2021-03-11
Genitori di Renzi a processo per bancarotta fraudolenta
Genitori dell'ex premier rinviati a giudizio a Firenze per il crac di tre società satellite: «Sfruttate e fatte fallire» La Procura evidenzia anche il macero (a pagamento) dei volantini affidati alla Eventi 6 dalle grandi aziende A Rignano sull'Arno in queste ore, ne siamo certi, riecheggiano le note di Ancora tu di Lucio Battisti. Infatti, per un destino cinico e baro, l'algoritmo del tribunale di Firenze ha assegnato a Tiziano Renzi e alla moglie Laura Bovoli, in vista del nuovo processo a loro carico, al via il primo giugno, un collegio presieduto da Fabio Gugliotta, lo stesso giudice che li ha condannati in primo grado a 1 anno e 9 mesi per due presunte fatture fasulle dell'importo di quasi 200.000 euro. Ma adesso la coppia rischia molto di più. Insieme con altri 12 imputati, è finita alla sbarra, oltre che per false fatturazioni, per la bancarotta di tre cooperative, fallite tra il 2015 e il 2019: la pena minima per i crac societari dolosi è di 3 anni e può salire, con le aggravanti, a 18 anni e 6 mesi. Il rinvio a giudizio è stato deciso ieri dal giudice per l'udienza preliminare Giampaolo Boninsegna, su istanza della Procura.A rafforzare le tesi dell'accusa sono intervenuti tre patteggiamenti. Il genovese Mariano Massone ha concordato «soli» 6 mesi di pena grazie ai benefici della continuazione che si applicano a chi è già stato condannato per reati analoghi. Per esempio, presso il Tribunale di Genova, Massone ha patteggiato 26 mesi di reclusione per il crac della Chil post, altra società cedutagli dai Renzi.Pierpaolo Fasano, ex rappresentante legale della Europe service (per l'accusa era, però, una testa di legno) esce, invece, dall'inchiesta dopo aver pattuito una pena di 1 anno e 4 mesi, mentre un altro amministratore è deceduto. Per quanto riguarda le false fatturazioni uno dei volantinatori della coop Marmodiv, Paolo Magherini, ha chiuso la sua partita con una condanna a pochi mesi. Tiziano e Laura (imputata anche a Cuneo per concorso in bancarotta) sono considerati dal procuratore aggiunto Luca Turco (più volte bersaglio delle invettive del leader di Italia viva Matteo) le menti del sistema e l'indagine, lo ricordiamo, nel febbraio 2019 aveva portato i due genitori agli arresti domiciliari, misura poi revocata dal Tribunale del riesame.Nella memoria depositata da Turco il 3 marzo si legge: «Il modus operandi adottato da Tiziano Renzi e Laura Bovoli, affinché la loro società Eventi 6 potesse avere a disposizione manodopera senza essere eccessivamente gravata di oneri previdenziali ed erariali, è consistito nel costituire e nell'avvalersi delle cooperative Delivery service, Europe service e Marmodiv, sorte in successione temporale e ciascuna destinata all'abbandono, con il proprio carico debitorio, non appena raggiunto uno stato di difficoltà economica, sostituita da una nuova cooperativa, all'uopo costituita». E «per realizzare tale progetto criminoso Renzi e Bovoli», sempre secondo l'accusa, si sarebbero «avvalsi di due gruppi di collaboratori»: quelli, «in gran parte rignanesi di origine o di adozione» (tra i rinviati a giudizio anche Roberto «Billy» Bargilli, ex autista del camper di Matteo Renzi), che dovevano gestire le imprese, «sempre sotto la costante direzione» di Tiziano e Laura, e quelli non toscani (soprattutto liguri e piemontesi), incaricati «della dismissione delle cooperative cariche di debiti; debiti ulteriormente gravati dai nuovi amministratori».Non è finita. Turco contesta ai Renzi e a cinque loro coimputati di aver utilizzato ed emesso con la Marmodiv «fatture per operazioni in parte inesistenti», per un importo complessivo di 207.000 euro che hanno consentito di evadere 98.000 euro di imposte tra Ires e Iva.Tiziano e altri tre presunti complici sono accusati anche di «aver ideato e condotto una scriteriata operazione produttrice di aggravamento del dissesto […] al fine di resistere a una inevitabile