2020-07-01
Noi sradicati, che viviamo aspettando Robot
Giovanni Lindo Ferretti (Ansa)
L'accelerazione del digitale ha limitato il nostro vivere alla dualità reale/virtuale, nella quale siamo meri consumatori del materiale e dell'immateriale. Lo schermo è la soglia che, superata, non ci fa tornare indietro.L'accelerazione verso una tabula rasa tecnologica da cui dovrebbe sgorgare copioso il nuovo, giusto, buono per intrinseca benefica dinamica, alimenta un timore, già definito «fobia», di consegnarci inermi all'autodistruzione. Scriverne può essere una preziosa opportunità, può diventare un'aspirazione frustrata, una malsana velleità. Come dato di fatto, mantenendo un profilo eggero che nulla toglie al quotidiano operare, regge. Vivere sui monti, le persone, gli accadimenti, l'orizzonte, i passi e i silenzi, le azioni e le intenzioni, il beneficio della solitudine che allerta i sensi e può cogliere segni, sono motivo per cui scrivere, di cui scrivere in tempo consono. Uno sguardo sul reale non travolto dall'informazione, dall'interpretazione mediatica.eremita Da anni mi scontro con questa parola: «eremita». Mi spiace, non lo sono. Apprezzo la solitudine, il silenzio, la vita in montagna, ma ho doveri familiari e sociali, impegni che non posso tralasciare né dimenticare. E poi non posseggo la necessaria forza di volontà. La mia carne è debole e il mio spirito vacilla. Eremita è colui che abbandona ogni socialità partecipe per ritirarsi nel silenzio, vivere di contemplazione, in adorazione, in rapporto univoco con l'Eterno. In lotta con la carne e con lo spirito. Una scheggia vivente che anela al congiungimento con l'assoluto sperimentandone la vertigine. Nella dimensione religiosa si colloca all'estremo, un luogo di pericolo e di tentazione. Eremita è il Precursore, San Giovanni Battista, eremiti molti Padri della Chiesa. Un'immagine potente, sedimentata nei primi secoli come presenza diffusa, poi, strutturandosi il cristianesimo in civiltà dell'Europa, come eccezionalità santificante. […]Tutto si sta riposizionando. Viviamo un trapasso antropologico oltre che sociale definito da tre fattori di nuovissimo conio: connessione, virtualità, intelligenza artificiale. Le parole essenziali assumono nuovi significati, determinati, in apparenza, da motivazioni che attengono ad un generico buon gusto - buone maniere - così fan tutti. Una questione di correttezza civile. Che contrastino radicalmente l'etimologia che le ha generate non interessa, che lo si faccia notare è considerata una colpa per cui si invoca la definizione di un apposito reato da perseguire a termine di legge. Matrimonio omosessuale le vale tutte. Maternità surrogata soffoca un grido di vendetta. Il maschile diventa cattiva coscienza e un settore trainante della cosmesi. Il femminile una proporzione in quote rosa, una invenzione linguistica da parodia. La maternità ricorre all'aborto per definirsi diritto inalienabile. La guerra, esorcizzata, è incasellata come operazione umanitaria e demandata ai reporter, sezione news dell'intrattenimento. Nobiltà e miseria di un lessico affidato ad un algoritmo per agevolarne o inibirne l'uso. Guardare al futuro, un futuro percepibile, mi è impossibile. Guardare al passato? La decadenza dell'Impero romano offre un panorama sufficientemente ampio, variegato e segmentato, con una pluralità e disparità ben evidente delle forze in campo. Ovvio sia un paragone forzato nelle dimensioni, per la potenza e la capacità d'intervento, ma panem et circenses per le plebi urbane, diritti di cittadinanza per tutti, migrazioni inarrestabili, mancavano gli eremiti. […]È nello scollamento tra il ciclo cosmico delle stagioni e l'organizzazione del vivere sociale l'origine della dualità reale/virtuale ora imperante. Una frattura incolmabile, e l'ossessione meteo ne ha frantumato i contorni accentuandone il distacco. Si vive un eterno