2024-08-10
Bomba sotto il letto e la fuga in auto: «Così hanno ucciso il leader di Hamas»
Una fonte qualificata racconta alla «Verità» le ultime ore di vita di Ismail Haniyeh: «Hanno agito in due, per soldi. Ora sono all’estero».È l’1.37 del mattino del 31 luglio, nel lussuoso quartiere di Neshat, a Nord di Teheran. Nella palazzina situata su una collina, circondata da un bosco, quasi tutti dormono. Si tratta di una struttura gestita dai pasdaran e, all’interno di una camera, c’è un ospite molto speciale: Ismail Haniyeh, leader di Hamas arrivato a Teheran per partecipare ai festeggiamenti previsti per l’insediamento del nuovo presidente Massoud Pezeshkian.Nella stanza con lui c’è Wassim Abu Sha’aban, ex comandante dell’unità d’élite Nukhbah, una delle forze speciali di Hamas, diventato sua guardia del corpo personale. Improvvisamente, la calda notte di Teheran è scossa da una violenta esplosione e il panico si diffonde. Gli addetti alla sicurezza corrono in mezzo al fumo e raggiungono la stanza di Haniyeh che è avvolta nelle fiamme e in una coltre di fumo nero ma di lui non restano che pochi pezzi mentre la sua guardia del corpo muore poco dopo per le ferite riportate. La notizia che si diffonde è questa: «Un missile israeliano ha ucciso il leader di Hamas a Teheran». Ci crediamo per qualche giorno anche noi.Haniyeh era arrivato a Teheran dopo aver esitato a lungo perché il Qatar State ecurity (il servizio segreto di Doha), in un report della metà di luglio, lo aveva avvertito che Teheran non era sicura e rischiava di essere ucciso dagli israeliani che «entrano ed escono dal Paese come vogliono grazie a una rete di informatori e di traditori che sono all’interno dei Guardiani della rivoluzione». Haniyeh legge e chiede consiglio ai suoi uomini di fiducia che, preoccupati da quanto dicono a Doha, gli sconsigliano il viaggio.A La Verità una fonte di alto livello a diretta conoscenza dei fatti conferma quanto accaduto: «C’è stato un momento nel quale il leader di Hamas aveva deciso di partecipare da remoto nel timore di attentati, poi gli iraniani lo hanno convinto a partecipare assicurandogli che avrebbero raddoppiato la scorta e che il compound dove avrebbe alloggiato era impenetrabile». Il leader di Hamas si convince a partire solo nei giorni precedenti alla cerimonia (30 luglio), ma sa che non può mancare per diverse ragioni: non partecipare a causa delle preoccupazioni per la sua sicurezza è uno sgarbo che non può fare all’ayatollah Ali Khamenei, guida suprema dell’Iran, suo grande alleato e finanziatore al pari del Qatar; in secondo luogo, non può mettere in dubbio la parola dei Guardiani della rivoluzione in un momento drammatico per la sua organizzazione; infine, deve parlare di persona con Massoud Pezeshkian per capire se è vero quello che gli hanno riferito ovvero che è molto diverso dal suo predecessore Ebraihm Raisi, precipitato con il suo elicottero nel maggio scorso. Pezeshkian gli è stato descritto come un uomo prudente che non ama le avventure, non sente come sua la vicenda palestinese ma, soprattutto, non vuole trascinare l’Iran in una guerra con Israele.Ismail Haniyeh, appena arriva a Teheran, rilascia una serie di dichiarazioni nelle quali afferma che si sente al sicuro in Iran: «È bello essere qui a Teheran e camminare nel mondo libero», tuttavia, attorno a lui, ci sono decine di uomini che lo proteggono e che guardano sempre il cielo per paura dei droni israeliani. Il Mossad non ha bisogno di fare una strage per le strade di Teheran perché «il problema Haniyeh» lo hanno già risolto due iraniani qualche giorno dopo la morte di Raisi, come ci conferma la nostra fonte: «Due membri dei pasdaran di medio livello hanno preso contatto con persone fidate, affermando di poter mettere una bomba nella camera (che era sempre la stessa), dove alloggiava Haniyeh quando veniva a Teheran». Ma è vero che erano più bombe come hanno raccontato alcuni giornali? «No, è falso, così come non è vero che l’ordigno sia stato collocato sotto il letto dove dormiva il leader di Hamas già due mesi fa. È un’assurdità solo pensarlo, gli iraniani non sono certo degli stupidi e, con tutte le bonifiche che fanno nelle loro strutture, l’avrebbero sicuramente scoperto e non ci sarebbe mai stata una seconda occasione».È stato attivato da remoto? «È un dettaglio ininfluente, le bombe oggi esplodono in molti modi». Quindi è vera la ricostruzione del The Jewish Cronicle che racconta che la bomba è stata piazzata nel pomeriggio del 31 luglio? «Diciamo che tra le tante è quella più vicina ai fatti, anche se i dettagli sugli agenti del Mossad vestiti di verde sugli alberi per sorvegliare la struttura sono degni di una serie televisiva. La bomba è stata piazzata da due persone intorno all’ora di cena (intorno alle 20 ora locale), proprio durante il cambio del turno delle guardie che sorvegliano la struttura. Dopo averlo fatto, hanno lasciato l’area come previsto dal loro turno di servizio con le loro auto e non è vero che sono stati prelevati dagli uomini del Mossad che erano nei paraggi. Poi hanno lasciato il Paese mentre le loro famiglie lo hanno fatto la mattina stessa». Dove si trovano ora? «Sono dove devono essere ma posso dire con certezza che non è affatto vero che si trovano in un Paese del Nord Europa come raccontato. Chi conosce queste cose sa benissimo quanti agenti iraniani ci sono in quei Paesi e gli iraniani sanno benissimo chi sono, dato che hanno i video nei quali si vede che entrano ed escono dalla camera di Haniyeh in pochi minuti». Sono stati pagati? «Di sicuro non hanno agito spinti da motivi ideali, religiosi oppure per fare un regalo a qualcuno. Semmai a loro stessi e, di conseguenza, anche a noi».