È bastato un mio tweet ironico sulla mise di Teresa Bellanova per scatenare le prefiche politicamente corrette. Peccato che io non abbia insultato in nessun modo il ministro per il suo fisico. Ma Carlo Calenda pretende addirittura di epurarmi dalla tv.
È bastato un mio tweet ironico sulla mise di Teresa Bellanova per scatenare le prefiche politicamente corrette. Peccato che io non abbia insultato in nessun modo il ministro per il suo fisico. Ma Carlo Calenda pretende addirittura di epurarmi dalla tv.Ecco a voi il reprobo, che poi sarei io. Ieri è morto Robert Mugabe, il tiranno dello Zimbabwe: ma la sensazione è che, in un ipotetico referendum su Twitter, sarebbe stato largamente plebiscitato dalle migliori risorse della sinistra italiana, a mie spese. Capo d'imputazione a mio carico? Il fatto che l'altro giorno, dopo il giuramento al Quirinale dei nuovi ministri, trovando un pochino vistoso e discutibile l'abito a balze blu elettrico indossato da Teresa Bellanova, io abbia pubblicato un tweet ironicamente critico verso il vestito («Carnevale? Halloween?»). Tutto qui: nulla di più e nulla di meno di un tweet su un vestito. Battuta naturalmente discutibilissima: a qualcuno può esser parsa simpatica, ad altri inopportuna e sgradevole. Totalmente legittima l'una e l'altra opinione: anzi, può benissimo darsi che il vestito fosse assai migliore del tweet. A prima vista, non mi sembrava materia da crociate o da guerre di religione. Quante volte avete letto o sentito battute feroci sulla mise dei reali britannici, sui cappellini della regina o della regina madre, scomparsa qualche anno fa? O - ben più vicino a noi, in questi giorni - battute sulla pochette di Giuseppe Conte, di cui ieri un quotidiano spiegava addirittura i dettagli delle quattro «cime» che spuntano dal taschino? E invece mi sbagliavo. Qualche ora dopo la pubblicazione del tweet, con ampia mobilitazione (deputati e senatori del Pd, l'immancabile catena di #facciamorete, molti utenti spontanei, e pure un vasto campionario di troll e account sospetti), sono stato lapidato. Per quello che ho scritto? No: per quello che non ho scritto.Sta qui il punto. Con uno slittamento dal vero al falso, mi è stato attribuito ciò che non ho mai né scritto né pensato: battute sulle donne, sul corpo di una signora, sui suoi titoli di studio. Un tweet su un abito è diventato l'anticamera per accuse che riassumo così: sessismo, misoginia, derisione degli altri, body shaming (detto in inglese, è ancora più minaccioso, pare). Così, in un crescendo che dall'altra notte mi ha accompagnato fino a ieri sera, sono stati chiamati in causa i miei genitori (uno dei quali non c'è più); il mio presunto fascismo (di andata o di ritorno, ontologico o acquisito); il tradimento del liberalismo (certificato dal presidente dei senatori del Pd, che evidentemente, nel tempo libero, rilascia e ritira patenti liberali).Ed è partita - a corredo - una raffica di minacce. Incluso un buon pacchetto di minacce di morte. Alcune, va detto, elaborate e artisticamente fantasiose, con spiegazione dettagliata del tipo e del grado di sofferenza adeguati per punirmi. Altri, invece, non hanno minacciato, ma hanno sfoggiato la loro sensibilità culturale. Uno per tutti, Alessandro Gassmann, che ha pubblicato una mia foto con il titolo «L'imbecille»: polemica elegante, civile, democratica. Al simpatico rodeo hanno anche partecipato firme del servizio pubblico della Rai, reiterando surreali accuse di razzismo nei miei confronti. Ma non bastava ancora. Con piglio da pubblico ministero, è arrivato Carlo Calenda a dire che «gli insulti di Capezzone sono vergognosi». E già qui, come gli hanno fatto notare decine di utenti, non si capiva bene quali fossero i miei insulti. Ma ormai Calenda aveva già preso la rincorsa: «In qualunque Paese normale uno che si esprime così non varcherebbe mai più la porta di uno studio televisivo». Per rafforzare il concetto, Calenda ha anche taggato (cioè messo a conoscenza su Twitter) uno degli account di Mediaset, in modo - intuisco - da segnalare bene chi debba e chi non debba essere invitato in tv. Circostanza interessante, dunque. Dopo neanche un giorno al governo, il Pd, senza perdere