuori ruolo. Lui annuncia: «Se costretto lascerò la toga».Un pasticcio imbarazzante, a ben vedere anche per il Colle. La nomina a ottobre scorso di Giovanni Kessler, voluto dal governo uscente alla guida dell'Agenzia per le dogane e i monopoli, è diventata un caso. Il Csm ha deciso di richiamare definitivamente in servizio al tribunale di Bolzano il magistrato. E lui, come ha annunciato, lascerà la toga (anche se prima attenderà il decreto del ministro) pur di mantenere l'incarico alla fine di una storia dai tratti comunque surreali. Sì, perché il Csm già mesi fa lo aveva avvertito che non avrebbe potuto accettare il ruolo a cui Palazzo Chigi lo aveva nel frattempo designato. Sottolineando anche l'anomalia delle procedure che gli hanno consentito di transitare dall'Ufficio antifrode europeo (Olaf) di Bruxelles a Roma. Ma non è tutto, perché la nomina di Kessler è stata vergata da Sergio Mattarella in persona, che del Csm è presidente. Suo il decreto di investitura del 6 ottobre scorso a cui è seguita, dopo una manciata di giorni, la decisione della Commissione europea di autorizzarne il comando all'agenzia fiscale del ministero delle Finanze.Quando l'incarico ai Monopoli e alla dogane era ancora un'indiscrezione, il Movimento 5 stelle aveva tuonato contro «l'ennesima nomina lottizzata e politicizzata da parte del Partito democratico». Il caso era finito in Parlamento con un'interrogazione al vetriolo del pentastellato Giorgio Sorial, che aveva pure sottolineato come il «renziano» Kessler fosse «animatore della prima ora del Pd a Trento» con tutto quel che ne conseguiva in termini di terzietà e indipendenza rispetto all'incarico al Mef. Ma ancora più sgradevoli erano stati gli attacchi dei quotidiani stranieri, in particolare il tedesco Der Spiegel, che aveva tirato in ballo i privilegi europei che sarebbero stati garantiti al magistrato anche una volta che fosse tornato in Italia. Kessler in passato era stato contestato a Bruxelles anche perché sospettato di aver suggerito a un testimone di usare metodi irregolari nell'inchiesta che aveva poi portato alle dimissioni di John Dalli, commissario alla Salute maltese accusato di aver chiesto tangenti a un produttore di tabacco svedese per mezzo di un faccendiere. Un caso che aveva indotto il Ppe a chiedere addirittura la testa di Kessler. Sarà stata la fretta o solo una dimenticanza, ma, all'atto della nomina alle dogane e ai monopoli da parte del Consiglio dei ministri, il magistrato non aveva ancora chiesto l'autorizzazione a Palazzo dei Marescialli. Dove tutti avevano subito inteso che si trattava di una gatta da pelare.Il 9 novembre scorso infatti, nonostante l'imbarazzo per una nomina già avvenuta, il Csm aveva preavvisato Kessler che la sua richiesta di aspettativa non sarebbe stata accolta. E a nulla erano valse ben due audizioni a Palazzo dei Marescialli che in tema di aspettative è vincolato a una regola con poche eccezioni. I magistrati possono rimanere complessivamente fuori ruolo per un massimo di dieci anni consecutivi: nell'arco della carriera, Kessler ha beneficiato dell'aspettativa per un periodo complessivo di oltre 18 anni. Ma pure scontando i quattro anni e undici mesi in cui è stato parlamentare e i due anni e poco più da consigliere provinciale, il conto era risultato comunque di dieci anni, sei mesi e 27 giorni (alla data in cui il caso era stato riesaminato, ossia a dicembre 2017).Ma chi è Giovanni Kessler? Figlio di Bruno, già presidente Dc della provincia di Trento, è al massimo della progressione di carriera (e dello stipendio) da magistrato nonostante abbia svolto a lungo altre mansioni. In aspettativa per la prima volta nel 1999 per essere associato a una missione Osce in Kosovo e in seguito riassegnato alla Procura di Bolzano, nel 2000 è stato nuovamente collocato fuori ruolo per mandato parlamentare. Finita l'esperienza a Montecitorio nel 2006 è stato confermato fuori ruolo presso l'ufficio legislativo del ministero della Giustizia, incarico lasciato pochi mesi dopo quando è stato nominato commissario per la lotta alla contraffazione presso l'Alto commissariato per la prevenzione e il contrasto della corruzione nella pubblica amministrazione. E ancora. Eletto membro dell'assemblea costituente del Pd nel 2007, l'anno successivo è stato confermato dal Csm in posizione di fuori ruolo per correre alle amministrative, diventando presidente del Consiglio della provincia autonoma di Trento. L'ultimo atto che lo riguarda a Palazzo dei Marescialli è la delibera del 26 gennaio 2011 con cui è stato autorizzato all'incarico di direttore generale dell'Olaf di Bruxelles, dove avrebbe concluso il suo mandato il 14 febbraio 2018 se non fosse stato per la chiamata di Palazzo Chigi. Che lo costringerà a dismettere, ma questa volta per sempre, la toga.
