In Italia barricate per il ritorno anticipato dei medici no vax negli ospedali. In Germania invece ammettono di aver perseguitato ingiustamente i bambini. Mea culpa anche in Gran Bretagna, Danimarca, persino in Canada: dovremmo prendere esempio. Da Copenaghen pure su come si contrasta davvero l’invasione.
In Italia barricate per il ritorno anticipato dei medici no vax negli ospedali. In Germania invece ammettono di aver perseguitato ingiustamente i bambini. Mea culpa anche in Gran Bretagna, Danimarca, persino in Canada: dovremmo prendere esempio. Da Copenaghen pure su come si contrasta davvero l’invasione.Dall’Europa copiamo solo le cose peggiori. Se c’è da applicare l’austerity, siamo i primi e se si deve dichiarare guerra alle auto a motore per puntare sull’elettrico, nonostante alcuna nostra azienda sia attrezzata per produrre batterie, ci facciamo in quattro. Probabilmente l’atteggiamento è frutto di un complesso di inferiorità, per cui ci sentiamo non all’altezza della situazione. Mario Monti che da scolaretto scodinzolava di fronte ad Angela Merkel, mostrando di aver fatto i compiti a casa, resta la rappresentazione più evidente di un sentimento di subalternità. Oppure siamo affetti da masochismo congenito, per cui se c’è da farci del male introducendo nuove tasse che invece di aiutarci a stare meglio ci faranno stare peggio, non vediamo l’ora.Ciò detto, dall’Europa dovremmo imparare a copiare i lati positivi e non soltanto quelli che per il nostro Paese sono negativi. Vi chiedete quali siano? Beh, vi faccio un paio di esempi. Il primo riguarda la gestione del Covid. La decisione del governo di togliere le multe nei confronti di chi non si è vaccinato, e riammettere in servizio i medici e gli infermieri sospesi per non essersi sottoposti all’iniezione contro il coronavirus, ha scatenato polemiche a non finire. Eppure, da quando si è capito che il virus non lo propaga solo chi non ha ricevuto alcuna dose, ma anche i plurivaccinati, mantenere le sanzioni e le sospensioni dal lavoro non ha alcun senso. Dunque, invece di discutere sarebbe più ovvio chiedere scusa, dicendo che si è introdotto un green pass che discriminava gli italiani in base al numero di vaccinazioni, pensando che il certificato fosse una garanzia di incontrare persone che non si contagiano e non contagiano, ma questo semplicemente non era vero. Non sarebbe semplice dire: perdonate, ci siamo sbagliati? Ecco, in Italia non si fa, perché lo Stato e la Scienza non possono commettere errori, ma in Germania sì. Il ministro della Salute, Karl Lauterbach, per esempio, a due anni di distanza dal lockdown che chiuse scuole e asili, ha ammesso di aver preso una decisione inutile perché le regole non servivano. Le restrizioni pandemiche per i bambini che, come conseguenza, hanno portato alla richiesta di vaccinarli in massa, senza distinzioni di età, non avevano alcuna ragione. Infatti, uno studio dell’Istituto tedesco della gioventù e del Robert Koch institute (simile al nostro Istituto superiore di sanità), ha dimostrato che i minori non erano affatto delle bombe batteriologiche, come si voleva far credere, ma si infettavano meno dei genitori e dunque non erano certo gli untori che diffondevano l’infezione di Covid. Ecco, di fronte all’evidenza, invece di negare come fa parte del nostro sistema politico e scientifico, ha ammesso la colpa: abbiamo sbagliato. Ci vuole tanto a prendere esempio dalla Germania e a riconoscere che si sono commessi errori e non pochi e che si sono discriminate, inutilmente, milioni di persone? Chi crederà più a politici e cosiddetti esperti se non sanno mai fare un mea culpa? Ma dall’Europa dovremmo prendere esempio anche per quanto riguarda la gestione dei migranti. Guardate la civilissima Danimarca, patria di tutte le libertà tranne che quella di piantarvi radici se non siete invitati. Pur essendo guidato da un governo di sinistra e da una premier donna, Mette Fredericksen, il Paese scandinavo noto per la statua della Sirenetta ha adottato una serie di misure che fanno impallidire quelle invocate da Giorgia Meloni. Ne ha dato notizia ieri il quotidiano Italiaoggi, che parlando del programma della coalizione progressista che ha appena vinto le elezioni, ha sintetizzato il tutto in un motto: «Zero immigrati in Danimarca». Attenzione, non stiamo parlando dei clandestini, di quelli che si imbucano passando la frontiera come accade da noi lungo il nostro confine orientale, ma anche dei richiedenti asilo. E sapete come funziona la politica che respinge chiunque bussi per essere accolto? Semplice: una legge votata in Parlamento autorizza il governo a trasferire i migranti fuori dalla Ue. E per questo il governo ha avviato un negoziato con il Ruanda per trasferire (a pagamento) nel Paese africano tutti gli immigrati, compresi quelli che chiedono la protezione internazionale. In più, sempre Frederiksen e compagni hanno deciso di rimandare a casa loro i profughi i cui Paesi di provenienza non sono più considerati a rischio. In breve: arrivi da zone di guerra? Beh, quando il conflitto è finito puoi ritornare da dove sei venuto. Brutale? Non avete ancora sentito l’ultima: se sei straniero e commetti un reato non ti teniamo in Danimarca, ma ti spediamo altrove. Dove? In Kosovo, dove sono state affittate delle prigioni per far scontare la pena agli immigrati. Siete sorpresi? Io sono sorpreso che nel nostro Paese non si impari a copiare ciò che l’Europa ci insegna. Visto che dobbiamo integrarci nell’Unione, perché non cominciamo da Covid e migranti? Sarebbe un modo per sentirsi finalmente europei e non solo i discoli che devono fare i compiti a casa.
