2021-12-30
Cruciani: «Fanno a me la morale su Mauro mentre esultano per la sua morte»
Il conduttore della «Zanzara» sul caso del suo opinionista no vax ucciso dal Covid: «La discussione è il sale della democrazia. Cinico non è avergli dato spazio, ma accusarlo adesso di essersela cercata».È lo stesso Giuseppe Cruciani, a inviarci i titoli dei siti di informazione inglesi e spagnoli che ne parlano. «Fosse vivo, a vedere che parlano tutti di lui sarebbe impazzito». La morte di Maurizio Buratti, meccanico di 61 anni, per tutti «Mauro da Mantova», accanito interventista nel programma La zanzara di Radio 24, ha fatto notizia persino oltreconfine. La narrazione è la stessa: era un noto no vax, è morto di Covid.Breve riassunto per chi si fosse perso le puntate precedenti: Mauro chiama in trasmissione a fine novembre, dice di avere 38 di febbre e si vanta di essere a far la spesa con mascherina abbassata.«Sì, e facevo fatica persino a crederci, ma poi ho ricevuto le immagini dai ragazzi che gli hanno parlato. Che, specifico, sono poi risultati tutti negativi. Era tutto vero». È stato lei a insistere perché si ricoverasse, giusto?«Nei giorni successivi mi ha detto che il saturimetro segnava 74, e solo grazie all’intervento di un medico molto conosciuto, ascoltatore della Zanzara, si è convinto ad andare in ospedale. A Verona, in auto, perché diceva che a Mantova era pieno di comunisti. Ma inizialmente si è rifiutato di farsi intubare, diceva che era solo influenza, e anche a detta dei dottori quei primi giorni gli sono stati fatali, hanno compromesso la situazione».Vi conoscevate da 10 anni, dal suo primo intervento in radio.«Complottista da ben prima del Covid, Mauro era antivaccinista perché pensava addirittura che ti potessero iniettare sistemi di controllo, o veleni. Era contro le presunte lobby farmaceutiche. Non lo definirei nemmeno no vax, lui era totalmente sui generis. Non c’è una storia uguale perché Mauro era unico, anche nella fine drammatica». Scrivono che era un matto, e che se l’è cercata. «Nessuno si merita di crepare, io non auguro la morte neppure al mio peggior nemico. Detto questo, chi si può arrogare il diritto di chiamarlo fuori di testa? Io lo chiamavo “svitato”, con affetto, perché lo conoscevo. Chi è contento della morte di Mauro è, semplicemente, un pezzo di merda». La vicenda non ha risparmiato nemmeno lei, primo a dare notizia della sua morte. «Mi hanno dato del cinico, dicono che verso lacrime da coccodrillo, quando invece non ho nulla da rimproverarmi. Mauro alla Zanzara aveva trovato una sua casa, una notorietà, anche. Viveva per dire la sua. Chi fa il moralista oggi cerca, come tutti, la sua patetica quota di esibizionismo. Siamo tutti un po’ esibizionisti».Non gli ha mai consigliato di vaccinarsi?«Glielo ho anche detto, sì, che sarebbe stato meglio, vista l’età e le sue condizioni di salute. Ma non sopporto chi dà consigli agli altri. Ciascuno è artefice del proprio destino. E poi: se non ti vaccini è matematico che muori? No, altrimenti oggi sarebbe un lazzaretto».Selvaggia Lucarelli la ha accusata di aver usato Mauro come macchietta, un giullare per fare show. «Nei confronti di alcune persone da tempo uso l’arma efficace dell’indifferenza assoluta. L’amico Paolo Liguori ha detto invece che prendere una persona no vax estremista dalla strada e portarla in radio per fare ascolti possa aver contribuito poi alla sua fine. Rispondo a lui: mi pare, con tutto il rispetto, una cosa ridicola».Perché ridicola?«In primis perché il successo in radio non si misura sugli ascolti giornalieri come in tv. E poi chi decide gli ospiti? Con quali criteri? Perché Mauro no, ma un filosofo sì? Chi sentenzia che una persona è disturbata o sana di mente? Una commissione? La cupola del politicamente corretto? E poi è una puttanata sesquipedale pensare che una trasmissione radiofonica possa condizionare la mente delle persone».No vax e critici del pass sono spesso in tv.«E chi muove accuse a Giletti, Floris, Myrta Merlino, o Bianca Berlinguer è ipocrita. Tutti, in questo mestiere, sanno che così la curva dell’ascolto si alza. Ciascuno, con la propria professionalità, personalità, onestà intellettuale, ci mancherebbe, quella curva il giorno dopo la va a guardare».Che lo scontro faccia audience non è una novità. «Io stesso ho partecipato a vari dibattiti e la discussione è il sale della democrazia. Quando ho espresso critiche verso i limiti del green pass sono però stato bollato come uno che voleva sfasciare il Paese. Peccato che in questi giorni sia finalmente caduto il velo della criminalizzazione: viene meno la narrazione della “pandemia dei non vaccinati”. Era una bufala, l’ho detto insieme a pochi altri in tempi non sospetti: l’aumento dei contagi ora dimostra che avevamo ragione».Dimostra che il green pass è sbagliato?«È stato presentato dallo stesso presidente del Consiglio come un modo per essere sicuri. E così non è, perché nessuno ha certezze. Solo che così in tanti hanno abbassato la guardia. Draghi se l’è cavata dicendo che in quel momento aveva quelle evidenze scientifiche ma, diciamolo, ha detto un falso». Perché Cruciani non dice se si è vaccinato o meno?«Perché è un’operazione terribile, classificare le persone tra vaccinati e non vaccinati. Anche se la classificazione ormai esiste, perché solo i primi entrano al ristorante». Lei lavora nella radio della Confindustria: la hanno mai limitata?«Mai, sono sempre stato totalmente libero a Radio 24. Ho ospitato spesso no vax, o gente che in qualche modo esprime la sua contrarietà, trattandola a volte con ferocia, altre con sarcasmo o con ironia, anche a seconda dell’umore della giornata. Continuerò a farlo».
