2019-09-04
60.000 grillini ci impongono Conte
Ho conosciuto Giuseppe Conte quando non era ancora Giuseppe Conte, ma un semplice professore universitario. Se ne stava con le cuffiette senza fili nelle orecchie, non so se intento a sentire musica o in attesa di una telefonata che lo facesse svoltare. Era il pomeriggio in cui, tornato a Roma, avrebbe ricevuto dal presidente della Repubblica l'incarico di formare il nuovo governo, ma forse lui ancora non sapeva che prima di mezzanotte sarebbe stato miracolato. Ricordo che con me si lamentò dei giornalisti, che scavavano sul suo curriculum e che andavano a caccia delle tasse non pagate. (...)(...) «A chi come me è spesso in viaggio, capita di non ricevere la cartella delle tasse. Ma poi ho saldato i conti», mi spiegò. Sembrava uno che fosse stato estratto a sorte dalla fortuna, ma che poi, inspiegabilmente, aveva perso il biglietto della lotteria. La sorte però ha spesso in serbo delle sorprese e così, dopo poche ore, Carlo Cottarelli, che il presidente della Repubblica aveva incaricato in seguito al giro a vuoto dello stesso Conte, gettò la spugna e il professore si ritrovò un'altra volta tra le mani il biglietto vincente e questa volta badò bene di non farselo sfuggire. Così, mesi dopo, quando era già a Palazzo Chigi mi capitò di rivederlo. Mario Giordano aveva chiesto un'intervista al presidente del Consiglio e dagli uffici della presidenza fecero sapere che sarebbe stata gradita anche la mia presenza. Mi sembrò scortese rifiutare e poi, in fondo, era il capo del governo che mi invitava. Così, insieme con Mario, mi presentai puntuale all'appuntamento. Il premier ci fece fare pochissima attesa e poi fummo introdotti nel suo salottino. Fu un incontro molto cortese, a cui partecipò anche Rocco Casalino, il portavoce, il quale non aveva l'aria del portavoce, ma di un sottosegretario. Mario fece domande molto precise e ricevette risposte molto vaghe. Ricordo che a un certo punto io chiesi se la legittima difesa, misura cara alla Lega, sarebbe stata introdotta per decreto o per disegno di legge. Sul volto del presidente del Consiglio lessi un certo smarrimento poi, mentre cercava un modo per rispondere, con lo sguardo si appellò a Casalino, il quale replicò che stava già chiedendo ad Alfonso Bonafede, il ministro della Giustizia. Stava infatti digitando un sms. La risposta non tardò ad arrivare e dunque anche il leggero disappunto del premier fu archiviato.Usciti dall'incontro io e Mario ci guardammo negli occhi: entrambi avevamo avuto la sensazione di aver incontrato un signore molto curato nei modi, ma certo non di avere intervistato il presidente del Consiglio di uno degli otto Paesi più importanti del mondo. Avevamo parlato per oltre un'ora di economia, giustizia e sicurezza con un professore, ma se avessimo dovuto spiegare quale strada avrebbe imboccato l'Italia non avremmo saputo spiegarlo. Non voglio dire che a Palazzo Chigi ci fossimo trovati davanti un turista per caso, però un premier per caso sì. Ma rovesciando la massima di Giulio Andreotti, il potere logora chi non ce l'ha, si può anche dire che il potere aiuta chi ce l'ha. Così, un anno dopo, credo che sia evidente che il potere ha aiutato Giuseppe Conte a diventare il nuovo Giuseppe Conte, ovvero un uomo politico scaltro e anche un po' spregiudicato, capace di succedere a sé stesso, passando senza soluzione di continuità da un governo di destra a uno di sinistra, da uno che impone sanzioni alle Ong a uno che aiuta le Ong. Conte, un burattino secondo la maggior parte della stampa che ora lo sostiene, ha imparato che si fa politica mentendo, agli elettori innanzitutto, e agli alleati in secondo luogo. Così, se prima non esisteva che divenisse il capo di un'altra maggioranza, come disse a fine luglio, poi è diventato possibile. Con un certo cinismo, da premier del cambiamento Conte è diventato il premier della conservazione. La Ue, che all'inizio era nemica, ora è diventata amica, e da uomo che doveva rompere gli schemi oggi Conte si è trasformato nel guardiano di quegli stessi schemi. In altre parole, è diventato un Monti con la pochette, ma più furbo, più abile a tessere la tela, curvo e convesso a seconda delle necessità. Così prima si è mangiato Salvini e successivamente Di Maio, facendosi per giunta incoronare imperatore a 5 stelle dalla piattaforma Rousseau, con un bulgaro 79 per cento.Paolo Cirino Pomicino lo ha definito un doroteo, facendo riapparire per un attimo, dopo 30 anni, l'immagine di Mariano Rumor, di Emilio Colombo, di Flaminio Piccoli e tutti i chierici della sagrestia democristiana che nella prima Repubblica gestiva il potere per il potere. Una corrente che più di ogni altra ha incarnato la Balena Bianca, quell'enorme cetaceo che per 50 anni è stato capace di inghiottire tutto, il boom e l'autunno caldo, gli scandali e le riforme, il Sessantotto e il terrorismo, ma non Mani pulite. Non so se Conte sia il nuovo Rumor o il Colombo dei 5 stelle. Se sia o no la saponetta con cui la classe politica si vuole lavare la coscienza. So però che se il presidente del Consiglio è un doroteo e la sua politica sarà quella democristiana che tanto andò per la maggiore nella prima Repubblica, ossia un continuo inciucio con la sinistra, una sola considerazione è possibile ed è che se il vaffa di Beppe Grillo ha partorito dopo anni di comizi contro la Casta il nuovo Rumor, l'unico che merita un sonoro vaffa è lui, il comico che per un decennio ha preso in giro l'Italia e gli italiani con la sua democrazia dal basso. Altro che rivoluzione, la sua era una barzelletta. Uno show a pagamento, ma a pagare sono anche quegli italiani che lo spettacolo non lo volevano.
Il cpr di Shengjin in Albania (Getty Images)