istanza di fallimento».La Procura sostiene che «vi sono indizi per ritenere che Tiziano Renzi e Laura Bovoli siano stati promotori e si siano intromessi nell'amministrazione» delle tre coop e cita numerosi testimoni, a partire da Antonello Gabelli e da Lilian Mammoliti, una delle storiche organizzatrici della Leopolda. Per Gabelli i Renzi e i coniugi Massone «creavano società cooperative al fine di svolgere il lavoro operativo, concentrando tutte le criticità su queste e lasciando “pulite" le menzionate società capofila». La Mammoliti, a proposito della nascita della Delivery, ha ammesso: «Ho partecipato alla costituzione di tale cooperativa; è stata Bovoli Laura, conosciuta della mia attività di lavoro, ad avanzarmi la proposta».A comprovare il ruolo di amministratori di fatto dei Renzi all'interno della Marmodiv ci sarebbero anche alcune mail.In una di queste Tiziano detta la linea: «[…] creiamo una nuova cooperativa e la mettiamo pronta […] quando abbiamo preso in mano i lavoratori e abbiamo capito facciamo il blitz, cambiamo il presidente e chiudiamo la Marmodiv per mancanza di lavoro che nel frattempo dall'oggi al domani dirottiamo alla nuova. Ditemi se come strategia può andare. Baci in bocca sino a gennaio e poi una calorosa stretta di mano».Ci sono poi due intercettazioni di Daniele Goglio, il presunto «rottamatore» della Marmodiv, sospettato di aver portato a termine, con il beneplacito dei vecchi amministratori, «un'operazione di chiara natura distrattiva». In una captazione l'uomo conversa con il suo avvocato e riporta le frasi che gli avrebbe detto Tiziano in questo modo: «Ti ringrazio ti sei preso un onere grandissimo, mi stai facendo un grande… […] guarda lo so che lì c'è un grosso buco, ti giuro e ti prego di fidarti, io non lo sapevo prima […] ti chiedo solo per favore, so che sei esperto di tutto… che non combini casini perché se mi viene fuori un casino anche lì ti lascio immaginare come può andare a finire per me e mia moglie […] comunque non ti fare nessun problema, chiama direttamente in ufficio da noi, a me basta solo che quando hai bisogno mi dici un numero e io ti faccio il bonifico». I due ridono e Goglio aggiunge: «Ieri sera fa: “Vuoi che ti faccio subito un bonifico? Cosa ti serve? 100.000? 200.000?"».Il procuratore aggiunto Turco evidenzia, infine, un ulteriore affare poco chiaro: la Marmodiv, «con il consenso del committente», avrebbe mandato al macero (dietro pagamento) buona parte dei volantini che le aziende della grande distribuzione affidavano alla Eventi 6.Paolo Magherini, all'epoca dipendente della coop, ha dichiarato: «So che Tiziano aveva approntato una sorta di deposito per i volantini da macerare a Rignano. Quando hanno visto le notizie apparse sui giornali hanno incaricato altre persone di fare questa raccolta di volantini nuovi non distribuiti».Il collegio difensivo dei Renzi, un mix di tradizione e rinnovamento (ne fanno parte lo storico legale di famiglia Federico Bagattini e il trentasettenne rampante Lorenzo Pellegrini), ha diramato uno scarno comunicato: «La decisione del Gup era attesa visto il tipo di vaglio a cui questo è chiamato per legge. È però emerso già dalle carte la prova dell'infondatezza del castello accusatorio, il cui accertamento necessariamente dovrà avvenire in dibattimento. Confidiamo quindi di poter confutare la tesi inquisitoria in tale sede». Ieri, raccontano i presenti, il tono usato da uno dei legali ha superato i decibel abituali per contesti ovattati come un'udienza preliminare per reati economici. Un'energia che lascia immaginare il clima che regnerà in aula a partire dall'1 giugno. A giudicare i Renzi e gli altri imputati sarà la prima sezione penale del Tribunale: oltre al presidente Gugliotta faranno parte del collegio Gian Maria Faralli e Valeria Vecchio. «Ancora tu… Non mi sorprende lo sai? Ancora tu… Ma non dovevamo vederci più?» cantava il poeta. Anche se, questa volta, ne siamo certi, a nessuno scapperà da ridere.
