2020-08-20
Conte torna ai classici e incolpa le Regioni
Il premier, temendo che il patto Pd-M5s gli tolga centralità, si affretta a ricordare agli azionisti della maggioranza che ci sono i fondi europei da spartire, quindi meglio non litigare. Per il caos che ha travolto discoteche e aeroporti, punta il dito sugli enti locali. Confesso: di regola non leggo le interviste che Giuseppe Conte concede al Fatto quotidiano. Troppa melassa, con il rischio a ogni riga di essere vittima di una crisi iperglicemica. Perciò preferisco le sintesi dei colleghi, evitando l'ampollosità delle risposte del premier. Ieri però, complice la calma agostana, mi sono avventurato nella lettura di quello che ormai è diventato un genere letterario, ovvero i ragionamenti arzigogolati del presidente del Consiglio. Essendo rimasto tagliato fuori dall'accordo fra Luigi Di Maio e Nicola Zingaretti in vista delle elezioni regionali, il nostro ha provato a rientrarci, allo scopo di dimostrare che la sua opinione conta ancora qualche cosa. Ecco la sintesi del Conte-pensiero.Domanda facile facile: che ne pensa di una possibile alleanza fra 5 stelle e Pd in Puglia e nelle Marche? La risposta è più facile del quesito: «Presentarsi divisi espone al rischio di sprecare una grande occasione». Ma dai? Chi l'avrebbe mai detto? E quale sarebbe questa grande occasione? La possibilità di «imprimere una forte spinta per realizzare le strategie del green deal, dell'innovazione digitale, degli investimenti nelle infrastrutture, negli asili nido e nelle scuole». Forse, resosi conto della banalità del dire, Conte ha cercato di aggiungere qualche cosa, peggiorando la situazione. Le elezioni regionali infatti per il premier coincidono con un appuntamento storico per l'Italia. E in che cosa consisterebbe, di grazia, questa scadenza epocale? Nella spartizione dei soldi. Sì, il premier ha spiegato al Fatto che il governo è chiamato a elaborare il Recovery plan, finanziato con ingenti fondi europei, una grande opportunità anche per le Regioni, che saranno coinvolte nel progetto. Come? Beh, «diventeranno anche dei centri di spesa». Sì, proprio così. Si tratta di far girare la moneta e dunque, invece di dividersi, è meglio mettersi d'accordo per spartire il malloppo. Certo, lui che è tutto perbenino e soprattutto gioca a fare il primo ministro sopraffino, ci tiene a precisare che il governo non farà distinzione di colore politico fra i governi regionali. E però a buon intenditore poche parole, perché le forze di maggioranza, cioè 5 stelle e Pd, dovrebbero avere tutto l'interesse a mettersi buone per essere protagoniste di questa partita. Chiaro il concetto? Che vi mettete a litigare tra grillini e piddini quando c'è da spendere li sordi? Conte, che dev'essere uno di quelli convinti che il denaro faccia la felicità, non si capacita. Ma come si fa a litigare proprio adesso? Il suo è un appello che trasuda coraggio e generosità: «La politica impone di mettere sempre il bene dei cittadini al di sopra dei propri interessi». Sì, obiettano gli intervistatori, che per la cronaca sono Marco Travaglio e Salvatore Cannavò, ma questi fino a ieri si tiravano cartoni che neanche Tyson. Il presidente del Consiglio non si fa cogliere impreparato: «Bisogna esprimere una visione strategica e guardare ai bisogni delle comunità locali non più con le lenti del passato, ma con il binocolo del futuro». Chiaro il concetto? Basta lamentarsi per ciò che non è andato per il verso giusto. Il Tap e l'Ilva sono due ferite aperte perché nessuna promessa è stata rispettata? Guardatele con il binocolo del futuro, cioè da lontano. La cassa integrazione non vi è ancora arrivata e non sapete come far quadrare il bilancio familiare? Guardate i fatti con il binocolo e basta. I due intervistatori, autentici mastini, non demordono e parlano delle divisioni in Puglia, con Michele Emiliano a mettere zizzania nel campo della sinistra. Che si fa? Ci si siede intorno a un tavolo, ovvio no? Una bella partita a Morto o Cucù e siamo a posto. E nelle Marche che si fa? Anche lì ci si riunisce intorno al tavolo e si gioca a Petrangola. Insomma, Conte ne ha per tutti, per pugliesi e marchigiani, ai quali suggerisce di parlare con gli elettori guardandoli negli occhi per capire meglio i loro bisogni. Diavolo d'un Giuseppi: di certo Emiliano, che passa da una sagra paesana all'altra pur di conquistare il consenso, non ci aveva pensato.Ma visto che si è esposto un po' troppo, gli intervistatori sono preoccupati e temono una fine alla D'Alema, che vent'anni fa, per aver fatto campagna elettorale alle regionali, una volta sconfitto fu costretto a far le valigie e lasciare Palazzo Chigi. E allora Conte precisa che quelle del 20 settembre non sono elezioni politiche, ma regionali e non si tratta di dare un voto al governo. Insomma, italiano avvisato, esecutivo mezzo salvato, nel senso che se anche il centrosinistra perdesse tutte le sfide regionali, col cavolo che lui scollerebbe le terga dalla poltrona. Ultima pillola zuccherosa del rosolio pugliese che da due anni alberga alla presidenza del Consiglio. Avete fatto un bel pasticcio con le discoteche chiedono, ormai sull'orlo del diabete, gli intervistatori. «Il governo non ha mai autorizzato l'apertura delle discoteche», mette le mani avanti il presidente del Consiglio dimenticando il Dpcm del 14 luglio che riapre le balere. Vi chiedete di chi sia la colpa secondo il premier-Pinocchio? Ma ovvio, no? Delle Regioni, come pure è responsabilità loro se negli aeroporti non si fanno i tamponi. Vi è chiaro il concetto? I meriti sono del Conte-Casalino, come lo chiama Dagospia in onore del suo portavoce. Le colpe invece sono degli altri. L'ho sempre sospettato: troppo zucchero dà alla testa.
