2020-07-22
Conte festeggia per nascondere la sconfitta
Giuseppe Conte (Dursun Aydemir/Anadolu Agency /Getty Images)
Il premier ha inanellato dichiarazioni smentite dai fatti: il Recovery fund doveva arrivare a 1.500 miliardi (si ferma a 750) e gli aiuti a fondo perduto a 500 (intesa a 390). Non voleva vincoli e ci sono. Eppure trova una grancassa mediatica pronta a coprire il risultato.L'operazione mediatica da cinegiornale Luce a cui stiamo assistendo da 36 ore, una vera e propria orgia propagandistica a favore di Giuseppe Conte, ha anche l'obiettivo di far dimenticare ciò che il presidente del Consiglio aveva detto negli ultimi tre mesi: rileggere quelle dichiarazioni fa impressione. Si tratta di frasi che, se confrontate con i risultati del vertice di Bruxelles, ne ridimensionano impietosamente l'esito, rendendo palesemente incongrui festeggiamenti e celebrazioni.23 aprileQuando il Recovery fund, per Conte, doveva essere da 1.500 miliardi. «La dotazione del Recovery fund dovrebbe essere di 1.500 miliardi e fornire grants, sovvenzioni, agli Stati membri. Le sovvenzioni sono essenziali per preservare il mercato unico, un “level playing field" e assicurare una risposta simmetrica a uno shock simmetrico». Così Il Sole 24 Ore Radiocor Plus sintetizzava l'intervento di Giuseppe Conte in videoconferenza al vertice Ue del 23 aprile. Ma com'è noto, alla fine, la cifra complessiva è stata dimezzata: da 1.500 a 750 miliardi. 20 maggioQuando i 500 miliardi a fondo perduto, per Conte, erano la linea del Piave: «Non si arretra, anzi dobbiamo ottenere di più». «Non solo difendo e difenderò il Recovery fund da 500 miliardi a fondo perduto, ma chiederò alla Commissione di essere più ambiziosa […]. Dunque, se la von der Leyen dovesse ridurre i 500 miliardi di sussidi a fondo perduto, il nostro atteggiamento sarebbe molto molto critico. Perché non è in gioco la sopravvivenza di un singolo Paese ma dell'Europa e del mercato unico». 3 giugnoCon questi virgolettati Il Messaggero riassunse il 20 maggio scorso il colloquio telefonico di Conte con il presidente francese Emmanuel Macron. Secondo la ricostruzione del quotidiano romano, per l'Italia i 500 miliardi a fondo perduto erano la linea del Piave: «Non si arretra. Anzi, dobbiamo ottenere di più». Com'è noto, alla fine, non solo l'ammontare di 500 miliardi di sussidi non è stato ampliato, ma è stato ridotto a 390. Quando Conte voleva un'anticipazione immediata del Recovery fund. «Abbiamo un problema di immediata spendibilità. Stiamo lavorando per un'anticipazione. Ne ho parlato con la von der Leyen, ma al momento gli strumenti per anticipare sono modesti…». Era il 3 giugno quando Conte, in una conferenza nel cortile di Palazzo Chigi, da un podio sistemato su un tappeto rosso (poco lontano, con tanto di telecamera dedicata anche a lui, c'era l'inevitabile Rocco Casalino), dedicò molto tempo a illustrare le meraviglie del Recovery fund e a presentarsi come gran gestore dei presunti fantastiliardi europei in arrivo: «La somma che l'Europa metterà a disposizione va intesa come una risorsa di cui il governo in carica avrà la responsabilità, ma intendo convocare a Palazzo Chigi tutti i principali attori del sistema Italia». Insomma, una sfilata a corte (avvenuta a Villa Pamphili) per rendere visibile che sarebbe stato il governo a maneggiare i soldi. Poi però la dolorosa ammissione sull'esigenza di anticipare le erogazioni. Ma com'è noto, alla fine, non c'è stata alcuna anticipazione: le erogazioni saranno spalmate solo dal 2021 agli anni successivi. Nessun intervento immediato e d'urgenza. 13 luglio Quando Conte non voleva condizionalità e respingeva un ruolo del Consiglio europeo in fase attuativa. «Sulle regole della governance, io sono favorevole a che sia coinvolto il Consiglio europeo, ma sulla fase attuativa non spetta al Consiglio pronunciarsi». E ancora: «Introdurre condizionalità troppo rigorose nel negoziato per il Recovery fund non è interesse di nessuno. Introdurre della condizionalità al fine di compromettere l'effettività del sostegno e l'efficacia di questo programma sarebbe follia. […] Se stiamo elaborando una risposta solida e coordinata, ma poi in concreto non praticabile, allora vorrebbe dire perdere tempo, illudere i cittadini e lasciare un'Europa meno competitiva». Con queste parole, pronunciate il 13 luglio mentre era ospite di Angela Merkel al castello di Meseberg, Conte disse no a un ruolo del Consiglio europeo nell'attuazione e nel monitoraggio del Recovery fund, così come a condizionalità troppo severe. Ma com'è noto, a Bruxelles si è dovuto piegare sia al «super freno d'emergenza» voluto dall'olandese Mark Rutte, che può portare al coinvolgimento del Consiglio europeo, sia a una serie di stringenti condizionalità.Certo, nonostante queste macroscopiche smentite e contraddizioni, alla fine dei giochi, a favore di Conte restano alcuni fattori da non sottovalutare: una certa fortuna, i sostegni trasversali (visibili e non) di cui indubbiamente dispone, e una furbizia levantina. Quella per cui, nel lungo weekend di Bruxelles, per scansare la pratica del Mes (che oggettivamente avrebbe determinato una spaccatura verticale nella sua maggioranza), si è fatto aumentare di una trentina di miliardi i prestiti, più o meno l'equivalente di ciò che avrebbe avuto dal fondo Salvastati. Ma il rovescio di quella furbizia è la mancanza di strategia e di principi: pur di dire no al Mes, ha finito per accettare un «Mes extralarge», una specie di «Recovery Mes». E questo tatticismo non lo salverà dalla tempesta economica d'autunno, e da un prevedibile tsunami di fallimenti e licenziamenti. E a quel punto a pagare il prezzo più alto saranno gli italiani.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)