2023-07-07
Controffensiva ferma: Zelensky chiede armi
Volodymyr Zelensky (Ansa)
Il leader ucraino: «Rallentati da difese e trincee russe nei territori occupati». Poi striglia l’Occidente: «Servono i mezzi». Scoop della «Verità» confermato da Alexander Lukashenko: «Yevgeny Prigozhin è a San Pietroburgo». La Nbc: contatti segreti di pace con Sergej Lavrov. Il segretario generale Nato Jens Stoltenberg troppo schiacciato sugli States: un male per l’Alleanza. Lo speciale contiene due articoli. La controffensiva ucraina «poteva iniziare molto prima ma è stata rallentata dalle difese e dalle trincee costruite dalle forze russe nei territori occupati», ha dichiarato il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, in una intervista esclusiva sulla Cnn. Zelensky - che ieri era in Bulgaria e che è atteso, forse già oggi, a Istanbul dove vedrà l’omologo turco Recep Tayyip Erdogan prima del vertice Nato in programma in Lituania l’11 e il 12 luglio - ha ribadito di «essere grato agli Stati Uniti e ai partner internazionali per il sostegno fornito finora contro l’invasione russa». Zelensky ha voluto anche ricordare di aver detto più volte ai leader occidentali che «avremmo voluto iniziare la controffensiva prima, e che avremmo avuto bisogno dei mezzi necessari: semplicemente perché un ritardo nell’avvio delle operazioni implica un ritardo anche nel raggiungere una conclusione». Ieri la Nbc News ha rivelato che da alcuni mesi sarebbero in corso contatti segreti tra alti funzionari di Usa e Russia con l’obiettivo di mettere basi per una soluzione negoziata al conflitto. Ad essere coinvolto anche il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, che avrebbe incontrato nell’aprile scorso (a margine della riunione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite) Richard Haass, diplomatico in pensione e presidente uscente del centro studi Council on foreign relations. All’incontro avrebbero partecipato altri due esperti dello stesso istituto, Charles Kupchan e Thomas Graham, il primo ex alto funzionario della Casa Bianca e il secondo del dipartimento di Stato. La portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova ha detto che si tratta di una notizia falsa, mentre gli altri due presunti partecipanti alla riunione non hanno rilasciato commenti. Secondo il New York Times, gli States annunceranno a breve la fornitura all’Ucraina di munizioni a grappolo che sono vietate da molti Paesi del mondo. Immediata la riposta di Mary Wareham, direttore ad interim presso Human Rights Watch, che ha scritto: «Entrambe le parti dovrebbero immediatamente smettere di usare munizioni a grappolo e non cercare di ottenerne più. Gli Stati Uniti non dovrebbero trasferire munizioni a grappolo, stanno uccidendo civili ora e continueranno a farlo per molti anni». Ieri il presidente bielorusso Alexander Lukashenko, secondo quanto riferito dall’agenzia Belta, ha parlato nuovamente di Yevgeny Prigozhin, proprietario della Compagnia militare privata Wagner, e a sorpresa ha affermato: «Non si trova in Bielorussia, è a San Pietroburgo». Proprio come La Verità lo scorso 1 luglio avevamo verificato sul posto: Prigozhin il 27 giugno non era arrivato in Bielorussia, a differenza di quanto asserito su molti media. Per quanto riguarda i mercenari della Wagner, Lukashenko afferma: «Stando a ciò che mi è stato comunicato questa mattina, sono nei loro campi». A questo proposito nonostante in pubblico il presidente bielorusso ostenti sicurezza, ieri mattina l’agenzia Ria Novosti ha riferito che «Lukashenko intende incontrare Vladimir Putin nel prossimo futuro per discutere col presidente russo della questione Wagner». Si tratta di un chiaro segno di preoccupazione per la presenza in Bielorussia di una parte dei mercenari che - se ben pagati - potrebbero rivoltarsi. Ma quindi Prigozhin è a San Pietroburgo? Ammettiamo che sia vero: come prigioniero dei servizi segreti russi (Fsb) oppure sta trattando con Putin il suo futuro? Se così fosse, allora sul tavolo ballano miliardi di dollari. Mentre alcuni blogger filorussi scrivono che i 43 milioni di dollari e i cinque chili di lingotti d’oro trovati dalla Fsb nella sede del gruppo Wagner sarebbero stati restituiti per far calare la tensione. Vero o falso? Impossibile saperlo. Il Cremlino che dice di Prigozhin? Dopo essere rimasto in silenzio per giorni e dopo aver rivelato gli enormi guadagni ottenuti dal capo di Wagner, il portavoce di Putin, Dmitry Peskov, ha dichiarato alla Tass: «Non seguiamo i movimenti di Prigozhin. Non abbiamo né la possibilità né la voglia di farlo». Potrebbe essere un tentativo di abbassare i toni tra il Cremlino e Prigozhin, così come uno dei tanti depistaggi. Fin qui la guerra delle parole, mentre sul campo si continua a morire: si aggrava di ora in ora il bilancio del bombardamento russo sulla città di Leopoli, dove un blocco residenziale di una