Nicola Pietrangeli (Getty Images)
Gianni Tessari, presidente del consorzio uva Durella
Lo scorso 25 novembre è stata presentata alla Fao la campagna promossa da Focsiv e Centro sportivo italiano: un percorso di 18 mesi con eventi e iniziative per sostenere 58 progetti attivi in 26 Paesi. Testimonianze dal Perù, dalla Tanzania e da Haiti e l’invito a trasformare gesti sportivi in aiuti concreti alle comunità più vulnerabili.
In un momento storico in cui la fame torna a crescere in diverse aree del pianeta e le crisi internazionali rendono sempre più fragile l’accesso al cibo, una parte del mondo dello sport prova a mettere in gioco le proprie energie per sostenere le comunità più vulnerabili. È l’obiettivo della campagna Sport contro la fame, che punta a trasformare gesti atletici, eventi e iniziative locali in un supporto concreto per chi vive in condizioni di insicurezza alimentare.
La nuova iniziativa è stata presentata martedì 25 novembre alla Fao, a Roma, nella cornice del Sheikh Zayed Centre. Qui Focsiv e Centro sportivo italiano hanno annunciato un percorso di 18 mesi che attraverserà l’Italia con eventi sportivi e ricreativi dedicati alla raccolta fondi per 58 progetti attivi in 26 Paesi.
L’apertura della giornata è stata affidata a mons. Fernando Chica Arellano, osservatore permanente della Santa Sede presso Fao, Ifad e Wfp, che ha richiamato il carattere universale dello sport, «linguaggio capace di superare barriere linguistiche, culturali e geopolitiche e di riunire popoli e tradizioni attorno a valori condivisi». Subito dopo è intervenuto Maurizio Martina, vicedirettore generale della Fao, che ha ricordato come il raggiungimento dell’obiettivo fame zero al 2030 sia sempre più lontano. «Se le istituzioni faticano, è la società a doversi organizzare», ha affermato, indicando iniziative come questa come uno dei modi per colmare un vuoto di cooperazione.
A seguire, la presidente Focsiv Ivana Borsotto ha spiegato lo spirito dell’iniziativa: «Vogliamo giocare questa partita contro la fame, non assistervi. Lo sport nutre la speranza e ciascuno può fare la differenza». Il presidente del Csi, Vittorio Bosio, ha invece insistito sulla responsabilità educativa del mondo sportivo: «Lo sport costruisce ponti. In questa campagna, l’altro è un fratello da sostenere. Non possiamo accettare che un bambino non abbia il diritto fondamentale al cibo».
La campagna punta a raggiungere circa 150.000 persone in Asia, Africa, America Latina e Medio Oriente. Durante la presentazione, tre soci Focsiv hanno portato testimonianze dirette dei progetti sul campo: Chiara Concetta Starita (Auci) ha descritto l’attività delle ollas comunes nella periferia di Lima, dove la Olla común 8 de octubre fornisce pasti quotidiani a bambini e anziani; Ornella Menculini (Ibo Italia) ha raccontato l’esperienza degli orti comunitari realizzati nelle scuole tanzaniane; mentre Maria Emilia Marra (La Salle Foundation) ha illustrato il ruolo dei centri educativi di Haiti, che per molti giovani rappresentano al tempo stesso luogo di apprendimento, rifugio e punto sicuro per ricevere un pasto.
Sul coinvolgimento degli atleti è intervenuto Michele Marchetti, responsabile della segreteria nazionale del Csi, che ha spiegato come gol, canestri e chilometri percorsi nelle gare potranno diventare contributi diretti ai progetti sostenuti. L’identità visiva della campagna accompagnerà questo messaggio attraverso simboli e attrezzi di diverse discipline, come illustrato da Ugo Esposito, Ceo dello studio di comunicazione Kapusons.
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Mark Zuckerberg (Getty Images)