presente, tendenzialmente asettico e garantito, che la tecnologia controlla cercando di determinare. […] Un ciclo storico è finito, lo sradicamento è il presupposto per accedere alla mutazione in atto. Lo ha imposto l'economia, lo sostiene la politica, la socialità lo rende doveroso, la cultura lo confeziona promettente e affascinante. La gerarchia cattolica ne fa pastorale. Un'unica categoria di appartenenza: cittadini/ utenti/consumatori del materiale e dell'immateriale. Con la prevenzione a medicalizzare la vita, dal concepimento all'eutanasia, anche pazienti. Assistiti e assistenti. Aspettando robot. Lo stanno consegnando.chi è sradicato sradica Sradicare le persone dalla propria storia per farne agenti dello sradicamento è l'imperativo. Una umanità indistinta, intercambiabile, mobile in uno spazio artificiale ad uso e consumo di tecnologie sempre più sofisticate ma plausibili, in basso, ad un utilizzo intuitivo elementare. Invasive dispensatrici di servizi per bisogni indotti che, come ragnatela, avvolgono lo spazio dell'esperienza umana. Un suadente invito a smetterla con i propri piccoli sogni per connetterci tutti al grande sogno che scientificamente si sta allestendo per noi: la nuova umanità.[…] Lo schermo, patrimonio inclusivo e condivisibile, basta connettersi, è la soglia che l'umanità ha oltrepassato. Spazio di infinite opportunità, scelta liberale e libertaria, esito totalizzante. Un vocabolario politicamente corretto sempre più stretto, anti e fobia i suoi numi tutelari. Un galateo in via di definizione che fa della trasparenza e della tracciabilità il proprio imperativo etico morale. Una messa in scena di cui, agli albori della modernità, la corte di Versailles fu il prototipo storico. L'assolutismo. Ora lo schermo è il Re, dentro lo schermo ruota la Corte, rigenerata democratica e repubblicana. Lo schermo si scompone all'infinito, è ovunque, ingloba chiunque e si ricompone continuamente in una immediatezza autorigenerante, connessa e condivisa. Tutti siamo chiamati, c'è spazio per tutti e per tutto, ed esaurisce in sé ogni altro spazio. Una terra promessa che non è più terra. È un'ossessione ben confezionata e ben promozionata, si produce e si consuma. Promettenti contratti in quote mensili. Mesi virtuali: 28 giorni standard. Una pubblicità azzeccata ne ha fatto uno slogan adolescenziale beffardo e accattivante: «Domani è una figata». È la nuova Torre di Babele. Teologia tecnologica, genetica, scienza e fantascienza con sprazzi di poesia. Pop/psico/bio. D'io.dopo di che Il vivere dell'uomo sulla terra è stato caratterizzato da mutamenti radicali. C'è un prima e un dopo, ma solo a posteriori questo è evidente, chi vive il passaggio non ne avverte la cadenza, la portata. La scrittura è stata la prima grande mutazione, effetto di un'organizzazione sociale che, superato il problema dell'indispensabile, può permettersi il superfluo ed è costretta ad indagarlo. Registri dei beni in entrata ed uscita, codici di leggi e raccolte di sentenze. I nomi e le generazioni, le cronache, la Storia. Il fiorire dell'epica e dell'etica. La Bibbia ne è resoconto e trasfigurazione, cronistoria di una alleanza asimmetrica in cammino tortuoso. Tempi lunghi, biblici per l'appunto.[…] Sono bastati pochi decenni seduti al volante delle automobili, il cinema, la fotografia, per modificare irrimediabilmente il vissuto e l'immaginario dell'uomo. Il sorgere della triade uomo-massa-macchina ha predisposto l'avvento dell'automazione. I tempi si sono ristretti, l'accelerazione è diventata norma, il comando passa di mano. La libertà di stampa decade dallo status di assoluto intaccato da nuovi assoluti, anti e fobia i meglio posizionati già lo stanno sgretolando. In attesa dell'Algoritmo supremo, garante integerrimo della libertà di parola, di immagine e di intenzione in miserevoli umani.L'invenzione dello schermo digitale segna una ulteriore