2021-01-28
Il Covid si combatte a casa e senza Speranza
Roberto Speranza (Ansa/iStock)
Sin dall'inizio dell'emergenza, i protocolli del ministero hanno impedito ai medici le visite nelle abitazioni. Ci si è limitati a prescrivere Tachipirina e a ricoverare quando era troppo tardi. Sempre più dottori, tuttavia, hanno iniziato a ribellarsi e salvare vite a domicilio.Tachipirina e aspetta. Se l'Italia ha uno dei tassi di letalità più alti al mondo è anche (o forse: soprattutto) perché il Covid è stato affrontato così, con il piglio di Quinto Fabio Massimo il Temporaggiatore. O meglio: l'Ospedalizzatore. Tachipirina e aspetta, se ti passa bene. Se no, quando stai malissimo ti ricoveriamo. Ma in questo modo, i malati arrivano in corsia con una situazione ormai compromessa. Troppo tardi per salvarli.Perché non si interviene prima? Perché non si aiutano le terapie domiciliari? Perché non si incentiva la cura dei pazienti nelle loro case? Perché non si forniscono linee guida che avrebbero potuto e potrebbero ancora salvare decine di migliaia di pazienti? È la domanda che si fanno centinaia di medici, sparsi in tutta Italia e uniti in rete in vari gruppi web (Medici in prima linea, Ippocrate.org, etc) in cui condividono la loro esperienza. Dalla quale emerge una verità tanto semplice quanto sconvolgente: il Covid non è un mostro invincibile. Certo: è un virus maledetto, infido, pericoloso. Ma si può fermare. Basta curarlo. Sì, per quanto strano possa sembrare, basta curarlo. Per tempo, ovviamente. La prima volta che una giornalista di Fuori dal coro, Angela Camuso, mi ha parlato di queste centinaia di medici uniti in rete, che cercavano faticosamente di far sentire la loro voce, confesso che l'ho maltrattata. Pensavo che volesse portarmi a conoscere guaritori misteriosi o scienziati pazzi, personaggi ambigui convinti di aver trovato la pozione magica o la ricetta risolutiva. Invece mi ha portato a conoscere una quantità infinita di medici per bene: medici di base, medici ospedalieri, medici volontari nei centri Covid, medici in servizio nelle Asl di tutta Italia, stimati, riconosciuti, apprezzati, che sostengono tutti la stessa cosa. Semplice e antica, anche se oggi appare rivoluzionaria. E cioè: i malati vanno curati. Anche i malati di Covid. Sembrerà assurdo, ma oggi non avviene. Non per tempo, almeno. Non c'è nessuno che lo dice, e anche questo è piuttosto assurdo. Ma è così: si lascia che la malattia degeneri fino a quando spesso non è più recuperabile. In questo modo crescono i morti. E cresce il terrore. Nessuno dei medici che ho incontrato considera il Covid un nemico da poco. Anzi, tutti lo temono moltissimo. Lo temono a tal punto, pensate un po', che fanno di tutto per curarlo. E nella stragrande maggioranza dei casi ci riescono. Così ho portato in studio il dottor Andrea Mangiagalli, medico di base di Pioltello; il dottor Riccardo Smusky, medico di base di Treviso; la dottoressa Tiziana De Felice, anestesista di Livorno; il dottor Andrea Stramezzi, medico volontario nell'ospedale Covid di Malpensa; la dottoressa Chiara Taiana, specializzata in medicina interna a Como. Tanti altri ne abbiamo incontrati. Abbiamo intervistato le persone curate da loro, dalla ottantaquattrenne Candida Mastaglio di Como a Benedetto Simi De Burgis, ex famoso giudice di Milano, che hanno raccontato tutti la stessa cosa: se non avessimo trovato un medico che ci curava per tempo, oggi non saremmo più qui. E poi abbiamo ascoltato i parenti delle vittime, che ripetono anche loro tutti la stessa storia: «Quando ti ammali sei solo, chiami e non ti risponde nessuno». «Non posso dire che così abbiano ucciso mio padre», ci hanno detto per esempio due fratelli di Torino. «Ma di certo non hanno fatto niente per salvarlo». Ma perché non si fa niente per salvare chi si ammala di Covid fino a quando non arriva in ospedale? E perché chi invece cerca di anticipare le cure con le terapie a domicilio rischia di cadere sotto le maglie della Santa Inquisizione Scientifica capeggiata dai Burioni di turno? Nessuno di questi medici pensa di aver trovato la «formula magica» per combattere il coronavirus. Tutti utilizzano medicine che fanno regolarmente parte del prontuario farmaceutico. Sotto tutti ortodossi, ligi alla scienza, fedeli osservatori delle linee dettate dalle autorità. Ma chiedono con insistenza: perché fra le linee dettate dall'autorità non c'è quella di andare a curare le persone a casa loro, appena si ammalano? A volte non servono nemmeno i farmaci: una dottoressa, auscultando una paziente, si è accorta che aveva la polmonite interstiziale due giorni prima che risultasse positiva al test del Covid. Aver anticipato di due giorni il ricovero di quella paziente, anziana e con patologie pregresse, probabilmente le ha salvato la vita. Eppure le indicazioni ufficiali, fin dall'inizio, hanno puntato sull'ospedalizzazione dei malati, tendendo a escludere o a limitare fortemente le visite domiciliari per i malati di Covid. Di fronte a una segnalazione di positività bisogna «effettuare valutazione clinica telefonica e gestire l'attesa della possibile evoluzione», ordina per esempio la circolare del ministero del 22 febbraio 2020. E una delibera della Regione Lombardia del 23 marzo 2020 prescrive di «effettuare visite domiciliari esclusivamente su pazienti senza sintomi febbrili o su pazienti non Covid». «Ma come? I malati Covid non hanno diritto di essere curati come gli altri?», mi domandava, assai stupita, una dottoressa. Difficile darle torto. Il 24 aprile scorso 42 medici di una certa importanza, fra cui il professor Piero Sestili, ordinario di Farmacologia a Urbino, e Roberta Riccardi, primario di neurologia a Pisa, oltre a cardiologi, chirurghi, medici internisti e medici di base, hanno scritto al ministero chiedendo di «intervenire nella fase iniziale della malattia» perché «se si contengono i sintomi anziché attenderne l'evoluzione si può controllare il Covid». Quell'appello, che poteva salvare decine di migliaia di vite, è stato ignorato. Perché? Perché si è andati avanti «tachipirina e aspetta» riempiendo gli ospedali di malati gravi? Perché non si sono date linee guida per le terapie domiciliari? Perché sono stati silenziati anche tutti i successivi appelli di centinaia di medici, sostenuti da una quantità infinita di dati, casi e studi? E perché un medico che dice di voler curare i suoi pazienti è diventato oggi un fatto così rivoluzionario che solo il portarlo in Tv scatena polemiche a non finire? Di tutto ciò, prima o poi, qualcuno dovrà rispondere.