2019-04-07
Critichi le idee Lgbt? Niente borsa di studio
La decisione della «law school» dell'Università di Yale: tagliati i finanziamenti per attività estive e post laurea e stop ai prestiti per gli studenti che collaborano con associazioni non approvate dagli attivisti arcobaleno. Nel mirino conservatori e cristiani.Avete visto il film Il ponte delle spie? È tratto da una storia vera: Tom Hanks interpreta un avvocato americano, suo malgrado chiamato a difendere in tribunale una spia sovietica. Un incarico che, ovviamente, gli attira l'ostilità dei «patrioti». Ma di fronte alle critiche, lui si giustifica enunciando un principio sacrosanto: «Ogni uomo è importante». E ogni uomo ha diritto a una difesa in un regolare processo. «È questo che ci rende tutti americani: il manuale delle regole. Lo chiamiamo Costituzione». Perdonate la lunga premessa. Serviva solo per mostrarvi che, se l'America degli anni Sessanta era capace di accordare i benefici dello Stato di diritto pure a una spia comunista, quella degli anni Duemila sembra incapace di fare altrettanto con chi commette l'imperdonabile crimine di opporsi alla propaganda Lgbt.Ha dell'incredibile, infatti, l'ultima trovata della facoltà di giurisprudenza dell'Università di Yale: smetterà di finanziare borse di studio estive o post laurea e non concederà più prestiti a fondo perduto agli studenti che sceglieranno di lavorare o svolgere degli stage per organizzazioni che discriminano «in base all'orientamento sessuale o all'identità e all'espressione di genere». La decisione è stata comunicata pochi giorni fa, via email, agli iscritti a quella che è una delle scuole di diritto più prestigiose al mondo. Nel messaggio, peraltro, veniva ringraziato un gruppo di attivisti Lgbt dell'ateneo, dal quale sarebbe partita la proposta di chiudere i rubinetti ai presunti «omofobi». E si tratta di una somma ragguardevole: nel 2018, Yale ha sborsato 1.800.000 dollari per le borse di studio estive, garantendo sostegno finanziario agli studenti che hanno lavorato nello staff legale di organizzazioni di interesse pubblico, no profit, o in agenzie governative.Il trucco per rendere più digeribile quest'assurdità è semplice: il personale amministrativo dell'università statunitense ha specificato che il nuovo regolamento varrà solo per le organizzazioni che si rifiutano di assumere gay, lesbiche e trans, non per quelle che semplicemente «si oppongono» all'agenda Lgbt. Una distinzione che ha tutta l'aria del cavillo. In una «law school», d'altra parte, non poteva essere altrimenti: sono arrivati gli azzeccagarbugli arcobaleno. Ma si capisce che il criterio proposto da Yale rischia di essere solamente una foglia di fico. Lo ha fatto notare il senatore repubblicano Ted Cruz, che ha minacciato di trascinare il caso davanti al dipartimento di Giustizia: «Il regolamento», ha scritto l'onorevole texano, «è incostituzionale e ha un intento chiaramente discriminatorio: mira a creare una lista nera di organizzazioni cristiane e a punire gli studenti di Yale spinti dalla loro fede religiosa a lavorare» per quelle associazioni. Già, perché negli Usa ci sono tanti gruppi cristiani che richiedono ai loro impiegati una sorta di assicurazione di moralità. E, di conseguenza, non assumono persone che adottano una condotta contraria ai principi religiosi. Si tratta di enti privati, che perseguono finalità etiche ben precise. Logicamente, esigono una certa coerenza da parte dei loro esponenti. È uno degli ultimi baluardi di autodeterminazione che l'America rabbiosa dei censori del pensiero unico vorrebbe scardinare.La svolta dell'Università di Yale, dunque, benché sia stata venduta come una nuova tappa verso l'eguaglianza e il contrasto alle discriminazioni, è in realtà essa stessa fortemente antiegalitaria e discriminatoria. L'ateneo, tradizionalmente culla di idee liberali, in pratica sta trasmettendo ai suoi iscritti un messaggio molto chiaro: un'organizzazione pro vita o che difende la famiglia tradizionale non ha diritto a un consulente legale. Solamente chi accetta gli articoli di fede «omoeroticamente corretti» merita di essere tutelato giuridicamente. Ecco: altro che «ogni uomo è importante». Altro che il viso gentile di Tom Hanks, alias avvocato James B. Donovan, che arringa la Corte Suprema spiegando come pure un avversario politico, al servizio di una potenza nemica e in grado di mettere in pericolo la sicurezza nazionale, debba essere trattato dinanzi alla legge alla stregua di qualsiasi altro cittadino americano. La strada che sta intraprendendo quella che dovrebbe essere la casa natale della dottrina dei diritti civili, conduce davvero a un fossato: il baratro in cui lasciare che precipitino proprio i diritti civili di chi non ne vuole sapere dell'ideologia arcobaleno.Che la policy appena adottata dalla facoltà di legge contraddica i valori per cui Yale si è sempre distinta, lo ha ribadito proprio il senatore Cruz. L'esponente repubblicano ha sottolineato che essa è in conflitto «con la Dichiarazione sull'uguaglianza delle opportunità dell'Università di Yale», secondo la quale l'ateneo «non compie discriminazioni nell'ammissione, nei programmi educativi o di impiego in virtù del credo religioso dei singoli individui». Per di più, dal momento che Yale percepisce fondi federali, è tenuta a rispettare le convinzioni dei suoi studenti e a garantire agli iscritti, appunto, la piena «uguaglianza di opportunità». È un punto fondamentale, perché quello delle sovvenzioni pubbliche è uno dei motivi di contestazione ai gruppi cristiani che non assumono omosessuali e trans: se volete i soldi dello Stato, si dice, allora non potete rifiutare un dipendente in base al suo orientamento. Ebbene, con lo stesso ragionamento, se Yale vuole il denaro dei contribuenti, farebbe bene a non negare il supporto economico ai ragazzi che decidono di mettere la propria professionalità nel campo legale al servizio di enti che si battono contro l'aborto o contro il matrimonio gay.È davvero un'ironia della sorte che il gruppo Lgbt che ha invitato l'università a lasciare a secco chi rifiuta il credo arcobaleno, si faccia chiamare «The outlaws», cioè «I fuorilegge». Probabilmente, visto che il diritto l'hanno studiato in una facoltà blasonatissima, lo sanno persino loro che il nuovo regolamento viola il famoso «manuale delle regole» che rende tutti gli americani, per l'appunto, americani. Ma forse è questo il destino delle minoranze: trasformarsi da oppressi in oppressori, da vittime in aguzzini. Facendo passare tutto questo, naturalmente, per una conquista di giustizia.