Margaret Bourke-White davanti al bombardiere Flying Fortress dal quale ha realizzato fotografie di guerra durante l’attacco statunitense su Tunisi. Algeria, 1943. Margaret Bourke-White/The LIFE Picture Collection/Shutterstock
Sono i Chiostri di San Pietro a Reggio Emilia ad ospitare (sino all’8 febbraio 2026) una grande retrospettiva dedicata a Margaret Bourke-White (1924-1971), la grande fotografa statunitense celebre per i suoi reportage di guerra e sull’industria americana. In mostra oltre 120 immagini, che ne ripercorrono la vita avventurosa e le tappe salienti della sua brillante carriera.
Foto @Elena Oricelli
Dal 6 dicembre il viaggio della Fiamma Olimpica di Milano Cortina 2026 toccherà 60 città italiane tra concerti, sportivi e iniziative sociali, coinvolgendo le comunità in vista dei Giochi.
Coca-Cola, partner del viaggio della Fiamma Olimpica di Milano Cortina 2026, ha presentato le iniziative che accompagneranno il percorso della torcia attraverso l’Italia, un itinerario di 63 giorni che partirà il 6 dicembre e toccherà 60 città. L’obiettivo dichiarato è trasformare l’attesa dei Giochi in un momento di partecipazione diffusa, con eventi e attività pensati per coinvolgere le comunità locali.
Le celebrazioni si apriranno il 5 dicembre a Roma, allo Stadio dei Marmi, con un concerto gratuito intitolato The Coca-Cola Music Fest – Il viaggio della Fiamma Olimpica. Sul palco si alterneranno Mahmood, Noemi, The Kolors, Tananai e Carl Brave. L’evento, secondo l’azienda, vuole rappresentare un omaggio collettivo all’avvio del percorso che porterà la Fiamma Olimpica in tutta Italia. «Il viaggio della Fiamma unisce storie, territori e persone, trasformando l’attesa dei Giochi in un’esperienza che appartiene a tutti», ha dichiarato Luca Santandrea, general manager olympic and paralympic Winter Games Milano Cortina 2026 di Coca-Cola.
Come in altre edizioni, Coca-Cola affiancherà il percorso selezionando alcuni tedofori. Tra i nomi annunciati compaiono artisti come Noemi, Mahmood e Stash dei The Kolors, volti dell’intrattenimento come Benedetta Parodi e The Jackal, e diversi atleti: Simone Barlaam, Myriam Sylla, Deborah Compagnoni, Ivan Zaytsev, Mara Navarria e Ciro Ferrara. La lista include anche associazioni attive nel sociale – dalla Croce Rossa al Banco Alimentare, passando per l’Unione italiana dei ciechi e ipovedenti – a cui viene attribuito il compito di rappresentare l’impegno civile legato allo spirito olimpico.
Elemento ricorrente di ogni tappa sarà il truck Coca-Cola, un mezzo ispirato alle auto italiane vintage e dotato di schermi led e installazioni luminose. Il convoglio, accompagnato da dj e animatori, aprirà l’arrivo della torcia nelle varie città. Accanto al truck verrà allestito il Coca-Cola Village, spazio dedicato a musica, cibo e attività sportive, compresi percorsi interattivi realizzati sotto il marchio Powerade. L’azienda sottolinea anche l’attenzione alla sostenibilità: durante il tour saranno distribuite mini-lattine in alluminio e, grazie alla collaborazione con CiAl, sarà organizzata la raccolta dei contenitori nelle aree di festa. Nelle City Celebration sarà inoltre possibile sostenere il Banco Alimentare attraverso donazioni.
Secondo un sondaggio SWG citato dall’azienda, due italiani su tre percepiscono il Viaggio della Fiamma Olimpica come un’occasione per rafforzare i legami tra le comunità locali. Coca-Cola richiama inoltre la propria lunga presenza nel Paese, risalente al 1927, quando la prima bottiglia fu imbottigliata a Roma. «Sarà un viaggio che attraverserà territori e tradizioni, un ponte tra sport e comunità», ha affermato Maria Laura Iascone, Ceremonies Director di Milano Cortina 2026.
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Nicola Fratoianni, Elly Schlein e Angelo Bonelli (Ansa)
Non ha senso l’indignazione per i saltelli della Meloni contro i «rossi»: è un modo di condannare una delle peggiori ideologie della storia. In più, il luogo comune secondo cui alla corte di Togliatti & C. c’erano persone migliori che altrove è senza senso.