mutazione: qualcosa di nuovo, di clamoroso, sta succedendo. Impossibile per quanto attrezzati al mutamento comprenderne le valenze in atto. È il tempo dell'immediato, dei social media, nessuno può disconoscerne forza e potenza. Sono invincibili e trionfanti. Determinano finanza, economia, politica, la percezione dell'esistente, le aspettative, le aspirazioni. Determinano la realtà senza ancora esaurirla, ma hanno ipotecato l'immaginario. Anche la religiosità ne è soggiogata. prima di che C'è un prima di tutto questo che mi lascia incantato e sgomento: il comparire del pane. Come e perché? Chi? Quale livello di complessità mentale e manuale comporta l'idea e la realizzazione di una così arcaica e clamorosa invenzione? Niente in natura lo lascia supporre. Bisogna selezionare una pianta e prendersene cura, conservarne i semi, predisporre un terreno. Arare, seminare, custodire, falciare, trebbiare, macinare, vagliare, per ottenere la sostanza base. Bisogna impastare, far lievitare, dar forma, infornare. Cuocere. Un anno di lavoro sapiente sommando capacità diversificate e tecniche innumerevoli. Nessuna irragionevole ma tutte di una ragionevolezza a posteriori. Col pane in mano. Non bastasse il pane profano c'è la transustanziazione: il pane divino e «dacci oggi il nostro pane quotidiano». Senza pane niente cristianesimo e molto di ciò che lo precede. Niente di ciò che siamo. Chi siamo?Conserviamo, sempre più incoscienti, labili tracce psichiche e comportamentali che ancora ci allertano di fronte al pericolo, l'incombere del tragico, la sacralità della nascita e della morte, il dovere delle esequie. Ricordiamo ben poco di ciò che ci ha preceduto, ci permettiamo di dannare senza rimpianto ciò che abbiamo perduto e dimenticato, ma non restasse altro da fare e si trattasse solo di redigere l'atto di avvenuta nostra morte bisognerebbe farlo con eleganza. La sciatteria sarebbe imperdonabile.
Ingredienti – 4 melanzane lunghe di media grandezza, 100 gr di farina doppio zero, 100 grammi di pangrattato e volendo due cucchiai di Parmigiano Reggiano o Grana Padano, 6 cucchiai di latte 3 uova, olio extravergine di oliva e sale qb. Se avete degli amici vegetariani e non volete usare le uova escludetele pure, come anche il formaggio, ma tra gli ingredienti mettete un bicchiere di birra ben freddo che vi servirò per preparare una pastella con la farina dove ripassare i ventagli per poi impanarli.
Preparazione – Sbucciate le melanzane poi incidetele con un coltello per il lungo ricavando delle fette alte circa 3 millimetri. Fate attenzione a che le fette restino attaccate al picciolo della melanzana. Salate le melanzane anche in mezzo alle fette e fatele riposare per una ventina di minuti in un colino in modo che perdano parte dell’acqua di vegetazione. Nel frattempo sbattete le uova con il latte, salate. Ora prendete le melanzane e infarinatele con cura da una parte all’altra di ogni fetta (oppure passatele nella pastella che avrete preparato stemperando la farina con la birra) passatele nello stesso modo nell’uovo e poi nel pangrattato che, se volete, potete arricchire con il formaggio grattugiato. Irrorate con olio extravergine di oliva la padella (deve essere grande altrimenti agite con due padelle su due fuochi) adagiatevi i ventagli di melanzane ben aperti e fate dorare da entrambe i lati facendo diventare ben croccante la panatura. Aggiustate di sale e servite avendo cura di allargare bene nei piatti di portata i ventagli. Volendo potete accompagnare con una salsa di pomodoro piccante o con della senape.
Come far divertire i bambini – Fate sbattere a loro le uova, si divertiranno.
Abbinamento – Noi abbiamo optato per uno spumante rosato da Marzemino, vanno bene dei rosati fermi come a esempio quelli salentini, oppure dei rossi giovani come una Lacrima di Morro d’Alba o un Marzemino.
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