cinquantina di appartamenti è stato colpito da un missile lanciato dal Mar Nero. Mentre scriviamo le vittime sono salite a cinque, sono nove i feriti sin qui accertati ma i soccorritori sono sul posto e scavano tra le macerie dove potrebbero esserci altre vittime. Per il sindaco di Leopoli Andriy Sadovy quello della notte scorsa è stato «il più grande attacco alle infrastrutture civili della città dall’inizio dell’invasione russa». L’unica buona notizia della giornata arriva da Kyrylo Budanov, il capo dei servizi segreti ucraini, che al Times ha detto che il rischio di attacchi alla centrale nucleare di Zaporizhzhia sta diminuendo nonostante gli «oggetti» sul tetto: «Stiamo svolgendo diverse azioni in questo settore, sia pubbliche che non, e credo che ora il pericolo di un disastro artificiale causato dall’uomo stia lentamente diminuendo». <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/controffensiva-ferma-zelensky-chiede-armi-2662246757.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="stoltenberg-e-piu-realista-del-re-un-errore-prorogare-il-suo-incarico" data-post-id="2662246757" data-published-at="1688729891" data-use-pagination="False"> Stoltenberg è più realista del re. Un errore prorogare il suo incarico Non è una buona notizia quella che preannuncia la conferma di Stoltenberg a segretario generale della Nato per un ulteriore anno. Nel suo mandato, rinnovato già due volte, egli ha avuto la preminente ed esclusiva funzione di fare da cassa di risonanza alla linea statunitense, di ventriloquo di Biden e di chi lo ha preceduto, dando concretezza e spessore operativo all’ormai fin troppo palese ed indiscusso abuso di posizione dominante dell’azionista di maggioranza della Nato, gli Stati Uniti. Più di una volta ha dato l’impressione di voler compiacere il «padrone» spingendosi in autonomia su posizioni più dure e più oltranziste rispetto alle stesse aspettative di chi dettava la linea. Nella meno critica delle valutazioni sul suo operato, Stoltenberg ha sistematicamente ed impudentemente travalicato i limiti delle sue attribuzioni che - lo si ricorda - sono limitate a «guidare le consultazioni e il processo decisionale all’interno dell’Alleanza e garantire l’attuazione delle decisioni». Null’altro. Se fosse stato fedele al suo mandato, avrebbe dovuto concordare con tutti i paesi membri ogni sua dichiarazione pubblica, ogni suo intervento avrebbe dovuto essere la sintesi del pensiero di tutti, avrebbe dovuto ottenere da ogni alleato luce verde per ogni sua dichiarazione, ma così non è stato; e viene da chiedersi anche se mai qualcuno all’interno del consiglio atlantico, compreso il nostro ambasciatore presso la Nato, gli abbia mai concesso il proprio benestare a parlare a nome di tutti. Per chi ha la memoria più labile vale la pena rammentare che Stoltenberg non si è mai risparmiato nell’incoraggiare la candidatura di nuovi paesi ad entrare nell’alleanza, non ha mai speso una parola per richiamare l’alleanza al rispetto del suo primo principio, quello fondante, quello fissato nell’articolo 1 del trattato, di impegnarsi a «comporre con mezzi pacifici qualsiasi controversia in cui potrebbero essere coinvolti» i paesi membri, «in modo che la pace e la sicurezza internazionali e la giustizia non vengano messe in pericolo». Anzi, non ha trascurato occasione per disquisire sulla guerra russo Ucraina con spirito bellicista e muscolare, senza mai neppure adombrare l’eventualità di un cessate il fuoco e tantomeno di un negoziato. Ha fatto insomma l’incendiario più che il pompiere, come invece il suo ruolo e la sua appartenenza gli imponevano. Se poi dovessimo giudicare l’operato del segretario norvegese alla luce dei nostri interessi e delle nostre aspettative, non si può non rimarcare come Stoltenberg sia stato pervicacemente sordo alle nostre richieste ormai datate di molti lustri, di volgere lo sguardo anche al fianco Sud, di non insistere nel concentrare, in esclusiva, l’attenzione della Nato al fianco Est. Con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti e che hanno provocato tempo fa una presa di posizione perfino (e solo) del Santo Padre, il quale con una espressione piuttosto efficace ed azzeccata, si è detto convinto che «l’abbaiare della Nato alle porte della Russia» ha provocato «un’ira che non so dire se sia stata provocata ma facilitata forse sì». Come dargli torto e come non riconoscere una responsabilità anche del bellicoso Stoltenberg in tutto quello che sta succedendo? Purtroppo pare sia ormai troppo tardi per ipotizzare un ripensamento prima del summit di Vilnius, e forse tutto sommato potrebbe essere anche meglio perché, se le indiscrezioni sulle candidature filtrate negli ultimi mesi dovessero partorire un nuovo Segretario, il rischio di cadere dalla padella alla brace sarebbe cosa certa.ex capo di tato maggiore dell'aeronautica militare
Jose Mourinho (Getty Images)