tempo, già chiede censura e bavaglio, già inizia a compilare l'elenco degli sgraditi, di quelli che non devono avere diritto di parola. Qui finisce il mio racconto, e devo scusarmi con i lettori per aver preso un po' del loro tempo, mentre ringrazio in modo speciale La Verità che mi consente di rimettere in fila un po' di fatti. E di fare un'annotazione. Sono stato criminalizzato per ciò che non ho detto (ho parlato di abiti, non di persone). Invece qualcun altro - per anni - ha effettivamente detto alcune cose, non limitandosi ai capi d'abbigliamento, ma andando al cuore delle (vere o presunte) caratteristiche fisiche e morali dei propri avversari.Contro esponenti di centrodestra, ricordo (da sinistra) accuse infamanti verso deputate (trattate senza tanti giri di parole come escort o peggio). Ricordo volgarità inenarrabili (e la chiamavano «satira») sulla statura dell'uno o le caratteristiche fisiche dell'altro avversario politico. Dunque, di là, si può offendere chiunque sul piano personale. Di qua, non si può fare una battuta su un vestito. Va dato atto a una persona, e cioè alla stessa Teresa Bellanova, di essere stata molto più spiritosa e sportiva dei bodyguard accorsi per difenderla. Ieri, con un tweet, ha riproposto la foto del suo vestito, chiosando: «La vera eleganza è rispettare il proprio stato d'animo: io mi sentivo entusiasta, blu elettrica e a balze e così mi sono presentata». Chapeau a lei. Non ai lanciatori di minacce e agli addetti «democratici» alla censura.
Ansa
Maurizio Marrone, assessore alla casa della Regione Piemonte in quota Fdi, ricorda che esiste una legge a tutela degli italiani nei bandi. Ma Avs la vuole disapplicare.
In Italia non è possibile dare più case agli italiani. Non appena qualcuno prova a farlo, subito si scatena una opposizione feroce, politici, avvocati, attivisti e media si mobilitano gridando alla discriminazione. Decisamente emblematico quello che sta avvenendo in Piemonte in queste ore. Una donna algerina sposata con un italiano si è vista negare una casa popolare perché non ha un lavoro regolare. Supportata dall’Asgi, associazione di avvocati di area sorosiana sempre in prima fila nelle battaglie pro immigrazione, la donna si è rivolta al tribunale di Torino che la ha dato ragione disapplicando la legge e ridandole la casa. Ora la palla passa alla Corte costituzionale, che dovrà decidere sulla legittimità delle norme abitative piemontesi.
Henry Winkler (Getty Images)
In onda dal 9 novembre su History Channel, la serie condotta da Henry Winkler riscopre con ironia le stranezze e gli errori del passato: giochi pericolosi, pubblicità assurde e invenzioni folli che mostrano quanto poco, in fondo, l’uomo sia cambiato.
Il tono è lontano da quello accademico che, di norma, definisce il documentario. Non perché manchi una parte di divulgazione o il tentativo di informare chi stia seduto a guardare, ma perché Una storia pericolosa (in onda dalle 21.30 di domenica 9 novembre su History Channel, ai canali 118 e 409 di Sky) riesce a trovare una sua leggerezza: un'ironia sottile, che permetta di guardare al passato senza eccessivo spirito critico, solo con lo sguardo e il disincanto di chi, oggi, abbia consapevolezze che all'epoca non potevano esistere.
Ansa
Gli obiettivi imposti sono rifiutati perché deleteri e insostenibili. Farebbero meglio a seguire i consigli di Bill Gates.
L’appuntamento è fisso e il corollario di allarmi sulla imminente fine del mondo arriva puntuale. Alla vigilia della Cop30 - la Conferenza delle Nazioni Unite sul clima che si terrà a Belém, in Brasile, dal 10 al 21 novembre - il fronte allarmista globale ha rinnovato il coro catastrofico con la pubblicazione di due rapporti cruciali. L’Organizzazione meteorologica mondiale (Wmo) ha diffuso il suo State of the Global Climate Update 2025, mentre l’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) ha pubblicato il suo Climate Action Monitor 2025.
2025-11-07
Dimmi La Verità | Giovanni Maiorano (Fdi): «Una proposta di legge a tutela delle forze dell'ordine»
Ecco #DimmiLaVerità del 7 novembre 2025. Il deputato di Fdi Giovanni Maiorano illustra una proposta di legge a tutela delle forze dell'ordine.






