2025-03-24
«Contro Ventotene difendiamo democrazia e sussidiarietà»
Il capogruppo di Fdi al Senato Lucio Malan: «È la sinistra ad aver portato in piazza quel manifesto, ora dovrebbe chiarire come la pensa davvero su dittatura e abolizione della proprietà».Lucio Malan, capogruppo di Fdi al Senato, Romano Prodi ha avuto una reazione scomposta nei confronti di una giornalista di Quarta Repubblica che gli chiedeva della polemica su Ventotene. Nel frattempo Fausto Bertinotti dichiara che avrebbe scagliato volentieri un libro contro il capo del governo. Che sta succedendo?«Giorgia Meloni li ha smascherati e reagiscono in modo scomposto. Romano Prodi con un atteggiamento decisamente aggressivo e Bertinotti auspicando addirittura la violenza verso il premier. Insomma: le celebrazioni a spese del contribuente all’insegna del Manifesto vanno bene, ma se si legge cosa c’è scritto veramente nel documento, reagiscono in questo modo. Veramente pazzesco...». È ancora convinto che l’uscita del presidente del Consiglio Giorgia Meloni sul manifesto di Ventotene sia stata una mossa azzeccata?«È stato un gesto doveroso. Quel manifesto dice cose sconcertanti, totalmente contrarie alla Costituzione e al pensiero dei padri fondatori d’Europa. Meloni si è limitata a dire che quella del manifesto di Ventotene non rappresenta la nostra idea di Europa: quella di De Gasperi, Schuman e Adenauer. Non abbiamo insultato nessuno, abbiamo solo sottolineato che il quel documento ci sono passaggi inaccettabili». Quali?«La dittatura dei rivoluzionari europei? La proprietà privata soggetta all’arbitrio del partito unico? Sono concetti totalmente estranei alla nostra storia democratica». Dunque respinge il coro «vergogna» risuonato nelle aule parlamentari contro la maggioranza?«Hanno detto che criticare certi passaggi è roba da fascisti? Siamo al capovolgimento della realtà. E mi sorprende che gli esaltatori di quel manifesto non abbiano pronunciato parole chiare nel merito». Perché, cosa si aspettava?«Mi aspettavo che la sinistra dicesse più o meno così: rispettiamo le idee degli intellettuali antifascisti che sono finiti al confino e hanno pagato anche con la vita, ma in quel manifesto ci sono frasi intollerabili. Invece non ho sentito dichiarazioni del genere. Inizio a pensare che condividano davvero i contenuti di quel documento». Addirittura?«Suppongo di sì, altrimenti un chiarimento sarebbe arrivato. Hanno grosse difficoltà a riconoscere che certi passaggi del manifesto non sono condivisibili. Aspettiamo che lo facciano».Arriva a dire che quello di Ventotene è un manifesto antieuropeo?«Di sicuro è contro l’Europa della democrazia e della sussidiarietà, perché parla di abolizione definitiva degli Stati nazionali. È una visione molto vicina a quella comunista, ma anziché la lotta di classe propugna la lotta agli Stati nazionali. In comune con la visione comunista, è prevista anche qui una “fase della dittatura” del partito rivoluzionario europeo, che ci traghetterebbe, chissà quando, verso la “vera” democrazia. E poi c’è un altro passaggio inquietante: quello in cui si dice che i leader politici democratici sono inadeguati perché usano la violenza solo quando la maggioranza lo ritiene indispensabile. Dunque i leader adeguati devono usarla a loro arbitrio per costruire il “paradiso europeo”».Tuttavia, Ventotene è da sempre un simbolo. Nel Parlamento europeo esiste una sala dedicata ad Altiero Spinelli, e il presidente Mattarella ha considerato il manifesto di Ventotene un punto di riferimento. Quel documento non andrebbe calato nel suo contesto storico?«Riconosco che il contributo di Spinelli non si esaurisce certamente nei concetti di “dittatura” contenuti nel manifesto. Il punto è che la sinistra è bravissima a creare dei miti, ma poi impazzisce se qualcuno si spinge più in profondità nell’analisi. Quanto agli omaggi pubblici: una cosa è dare un tributo agli intellettuali di Ventotene che hanno lottato contro il regime, un’altra è abbracciare in toto quel documento». Perché sventolare quel manifesto proprio adesso?«Non è stata Giorgia Meloni a proporre il manifesto di Ventotene all’attenzione pubblica, bensì la piazza pro Europa di Roma, qualche giorno fa. Ed è stata La Repubblica ad aver distribuito il documento integrale. Con rispetto per chi è sceso in piazza, quella manifestazione mi è sembrata verticistica ed elitaria. Non erano d’accordo praticamente su nulla, tranne che sulla critica al governo». L’Italia è favorevole oppure no al riarmo europeo? «Il presidente del Consiglio è stato chiaro. Il provvedimento europeo mette in campo degli strumenti per tener fede all’impegno che tutti i governi italiani degli ultimi 15 anni hanno ribadito: aumentare le spese per la difesa. Lo ha deciso non solo il governo Meloni, ma anche Conte, Draghi, Renzi, e via dicendo. Detto questo, non c’è nessun obbligo di investire tutti quei soldi». 