2022-06-15
La coppia dello spread si affretta a chiedere più sacrifici agli italiani
Veronica De Romanis e Lorenzo Bini Smaghi (Imagoeconomica)
Lorenzo Bini Smaghi e Veronica De Romanis pro austerità: «Siamo in ritardo».Ci sono coppie che si eccitano con i cambi di partner. Loro, invece, si eccitano con i cambi di spread. Appena si accendono le luci rosse dell’allarme finanziario (che avevate capito?), non stanno più nella pelle e cominciano a emettere gemiti di piacere che si trasformano in interviste o articoli di giornale. Poi dicono che il matrimonio è in crisi: macché. Il loro è saldissimo. Sono unitissimi. Sembrano quasi la stessa persona. Lui parla su Repubblica. Lei scrive sulla Stampa. All’unisono. Tutti e due sono infatti d’accordissimo nel chiedere sacrifici, sacrifici e ancora tanti sacrifici. Per gli altri, ovviamente. Loro i sacrifici al massimo li fanno sorseggiando un cocktail nella villa di famiglia, una splendida tenuta sulle colline di Firenze che risale al 1428. Che ci volete fare? Ognuno tira la cinghia come può.Lui è Lorenzo Bini Smaghi, figlio del conte Bino, titolo nobiliare riconosciuto dalle regie lettere 1977, e della nobildonna Patrizia Maria Carla Mazzei. Lei è Veronica De Romanis, economista nota soprattutto per la sua memorabile opera L’austerità fa crescere: doveva essere l’inizio di una collana dedicata all’umorismo (altri titoli in cantiere: Il digiuno fa ingrassare, La carestia riempie le pance, La povertà arricchisce e La miseria nobilita l’uomo) ma purtroppo si è interrotta dopo la prima pubblicazione per mancanza di lettori. Si sono sposati nel 1998 e hanno due figli, Corso e Laudomia. Anche i nomi sono nobili, ovviamente, come si conviene a una casata che ha tra i suoi antenati persino dei tesorieri dei Papi. Ai quali probabilmente si ispirano le raffinate teorie economiche seguite da Lorenzo e Veronica, assai vicine a quelle del Marchese del Grillo. Noi siamo noi e voi non siete un cazzo.La nobilissima famiglia Bini ha una storia importante a Firenze. L’antenata di Lorenzo, Lucrezia Bini, è quella per cui Botticelli dipinse, su ordine di Lorenzo il Magnifico, quattro meravigliose tele ispirate al Decameron. Nel 1853 i Bini lasciarono il cognome agli Smaghi di Montepulciano-Città della Pieve, così nacque la dinastia dei Bini Smaghi che attraverso il conte Bino arriva fino a Lorenzo, marito di Veronica. Il quale, passando da Belgio, California, Bologna, Chicago, Bankitalia, Ufficio cambi, Mef, Sace, Palazzo Strozzi, Bocconi, Bce, Harvard, Snam, Italgas e Morgan Stanley è arrivato finalmente a essere utile agli italiani diventando presidente di una banca francese, la Société générale. Del resto lui è fatto così: al primo posto nei suoi pensieri c’è sempre la difesa dell’interesse dei concittadini. Come nel 2011 quando doveva lasciare il board della Bce e si imbullonò alla sedia per settimane bloccando il Paese e l’Europa. Tutti gli dicevano: «Devi fare un sacrificio». E lui basito: «Sacrificio? Io? Ma come? I sacrifici non li devono fare gli italiani?».La coppia d’oro dell’economia italiana è fatta così: predica il rigore, ma sempre per gli altri. Odia i privilegi, meno che quando spettano a loro. E appena si accorgono che possono chiedere sacrifici per gli italiani si scatenano. Non li tiene più nessuno. Vola lo spread? Le Borse crollano? La Bce annaspa? L’Italia trema? Eccoli lì, saltare fuori dalla tana come l’orso Yoghi quando vede il barattolo di miele. In preda all’eccitazione da povertà altrui. Bini Smaghi si concede in un’intervista a Repubblica per spiegare che «i mercati puniscono i nostri ritardi» e dunque «è ora di smettere di chiedere scostamenti di bilancio e di dare bonus». E la moglie De Romanis sulla Stampa verga un editoriale per dire che l’unica è soluzione la «spending review», cioè «un piano serio di ricomposizione e riduzione della spesa». Non è meraviglioso? La Bce mette a soqquadro i mercati con le mosse improvvide di quella signora (madame Christine Lagarde) che ha già sulla coscienza il massacro della Grecia. E noi che cosa facciamo? Chiediamo ulteriori sacrifici alle famiglie e alle imprese che sono già in ginocchio. Parola dei Bini, degli Smaghi e dei De Romanis. Noblesse oblige, si capisce.Del resto che cosa avranno mai da lamentarsi questi pezzenti di italiani, umili lavoratori che non hanno nemmeno un tesoriere del Papa tra gli antenati? Come si permettono di chiedere un aiuto se nessuno Botticelli ha mai dipinto per loro? Se nessun Lorenzo il Magnifico s’è dato da fare per i loro avi? Che cosa vogliono? Hanno fame? E nessuno che gli offra un po’ di brioches? Nemmeno un bicchiere di Brunello di Montalcino per dimenticare? Se ne facciano una ragione. La prossima vita, anziché fare gli operai o gli insegnanti o gli artigiani facciano i conti Bini di Firenze o gli Smaghi di Montepulciano, o magari una bella combinazione dei due, Bini Smaghi in De Romanis. Così potranno rilasciare interviste in stereofonia per chiedere agli altri di fare sacrifici mentre loro stanno alla presidenza di una banca francese o alle feste Vip da copertina di Chi. Potranno riempirsi la pancia mentre spiegano agli altri che con la pancia vuota si sta meglio. E potranno navigare nell’abbondanza mentre chiedono tagli che uccideranno il Paese. Come terapia per il Paese non funziona, ma pazienza. Quella che conta è la terapia di coppia.