C’è anche un pezzo d’Italia — e precisamente di Quarrata, nel cuore della Toscana — dietro la storica firma dell’accordo di pace per Gaza, siglato a Sharm el-Sheikh alla presenza del presidente statunitense Donald Trump, del presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, del turco Recep Tayyip Erdogan e dell’emiro del Qatar Tamim bin Hamad al-Thani. I leader mondiali, riuniti per «un’alba storica di un nuovo Medio Oriente», come l’ha definita lo stesso Trump, hanno sottoscritto l’intesa in un luogo simbolo della diplomazia internazionale: il Conference Center di Sharm, allestito interamente da Formitalia, eccellenza del Made in Italy guidata da Gianni e Lorenzo David Overi, oggi affiancati dal figlio Duccio.
L’azienda, riconosciuta da anni come uno dei marchi più prestigiosi dell’arredo italiano di alta gamma, è fornitrice ufficiale della struttura dal 2018, quando ha realizzato anche l’intero allestimento per la COP27. Oggi, gli arredi realizzati nei laboratori toscani e inviati da oltre cento container hanno fatto da cornice alla firma che ha segnato la fine di due anni di guerra e di sofferenza nella Striscia di Gaza.
«Tutto quello che si vede in quelle immagini – scrivanie, poltrone, arredi, pelle – è stato progettato e realizzato da noi», racconta Lorenzo David Overi, con l’orgoglio di chi ha portato la manifattura italiana in una delle sedi più blindate e tecnologiche del Medio Oriente. «È stato un lavoro enorme, durato oltre un anno. Abbiamo curato ogni dettaglio, dai materiali alle proporzioni delle sedute, persino pensando alle diverse stature dei leader presenti. Un lavoro sartoriale in tutto e per tutto».
Gli arredi sono partiti dalla sede di Quarrata e dai magazzini di Milano, dove il gruppo ha recentemente inaugurato un nuovo showroom di fronte a Rho Fiera. «La committenza è governativa, diretta. Aver fornito il centro che ha ospitato la COP27 e oggi anche il vertice di pace è motivo di grande orgoglio», spiega ancora Overi, «È come essere stati, nel nostro piccolo, parte di un momento storico. Quelle scrivanie e quelle poltrone hanno visto seduti i protagonisti di un accordo che il mondo attendeva da anni».
Dietro ogni linea, ogni cucitura e ogni finitura lucidata a mano, si riconosce la firma del design italiano, capace di unire eleganza, funzionalità e rappresentanza. Non solo estetica, ma identità culturale trasformata in linguaggio universale. «Il marchio Formitalia era visibile in molte sale e ripreso dalle telecamere internazionali. È stata una vetrina straordinaria», aggiunge Overi, «e anche un riconoscimento al valore del nostro lavoro, fatto di precisione e passione».
Il Conference Center di Sharm el-Sheikh, un complesso da oltre 10.000 metri quadrati, è oggi un punto di riferimento per la diplomazia mondiale. Qui, tra le luci calde del deserto e l’azzurro del Mar Rosso, l’Italia del saper fare ha dato forma e materia a un simbolo di pace.
E se il mondo ha applaudito alla firma dell’accordo, in Toscana qualcuno ha sorriso con un orgoglio diverso, consapevole che, anche questa volta, il design italiano era seduto al tavolo della storia.
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Silvia Salis (Imagoeconomica)