Leone XIV (Ansa)
- La missione di Prevost in Turchia aiuta ad abbattere il «muro» del Mediterraneo tra cristianità e Islam. Considerando anche l’estensione degli Accordi di Abramo, c’è fiducia per una florida regione multireligiosa.
- Leone XIV visita il tempio musulmano di Istanbul ma si limita a togliere le scarpe. Oggi la partenza per il Libano con il rebus Airbus: pure il suo velivolo va aggiornato.
Lo speciale contiene due articoli.
Pier Carlo Padoan (Ansa)
Schlein chiede al governo di riferire sull’inchiesta. Ma sono i democratici che hanno rovinato il Monte. E il loro Padoan al Tesoro ha messo miliardi pubblici per salvarlo per poi farsi eleggere proprio a Siena...
Quando Elly Schlein parla di «opacità del governo nella scalata Mps su Mediobanca», è difficile trattenere un sorriso. Amaro, s’intende. Perché è difficile ascoltare un appello alla trasparenza proprio dalla segretaria del partito che ha portato il Monte dei Paschi di Siena dall’essere la banca più antica del mondo a un cimitero di esperimenti politici e clientelari. Una rimozione selettiva che, se non fosse pronunciata con serietà, sembrerebbe il copione di una satira. Schlein tuona contro «il ruolo opaco del governo e del Mef», chiede a Giorgetti di presentarsi immediatamente in Parlamento, sventola richieste di trasparenza come fossero trofei morali. Ma evita accuratamente di ricordare che l’opacità vera, quella strutturale, quella che ha devastato la banca, porta un marchio indelebile: il Pci e i suoi eredi. Un marchio inciso nella pietra di Rocca Salimbeni, dove negli anni si è consumato uno dei più grandi scempi finanziari della storia repubblicana. Un conto finale da 8,2 miliardi pagato dallo Stato, cioè dai contribuenti, mentre i signori del «buon governo» locale si dilettavano con le loro clientele.
Giancarlo Giorgetti (Ansa)
Cambia l’emendamento alla manovra di Fdi sulle riserve di Bankitalia: appartengono al popolo italiano. Il ministro Giorgetti apre ad aiuti per accedere alle paritarie. Un’altra idea porta a finanziare gli istituti per acquistare i testi da dare in prestito agli studenti.
Fratelli d’Italia non molla sul tema delle riserve auree della Banca d’Italia e riformula l’emendamento alla manovra che era stato bocciato. Un fascicolo che rimette insieme i segnalati dai gruppi, infatti, contiene il riferimento al fatto che «le riserve appartengono allo Stato». Il nuovo emendamento prevede una interpretazione autentica dell'articolo riguardante la gestione delle riserve auree del testo unico delle norme di legge in materia valutaria che, si legge, «si interpreta nel senso che le riserve auree gestite e detenute dalla Banca d'Italia appartengono al Popolo Italiano». Sparisce il riferimento al trasferimento della proprietà allo Stato.
Ansa
Al liceo Giulio Cesare di Roma spunta su un muro una «lista stupri», con accanto i nomi delle studentesse. Un gesto orribile, che viene subito cavalcato dalla sinistra per rilanciare la pasticciata norma sul consenso e le lezioni di «sessuoaffettività».






