2025-02-01
Col Covid migliaia di denunce a Conte. Ma Giuseppi fu iscritto solo due volte
Giuseppe Conte (Imagoeconomica)
Le toghe continuano a dire che l’indagine sul caso Almasri è un atto dovuto. Durante il lockdown, però, hanno archiviato una marea di esposti sull’allora premier. Questa volta, invece, hanno subito colto la palla al balzo...A volte ci sono lapsus che svelano la verità più di tanti discorsi. Ne è un esempio la frase sfuggita a Luca Sommi, che l’altra sera a Dritto e rovescio, trasmissione che Paolo Del Debbio conduce su Rete 4, ha detto che ai tempi del governo giallorosso Giuseppe Conte fu denunciato duecento volte e indagato almeno un paio e tuttavia non fece la vittima, come invece, secondo l’editorialista del Fatto quotidiano, ha fatto Giorgia Meloni. Lasciamo perdere la questione del video con cui il presidente del Consiglio ha annunciato di aver ricevuto la comunicazione della Procura per la scarcerazione del carceriere libico, se cioè si sia atteggiata a perseguitata oppure no. Concentriamoci invece sul numero di denunce e sul numero di indagini effettivamente attivate. Se la statistica non è un’opinione siamo all’uno per cento. Infatti, se su duecento esposti solo due hanno prodotto l’iscrizione nel registro delle notizie di reato, significa che 198 sono state cestinate e dunque che l’atto obbligato di cui tanto si parla in queste ore non è affatto dovuto, ma è voluto. In altre parole, Francesco Lo Voi, una volta ricevuta la denuncia di Luigi Li Gotti, fra l’altro senza nominativo e senza data di nascita dei soggetti accusati di aver commesso i reati di favoreggiamento e peculato, avrebbe potuto tranquillamente cestinarla, ritenendola fondata sul nulla. Invece ha scelto di trasmetterla al Tribunale dei ministri iscrivendo premier e ministri nel registro degli indagati. Non poteva fare altro, hanno detto in coro giornalisti e colleghi magistrati del procuratore della Capitale. Ma allora perché durante l’epidemia di Covid quelle stesse toghe che ora si nascondono dietro l’obbligatorietà dell’azione penale, ovvero spiegano che per ogni denuncia si debba aprire un’indagine e fare approfondimenti, hanno archiviato senza neppure aprire un fascicolo le molte denunce a carico di Giuseppe Conte e di Mario Draghi? C’è stato un periodo in cui non si contavano gli esposti contro i presidenti del Consiglio dell’epoca e mi risulta che alcuni avvocati abbiano predisposto appositi moduli da inviare alle Procure. Eppure, non mi pare che il Tribunale dei ministri sia stato intasato dalle centinaia se non migliaia di lettere inviate da tutta Italia per denunciare gli abusi di Palazzo Chigi in termini di restrizione delle libertà personali e di obblighi vaccinali. Ho ripescato un vecchio articolo della cronaca torinese del Corriere della Sera, uscito nel marzo del 2021. Si dà notizia delle denunce presentate contro Giuseppe Conte. «C’è chi lo accusa di aver fatto troppo poco nella lotta contro il virus e chiede che venga processato per epidemia o omicidio colposi. Chi lo attacca perché ritiene che le misure restrittive decise per far fronte all’emergenza coronavirus abbiano violato i più elementari diritti costituzionali». In totale, riferiva il Corriere, fanno 400 denunce in pochi mesi. E che fine hanno fatto questi esposti? Sono forse stati inviati al Tribunale dei ministri come quello presentato da Luigi Li Gotti contro Meloni e i suoi ministri? Sono finiti nel cestino, scrive il quotidiano di via Solferino, archiviati per «insussistenza del reato». Eppure, la violazione dei diritti costituzionali, quando fu sollevata davanti alla Corte costituzionale, è stata ritenuta degna di un verdetto dei giudici della legge. Forse le denunce erano scritte male, formulate in maniera strampalata senza neppure conoscere il codice di procedura penale? Gli esposti di cui ho memoria erano sottoscritti da fior di avvocati, da Cesare Peluso a Carlo Taormina, Sandro Giustozzi a Giampaolo Giorgio Berni Ferretti, eppure in molti casi quelle lettere cariche di accuse pesantissime, che certo riguardavano qualche cosa di più della scarcerazione di un presunto criminale (peraltro il rilascio non è stato disposto dal governo, ma dalla Corte d’appello di Roma a due giorni dall’arresto di Almasri, con la motivazione non di un’autorizzazione alla liberazione da parte del ministro, ma in seguito a una mancata risposta di Carlo Nordio). Eppure, nonostante siano state centinaia, forse migliaia nel solo caso di Giuseppe Conte, l’allora premier in due anni fu raggiunto solo da tre indagini. Una avviata dalla Procura di Bergamo per non aver istituito una zona rossa in Val Seriana, un’altra per un presunto uso improprio dell’auto di scorta e una terza della Procura di Reggio Emilia per le misure Covid. E tutte le altre? Finite nel nulla. Ma non c’erano gli atti dovuti, anzi obbligati? Va beh, non scherziamo: se ogni denuncia contro un premier finisse al Tribunale dei ministri, i giudici della sezione specializzata in reati governativi avrebbero lavoro per qualche decennio. Così si ritorna al punto di partenza: gli Speedy Gonzales della Procura di Roma, di fronte alla letterina dell’avvocato Li Gotti potevano archiviare? La risposta è sì, perché in Italia non vige l’obbligatorietà dell’azione penale, ma come abbiamo dimostrato la discrezionalità dell’azione penale.