Keir Starmer ed Emmanuel Macron (Getty Images)
Ecco #DimmiLaVerità del 24 ottobre 2025. Ospite Alice Buonguerrieri. L'argomento del giorno è: " I clamorosi contenuti delle ultime audizioni".
C’è anche un pezzo d’Italia — e precisamente di Quarrata, nel cuore della Toscana — dietro la storica firma dell’accordo di pace per Gaza, siglato a Sharm el-Sheikh alla presenza del presidente statunitense Donald Trump, del presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, del turco Recep Tayyip Erdogan e dell’emiro del Qatar Tamim bin Hamad al-Thani. I leader mondiali, riuniti per «un’alba storica di un nuovo Medio Oriente», come l’ha definita lo stesso Trump, hanno sottoscritto l’intesa in un luogo simbolo della diplomazia internazionale: il Conference Center di Sharm, allestito interamente da Formitalia, eccellenza del Made in Italy guidata da Gianni e Lorenzo David Overi, oggi affiancati dal figlio Duccio.
L’azienda, riconosciuta da anni come uno dei marchi più prestigiosi dell’arredo italiano di alta gamma, è fornitrice ufficiale della struttura dal 2018, quando ha realizzato anche l’intero allestimento per la COP27. Oggi, gli arredi realizzati nei laboratori toscani e inviati da oltre cento container hanno fatto da cornice alla firma che ha segnato la fine di due anni di guerra e di sofferenza nella Striscia di Gaza.
«Tutto quello che si vede in quelle immagini – scrivanie, poltrone, arredi, pelle – è stato progettato e realizzato da noi», racconta Lorenzo David Overi, con l’orgoglio di chi ha portato la manifattura italiana in una delle sedi più blindate e tecnologiche del Medio Oriente. «È stato un lavoro enorme, durato oltre un anno. Abbiamo curato ogni dettaglio, dai materiali alle proporzioni delle sedute, persino pensando alle diverse stature dei leader presenti. Un lavoro sartoriale in tutto e per tutto».
Gli arredi sono partiti dalla sede di Quarrata e dai magazzini di Milano, dove il gruppo ha recentemente inaugurato un nuovo showroom di fronte a Rho Fiera. «La committenza è governativa, diretta. Aver fornito il centro che ha ospitato la COP27 e oggi anche il vertice di pace è motivo di grande orgoglio», spiega ancora Overi, «È come essere stati, nel nostro piccolo, parte di un momento storico. Quelle scrivanie e quelle poltrone hanno visto seduti i protagonisti di un accordo che il mondo attendeva da anni».
Dietro ogni linea, ogni cucitura e ogni finitura lucidata a mano, si riconosce la firma del design italiano, capace di unire eleganza, funzionalità e rappresentanza. Non solo estetica, ma identità culturale trasformata in linguaggio universale. «Il marchio Formitalia era visibile in molte sale e ripreso dalle telecamere internazionali. È stata una vetrina straordinaria», aggiunge Overi, «e anche un riconoscimento al valore del nostro lavoro, fatto di precisione e passione».
Il Conference Center di Sharm el-Sheikh, un complesso da oltre 10.000 metri quadrati, è oggi un punto di riferimento per la diplomazia mondiale. Qui, tra le luci calde del deserto e l’azzurro del Mar Rosso, l’Italia del saper fare ha dato forma e materia a un simbolo di pace.
E se il mondo ha applaudito alla firma dell’accordo, in Toscana qualcuno ha sorriso con un orgoglio diverso, consapevole che, anche questa volta, il design italiano era seduto al tavolo della storia.
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