Così rischiamo un settembre nero

Così rischiamo un settembre nero
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Al flop di Luciana Lamorgese su immigrazione e rave di Viterbo si aggiungono quello di Patrizio Bianchi sulla ripresa delle lezioni e quello di Enrico Giovannini sui pendolari: a pochi giorni dalla fine delle vacanze regna ancora il caos.
La trattativa Stato-Rave si è conclusa con la partenza dei fattoni, che a scanso di equivoci e di querele non sono né i colleghi del Fatto Quotidiano né i lettori del giornale diretto da Marco Travaglio, ma le migliaia di sbandati che da giorni occupavano una tenuta in provincia di Viterbo. Lo sgombero non è stato la conseguenza dell'intervento del ministro dell'Interno come ci si sarebbe aspettati, ma dell'esaurimento delle scorte di siringhe nelle farmacie della zona. Non avendo altri mezzi per farsi, dopo giorni di sballo ad alta gradazione e a tutto volume, in migliaia hanno levato le tende, lasciandosi dietro devastazione e cumuli di immondizia. Il proprietario dei terreni che costeggiano il lago di Mezzano, nel Comune di Valentano, dove alleva ovini, dopo aver passato giorni a protestare e a chiedere inutilmente l'intervento delle forze dell'ordine, si è dedicato alla conta dei danni, avendo però già la certezza che nessuno pagherà. Il rave, come è noto, non era autorizzato e le autorità non si sono date però da fare per impedirlo e per identificare gli organizzatori. Risultato, la trattativa Stato-Rave, andata avanti per giorni senza che nessuno si prendesse la responsabilità di dare l'ordine di sgombero, è destinata a concludersi con l'impunità. Tutto ciò mentre al normale cittadino che non sia in regola con le vaccinazioni o che non rispetti il distanziamento, polizia e carabinieri sono costretti a elevare fior di multe. Per i fattoni no, a loro tutto è permesso: occupare un suolo privato invadendo una tenuta, rubare le batterie dei trattori e ogni altra cosa si rendesse utile per il concerto all'aperto, assembrare migliaia di persone in barba a qualsiasi norma di prudenza in un periodo di pandemia, ignorare ogni disposizione dell'autorità.

Comprendiamo che in tempi di concordia nazionale sia difficile ottenere un passo indietro del ministro dell'Interno, ma in altri momenti, dopo le gaffe sui controlli nei ristoranti e l'impotenza manifestata di fronte all'invasione di migliaia di sballati in provincia di Viterbo, a Luciana Lamorgese sarebbe già stato chiesto di fare in fretta le valigie e liberare l'ufficio. Senza dire poi della gestione dei migranti che, dopo la crisi afgana, rischia di aggravarsi e dalla linea adottata fin qui dalla responsabile del Viminale non c'è da aspettarsi nulla di buono se non un'invasione incontrollata.

Tuttavia, siccome non vogliamo dare l'impressione di avercela con il ministro dell'Interno per partito preso, ci tocca segnalare che Lamorgese, quanto a inefficienza, non è sola, ma in compagnia di almeno altri due ministri fra la decina del governo Draghi che non brillano per capacità. Non si può infatti non parlare dell'inerzia che regna al ministero dell'Istruzione, dove le vacanze sembrano non finire mai. Patrizio Bianchi, dopo la magra figura dell'accordo sindacale che di fatto ha legalizzato i professori no vax, è sparito, e a poche settimane dall'inizio delle lezioni la sola misura che risulta chiara è l'invito a tenere aperte le finestre delle aule anche con il maltempo, così da evitare i contagi da coronavirus (ma non le polmoniti). Sì, si andrà in classe con il capotto, perché dopo due anni di pandemia al Miur non sono riusciti a farsi venire un'altra brillante idea.

Ma se il ritorno a scuola rischia di avvenire sotto il segno del caos, anche la ripresa delle attività lavorative non promette bene. Dopo un'estate passata a discutere di green pass (va bene al ristorante, ma non in mensa, insiste Maurizio Landini), nei prossimi giorni gli italiani torneranno ad affollare i mezzi pubblici, ma il sindacato e tantomeno il ministro dei Trasporti Enrico Giovannini paiono non preoccuparsi. Il green pass andrà esibito sui treni ad alta velocità, ma su quelli a bassa, che trasportano i pendolari, non sarà necessario, così come pare non sarà richiesto se si sale su un vagone della metropolitana. Come per il rave, la logica appare chiara: se c'è da multare due tizi che entrano senza mascherina in un locale chiuso si può fare, ma se c'è da affrontare un problema più complesso, cioè migliaia di persone in un campo, migliaia di studenti che si affollano dopo il suono della campanella o migliaia di lavoratori che vanno di fretta per non arrivare in ritardo in ufficio o in fabbrica, ecco, allora il green pass non serve e neppure le norme di sicurezza e prevenzione. In questi casi si può derogare. Di fronte a tanta ipocrisia e altrettanta incapacità, noi vorremmo «derogare» alcuni ministri, rispedendoli a casa il prima possibile, perché abbiamo bisogno di decisione e non di alcuni tecnici indecisi a tutto.

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