800 miliardi di euro sono troppi?«Sono tantissimi, però chi vorrà investire potrà farlo. E questa scelta si accompagnerà con lo scorporo delle spese per la difesa dai limiti di sforamento richiesti dall’Ue». Ma la Lega è contrarissima. Matteo Salvini telefona al vicepresidente americano JD Vance e dice che «a Bruxelles qualcuno non lavora per la pace». La maggioranza non è allineata?«La Lega è rimasta colpita dal nome del provvedimento, “Re-Arm”, che anche per noi è sbagliato. Teme la nascita dell’esercito europeo, che però nel piano non è previsto. Ma nel concreto, non ci sono divisioni. Constato che, sulle scelte formali di voto, con gli alleati siamo sempre andati d’accordo con facilità». L’Italia si indebiterà per armarsi, e con quali garanzie?«Una parte delle spese potrà essere scorporata ai fini del Patto di stabilità europeo, e ci saranno garanzie sull’intervento dei privati. Ma continueremo a tenere i conti sotto controllo. Di certo non intaccheremo i fondi per la coesione o per la sanità. E di certo non schiereremo soldati italiani».L’ultimo Consiglio europeo non è stato esattamente la celebrazione dell’armonia tra gli Stati sulla questione ucraina. I Paesi frugali sono già sulle barricate, la Germania in fuga solitaria, la Francia sgomita per essere protagonista. Si va in ordine sparso?«È possibile. Parliamo di 27 Stati con esigenze molto diverse. Si andrà avanti, ed è bene che siano i singoli Stati a decidere gli investimenti per la Difesa e non l’Unione nel suo insieme». Dobbiamo rassegnarci a un’America che abbandona l’Europa al suo destino?«Al contrario, nella risoluzione approvata a Strasburgo si sostiene il tentativo di Trump per arrivare alla pace. È singolare constatare che improvvisamente, con Trump alla Casa Bianca, gli Stati Uniti siano diventati un nemico per la sinistra europea, proprio mentre Washington sta cercando di intavolare una tregua. Noi non riteniamo gli Usa un nemico: un concetto che dovrebbe essere scontato, ma a quanto pare non lo è più».L’Europa è in grado di difendersi da sola, senza appoggio statunitense? «Ovviamente no, e per quanto mi riguarda l’ipotesi non si pone affatto. Ad oggi, la nostra Difesa è sostenuta economicamente per buona parte dagli Stati Uniti. È giusto fare la nostra parte, ma pensare che si possa fare da soli è folle». Nelle frasi dei leader europei si paventa il rischio che Vladimir Putin possa non accontentarsi dell’Ucraina. Vede un rischio per l’integrità europea? «Mi sembra uno scenario poco realistico quello di veder spuntare i russi al Brennero domani mattina. Ciò non toglie che tutti i reparti della Difesa debbano essere rafforzati. Non si tratta, ricordiamolo, solo di armi, ma anche di investimenti nell’intelligence, nello spazio, nella sicurezza informatica, fino alla tutela delle aree sottomarine che ospitano infrastrutture energetiche importanti».La nuova Germania di Friedrich Merz si indebita per mille miliardi di euro, cambiando la Costituzione col vecchio Parlamento. Rischiamo un’Europa sbilanciata sulla Germania, non più sul piano economico ma su quello degli armamenti?«Una nazione che prende decisioni di questo genere con un governo non legittimato dalle elezioni – perché il nuovo governo non si è insediato – mi lascia perplesso. A sinistra dovrebbero riflettere quelli che si sono sempre allineati sulla linea tedesca». Una sinistra che sulle armi europee si è drammaticamente divisa. «La sinistra si sente tradita, dopo anni in cui ha abbracciato acriticamente l’asse franco tedesco. Sono cose che succedono: quando si snobbano gli interessi nazionali per mettersi al traino degli altri, può accadere che gli altri vadano per conto loro».Con quali conseguenze?«Il risultato è paradossale: per anni i progressisti italiani hanno scomunicato gli avversari affibbiandogli l’etichetta di “putiniano”, e adesso che l’Europa propone di rafforzare la nostra Difesa, vanno in cortocircuito. Qualcuno dice sì, qualcuno dice no, qualcuno si astiene».Ha visto in tv lo spettacolo di Roberto Benigni?«No, ma ho letto qualcosa. 140 minuti in prime time, senza pubblicità, per trasmettere opinioni di parte e ampiamente discutibili. Benigni può dire e fare qualunque cosa, verrà comunque celebrato, e va bene così. Detto questo, per continuare a sostenere che la televisione pubblica sia al servizio di Giorgia Meloni, ci vuole un bel coraggio».
«The Iris Affair» (Sky Atlantic)
La nuova serie The Iris Affair, in onda su Sky Atlantic, intreccia azione e riflessione sul potere dell’Intelligenza Artificiale. Niamh Algar interpreta Iris Nixon, una programmatrice in fuga dopo aver scoperto i pericoli nascosti del suo stesso lavoro.